«Non ho colpa per la morte di Andrea»

«Non ho colpa per la morte di Andrea»
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Dopo il titolare della carrozzeria, parla anche il ragazzo indagato per aver pubblicato le foto di Andrea Natali, 26 anni, di Borgo d’Ale, le stesse che a detta del padre avrebbero spinto il figlio a suicidarsi lo scorso 5 settembre. Lo fa dal suo profilo su Facebook, il noto social network, dallo stesso luogo virtuale dov’erano state a suo tempo pubblicate le foto degli scherzi ad Andrea poi rimosse dalla Polizia postale di Biella dopo la denuncia del ragazzo, circa un anno fa. «Accusare delle persone solo per cercare di dare un senso a un gesto così folle e assurdo - scrive il meccanico che lavora ancora nella carrozzeria del Borgo, alle porte del paese, dove aveva lavorato dal 2008 al 2013 anche Andrea - non rende di certo giustizia a lui che, a mio parere, non è mai stato aiutato nel modo in cui doveva essere fatto. Andrea è stato un nostro collega e mai nessuno gli ha fatto del male. E’ sempre stato un ragazzo chiuso e particolare. E chi l’ha conosciuto lo sa, ma non per questo lo ha trattato in modo diverso da nessuno di noi».

Il giovane, quasi coetaneo del ragazzo che si è suicidato, che chiamava “spaghetto”, lui, dal fisico possente, sportivo, pare assolversi con queste parole. Eppure è ancora indagato (per violazione della privacy e per violenza privata) proprio per l’inchiesta partita grazie alle indagini condotte per mesi dalla Polizia postale di Biella a cui Andrea si era rivolto su consiglio della psicologa, per denunciare presunti atti di cyberbullismo. L’iter di quella denuncia non sta prendendo una piega favorevole alla presunta vittima. Una richiesta di archiviazione è già stata respinta dal gip che ha ordinato una proroga. Il nuovo seguito delle indagini c’è stato, ma la Procura ha chiesto di nuovo di archiviare. La decisione se indagare o meno il collega di Andrea Natali che aveva pubblicato sui social le foto del ragazzo irriso sul luogo di lavoro, è ora fissata per dicembre.

Intanto, però, Andrea è morto, si è impiccato in camera sua il 5 settembre. E la stessa Procura ha dovuto aprire un nuovo fascicolo, nelle mani del procuratore capo Paolo Tamponi (per qualche mese ha lavorato anche a Biella), insieme al sostituto Ezio Basso. Le ipotesi di reato sono ancora da decidere. L’istigazione al suicidio è la più probabile. Ma non appare semplice collegare scherzi che risalgono al passato con una decisione tragica presa dopo mesi che Andrea non usciva quasi più di casa, aveva paura di essere visto, temeva per se stesso e anche per i genitori. Era un ragazzo timido Andrea, minuto, con un diploma da elettricista, che veniva «preso in giro» dai giovani colleghi di una grande carrozzeria alla periferia di Borgo D’Ale

Nelle sette foto finite nel fascicolo d’inchiesta, Andrea viene ritratto seduto sul bidone della spazzatura con un cappellino in testa che lo fa assomigliare a Pinocchio. C’è poi quella dov’è piegato a metà, infilato in un carrello. Quella dov’è vestito di giallo con gli indumenti di un pescatore, stivali compresi.

«Quelle erano foto normali, scherzose, che si fanno tra ragazzi» dice Luca Giolitto, il titolare della carrozzeria. Si racconta che anche Andrea rideva, come si vede in alcuni scatti. Lui invece alla madre Liliana aveva raccontato in lacrime che «tutti l'avevano visto», e che per questo non voleva più uscire. E che aveva paura di essere picchiato dopo la denuncia alla polizia.

V.Ca.

Leggi di più sul tema del bullismo sull’Eco di Biella di lunedì 21 settembre 2015 

Dopo il titolare della carrozzeria, parla anche il ragazzo indagato per aver pubblicato le foto di Andrea Natali, 26 anni, di Borgo d’Ale, le stesse che a detta del padre avrebbero spinto il figlio a suicidarsi lo scorso 5 settembre. Lo fa dal suo profilo su Facebook, il noto social network, dallo stesso luogo virtuale dov’erano state a suo tempo pubblicate le foto degli scherzi ad Andrea poi rimosse dalla Polizia postale di Biella dopo la denuncia del ragazzo, circa un anno fa. «Accusare delle persone solo per cercare di dare un senso a un gesto così folle e assurdo - scrive il meccanico che lavora ancora nella carrozzeria del Borgo, alle porte del paese, dove aveva lavorato dal 2008 al 2013 anche Andrea - non rende di certo giustizia a lui che, a mio parere, non è mai stato aiutato nel modo in cui doveva essere fatto. Andrea è stato un nostro collega e mai nessuno gli ha fatto del male. E’ sempre stato un ragazzo chiuso e particolare. E chi l’ha conosciuto lo sa, ma non per questo lo ha trattato in modo diverso da nessuno di noi».

Il giovane, quasi coetaneo del ragazzo che si è suicidato, che chiamava “spaghetto”, lui, dal fisico possente, sportivo, pare assolversi con queste parole. Eppure è ancora indagato (per violazione della privacy e per violenza privata) proprio per l’inchiesta partita grazie alle indagini condotte per mesi dalla Polizia postale di Biella a cui Andrea si era rivolto su consiglio della psicologa, per denunciare presunti atti di cyberbullismo. L’iter di quella denuncia non sta prendendo una piega favorevole alla presunta vittima. Una richiesta di archiviazione è già stata respinta dal gip che ha ordinato una proroga. Il nuovo seguito delle indagini c’è stato, ma la Procura ha chiesto di nuovo di archiviare. La decisione se indagare o meno il collega di Andrea Natali che aveva pubblicato sui social le foto del ragazzo irriso sul luogo di lavoro, è ora fissata per dicembre.

Intanto, però, Andrea è morto, si è impiccato in camera sua il 5 settembre. E la stessa Procura ha dovuto aprire un nuovo fascicolo, nelle mani del procuratore capo Paolo Tamponi (per qualche mese ha lavorato anche a Biella), insieme al sostituto Ezio Basso. Le ipotesi di reato sono ancora da decidere. L’istigazione al suicidio è la più probabile. Ma non appare semplice collegare scherzi che risalgono al passato con una decisione tragica presa dopo mesi che Andrea non usciva quasi più di casa, aveva paura di essere visto, temeva per se stesso e anche per i genitori. Era un ragazzo timido Andrea, minuto, con un diploma da elettricista, che veniva «preso in giro» dai giovani colleghi di una grande carrozzeria alla periferia di Borgo D’Ale

Nelle sette foto finite nel fascicolo d’inchiesta, Andrea viene ritratto seduto sul bidone della spazzatura con un cappellino in testa che lo fa assomigliare a Pinocchio. C’è poi quella dov’è piegato a metà, infilato in un carrello. Quella dov’è vestito di giallo con gli indumenti di un pescatore, stivali compresi.

«Quelle erano foto normali, scherzose, che si fanno tra ragazzi» dice Luca Giolitto, il titolare della carrozzeria. Si racconta che anche Andrea rideva, come si vede in alcuni scatti. Lui invece alla madre Liliana aveva raccontato in lacrime che «tutti l'avevano visto», e che per questo non voleva più uscire. E che aveva paura di essere picchiato dopo la denuncia alla polizia.

V.Ca.

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