Orrori al forno crematorio di Biella: "Riaprite il processo per altri 70 casi"
Lo chiede il Codacos. A decidere un nuovo giudice dell'udienza preliminare. Lo sconcerto delle famigie.
Orrori al forno crematorio di Biella: "Riaprite il processo per altri 70 casi".
Riaprite il processo
Ancora udienze per gli orrori commessi al forno crematorio di Biella. Stamattina in tribunale verranno infatti esaminate le opposizioni di una settantina di famiglie alla richiesta di archiviazione presentata dal procuratore Teresa Angela Camelio, la quale sostiene che non sussistono prove per procedere a differenza dei primi casi per i quali hano indagato i Carabinieri e che hanno dato vita al processo concluso con la condanna di tutti gli imputati tra i quali i due principali: i fratelli Marco e Alessandro Ravetti. Dietro ai nuovi settanta casi ci sono parenti di defunti cremati a Biella. Già in precedenza, a maggio, il Gip, Arianna Pisano, aveva rigettato un ricorso analogo presentato da altre 400 famiglie di defunti cremati nel tempio di Biella.
Un nuovo giudice
Stavolta i casi saranno esaminati da un nuovo giudice, Eleonora Saccone. Gli argomenti di discussione sono in inea di massima quelli del caso precedente. Per il Procuratore mancano le prove dei reati commessi, dalle doppie cremazioni alle ossa frantumate a colpi di pala passando dalle ceneri mischiate e a chili e chili gettate nei cassonetti. I legali delle famiglie chiederanno invece che si proceda con un nuovo processo in quanto le settanta salme erano state cremate nello stesso periodo di quelle oggetto dela prima tranche dell'inchiesta (condotta dal procuratore Camelio e dai Carabinieri della Sezione di Polizia giudiziaria coordinati dal luogotenente Tindaro Gullo) che aveva portato alle condanne.
Gli argomenti della difesa
Tra gli argomenti portati dai legali di parte civile, gli oltre 300 chili di ceneri umane recuperate dagli stessi carabinieri nei cassonetti, prima che venissero smaltiti e la perizia affidata dal Codacons all’ex comandante del Ris di Parma Luciano Garofano, il quale però era riuscito a estrarre un solo Dna dalle urne e aveva spiegato che per i successivi esami sarebbe dovuta intervenire la Procura.