«Non vorrei, ma resterò precaria»

«Non vorrei, ma resterò precaria»
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BIELLA - «Chi rinuncia sbaglia». Il consiglio è un tampone che il ministro Stefania Giannini sta applicando, per evitare che molti docenti precari disertino la chiamata alla partecipazione delle immissioni in ruolo, fase “b” e “c”. Ovvero le fasi di assunzione che necessitano della domanda on line aperta una settimana fa, il 28 luglio scorso, e che va inoltrata al Miur da qui al prossimo 14 agosto. E che saranno organizzate con distribuzione dei posti in tutta Italia.

Il fronte del sì alla rinuncia. Proprio lì sta uno dei motivi della «rinuncia», alla quale sono decisi anche alcuni docenti biellesi, pronti, pur a malincuore, a restare precari. Decisione estrema, per una scuola quale quella italiana in cui il passaggio al ruolo ha l’aura del miraggio, ma che ­ spiegano i diretti interessati ­ si motiva così: non c’è alternativa. Tra di loro, si dice vicina alla rinuncia, Flora Nadia Marciano, professoressa di inglese alle superiori (in foto). La docente biellese attende da due anni di passare in ruolo, ha iniziato con supplenze nel 2001 ed è entrata nelle Graduatorie a esaurimento (Gae) nel 2007. «Sì, quasi quindici anni», scandisce piano la professoressa. «E adesso sono davvero arrabbiata. In primis, la fase “zero”, “a” e “b” sono, in pratica, la stessa cosa. Si basano su cattedre calcolate sull’organico di diritto, prima a livello provinciale, poi con la “b” a livello nazionale. Per dare l’idea: nella mia classe di concorso alla fase “b” c’è la disponibilità di 2 posti, uno in provincia di Vercelli l’altro di Rieti, per 3mila persone. Se le prime fasi si esauriranno ad agosto, per il famoso organico potenziato della “Buona Scuola”, ovvero fase “c” si dovrà aspettare almeno a dicembre. Ma attenzione: sarà una fase in cui non si saprà né i numeri né i luoghi». È tutto un sovrapporsi tra immissioni ordinarie, domande, ulteriori immissioni. Ci sono però due punti fermi che i docenti stanno considerando, nel prendere una decisione sulla loro collocazione futura: «Nella fase “c” non sappiamo perché ma noi delle Gae siamo sfavoriti. Se prima i posti erano assegnati metà per Gae e metà per idonei del concorso 2012, alla “c” quelli del concorso hanno la precedenza». Su posti sparsi per l’Italia: «In media si ha tra i 40 e i 50 anni, si ha famiglia, mutui. Uno può decidere di trasferirsi, e in quindici giorni? Per 1.300 euro al mese? Il fatto è che chi rinuncia, sarà depennato da qualsiasi graduatoria. Tanto vale non fare domanda e restare precari».

La paura. Anche se, sottolinea la professoressa Marciano, «serpeggia la paura che, al di là del fatto che si continua a immettere nelle Gae candidati, si abolisca presto la graduatoria. Che fare? Come accettare tutto questo, noi che siamo abilitati e per quel corso abbiamo investito 2­3mila euro?». Per i precari, insomma, quella che una volta era la tanta attesa chiamata, ora è un pensiero. Uno in più.

Giovanna Boglietti


BIELLA - «Chi rinuncia sbaglia». Il consiglio è un tampone che il ministro Stefania Giannini sta applicando, per evitare che molti docenti precari disertino la chiamata alla partecipazione delle immissioni in ruolo, fase “b” e “c”. Ovvero le fasi di assunzione che necessitano della domanda on line aperta una settimana fa, il 28 luglio scorso, e che va inoltrata al Miur da qui al prossimo 14 agosto. E che saranno organizzate con distribuzione dei posti in tutta Italia.

Il fronte del sì alla rinuncia. Proprio lì sta uno dei motivi della «rinuncia», alla quale sono decisi anche alcuni docenti biellesi, pronti, pur a malincuore, a restare precari. Decisione estrema, per una scuola quale quella italiana in cui il passaggio al ruolo ha l’aura del miraggio, ma che ­ spiegano i diretti interessati ­ si motiva così: non c’è alternativa. Tra di loro, si dice vicina alla rinuncia, Flora Nadia Marciano, professoressa di inglese alle superiori (in foto). La docente biellese attende da due anni di passare in ruolo, ha iniziato con supplenze nel 2001 ed è entrata nelle Graduatorie a esaurimento (Gae) nel 2007. «Sì, quasi quindici anni», scandisce piano la professoressa. «E adesso sono davvero arrabbiata. In primis, la fase “zero”, “a” e “b” sono, in pratica, la stessa cosa. Si basano su cattedre calcolate sull’organico di diritto, prima a livello provinciale, poi con la “b” a livello nazionale. Per dare l’idea: nella mia classe di concorso alla fase “b” c’è la disponibilità di 2 posti, uno in provincia di Vercelli l’altro di Rieti, per 3mila persone. Se le prime fasi si esauriranno ad agosto, per il famoso organico potenziato della “Buona Scuola”, ovvero fase “c” si dovrà aspettare almeno a dicembre. Ma attenzione: sarà una fase in cui non si saprà né i numeri né i luoghi». È tutto un sovrapporsi tra immissioni ordinarie, domande, ulteriori immissioni. Ci sono però due punti fermi che i docenti stanno considerando, nel prendere una decisione sulla loro collocazione futura: «Nella fase “c” non sappiamo perché ma noi delle Gae siamo sfavoriti. Se prima i posti erano assegnati metà per Gae e metà per idonei del concorso 2012, alla “c” quelli del concorso hanno la precedenza». Su posti sparsi per l’Italia: «In media si ha tra i 40 e i 50 anni, si ha famiglia, mutui. Uno può decidere di trasferirsi, e in quindici giorni? Per 1.300 euro al mese? Il fatto è che chi rinuncia, sarà depennato da qualsiasi graduatoria. Tanto vale non fare domanda e restare precari».

La paura. Anche se, sottolinea la professoressa Marciano, «serpeggia la paura che, al di là del fatto che si continua a immettere nelle Gae candidati, si abolisca presto la graduatoria. Che fare? Come accettare tutto questo, noi che siamo abilitati e per quel corso abbiamo investito 2­3mila euro?». Per i precari, insomma, quella che una volta era la tanta attesa chiamata, ora è un pensiero. Uno in più.

Giovanna Boglietti


 

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