Panama papers, un biellese nell’elenco
E’ la Procura di Torino, a livello nazionale, che ha avviato (almeno per prima) le indagini sul caso “Panama papers (carte per modo di dire, visto che si tratta di files, ndr)”, affidandole alla Gdf sulla base dell’ipotesi di reato di riciclaggio. Questo perché la Procura guidata dal dottor Armando Spataro stava già compiendo accertamenti relativamente a un caso di presunta esportazione illecita di capitali, ovvero un medico (di origini iraniane) che a quanto pare si era rivolto al famoso studio “Mossack-Fonseca”, ora al centro dell’inchiesta planetaria, per occultare un centinaio di migliaia di euro ottenuti dall’Inps e da varie assicurazioni. Ma dall’elenco dei primi 100 nomi di italiani pubblicati venerdì dal settimanale “L’Espresso” (in totale sarebbero circa 800 i connazionali in qualche modo coinvolti), il Piemonte torna subito prepotentemente alla ribalta: diversi torinesi e cuneesi e, per quanto riguarda il settore orientale della regione, viene citato un imprenditore vercellese nel settore delle risorse umane e un imprenditore biellese nel settore meccanotessile. Doverosa premessa: si parla di possibile riciclaggio, capitali esportati illecitamente, costituzione di fondi in nero, false fatturazioni, società fittizie offshore… ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. In due parole: di per sé non è illecito essere titolari di società anche all’estero, o muovere capitali in giro per il mondo. Il punto è farlo nel rispetto delle regole, in maniera trasparente, senza contare che vige sempre la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva (e che molti hanno già categoricamente respinto gli addebiti). Ovvero: ci sono degli elenchi di nomi sui quali il team internazionale di giornalisti investigativi ha messo le mani, si è alzato l’inevitabile polverone a livello internazionale, ma a questo punto inizia l’opera di scremazione e di valutazione caso per caso, per capire se e chi davvero ha cercato di fare il furbo con il fisco del proprio Paese e chi invece ha legittimamente operato in giro per il mondo con denaro pulito e dichiarato. Ovvio che non sarà facile, visto che si intersecano e soprattutto si “scontrano” legislazioni e normative di vari Paesi. La faccenda è davvero grossa, per il calibro dei nomi coinvolti e per il fatto che in pochi giorni ha già mietuto vittime. Basti dire che si è subito dimesso il premier islandese (dal nome impronunciabile), e che tremano le poltrone dei presidenti ucraino e argentino… e poi riferimenti, diretti e indiretti, ai vertici di nazioni quali Inghilterra, Russia, Cina, Arabia, Marocco. Questo in campo politico-istituzionale. Poi ci sono, sempre a livello mondiale, nomi di imprenditori, professionisti, attori, artisti, calciatori, sportivi.
Paolo Viviani
Leggi di più sull'Eco di Biella di sabato 9 aprile 2016
E’ la Procura di Torino, a livello nazionale, che ha avviato (almeno per prima) le indagini sul caso “Panama papers (carte per modo di dire, visto che si tratta di files, ndr)”, affidandole alla Gdf sulla base dell’ipotesi di reato di riciclaggio. Questo perché la Procura guidata dal dottor Armando Spataro stava già compiendo accertamenti relativamente a un caso di presunta esportazione illecita di capitali, ovvero un medico (di origini iraniane) che a quanto pare si era rivolto al famoso studio “Mossack-Fonseca”, ora al centro dell’inchiesta planetaria, per occultare un centinaio di migliaia di euro ottenuti dall’Inps e da varie assicurazioni. Ma dall’elenco dei primi 100 nomi di italiani pubblicati venerdì dal settimanale “L’Espresso” (in totale sarebbero circa 800 i connazionali in qualche modo coinvolti), il Piemonte torna subito prepotentemente alla ribalta: diversi torinesi e cuneesi e, per quanto riguarda il settore orientale della regione, viene citato un imprenditore vercellese nel settore delle risorse umane e un imprenditore biellese nel settore meccanotessile. Doverosa premessa: si parla di possibile riciclaggio, capitali esportati illecitamente, costituzione di fondi in nero, false fatturazioni, società fittizie offshore… ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. In due parole: di per sé non è illecito essere titolari di società anche all’estero, o muovere capitali in giro per il mondo. Il punto è farlo nel rispetto delle regole, in maniera trasparente, senza contare che vige sempre la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva (e che molti hanno già categoricamente respinto gli addebiti). Ovvero: ci sono degli elenchi di nomi sui quali il team internazionale di giornalisti investigativi ha messo le mani, si è alzato l’inevitabile polverone a livello internazionale, ma a questo punto inizia l’opera di scremazione e di valutazione caso per caso, per capire se e chi davvero ha cercato di fare il furbo con il fisco del proprio Paese e chi invece ha legittimamente operato in giro per il mondo con denaro pulito e dichiarato. Ovvio che non sarà facile, visto che si intersecano e soprattutto si “scontrano” legislazioni e normative di vari Paesi. La faccenda è davvero grossa, per il calibro dei nomi coinvolti e per il fatto che in pochi giorni ha già mietuto vittime. Basti dire che si è subito dimesso il premier islandese (dal nome impronunciabile), e che tremano le poltrone dei presidenti ucraino e argentino… e poi riferimenti, diretti e indiretti, ai vertici di nazioni quali Inghilterra, Russia, Cina, Arabia, Marocco. Questo in campo politico-istituzionale. Poi ci sono, sempre a livello mondiale, nomi di imprenditori, professionisti, attori, artisti, calciatori, sportivi.
Paolo Viviani
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