Morto l’uomo massacrato con la mannaia

Morto l’uomo massacrato con la mannaia
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Sono morti due protagonisti del tentato omicidio di due anni fa in via Gorei, il convivente e il padre di Camilla Delmastro, 52 anni, di Biella, condannata in primo grado a cinque anni di reclusione per il tentato omicidio dello stesso ex compagno, alla quale, la scorsa settimana, la Corte d’appello di Torino ha ridotto di un anno la pena complessiva, escludendo l’aggravante dei futili motivi. 

Il padre, Francesco Delmastro, 86 anni, ospite fino al decesso, avvenuto qualche mese fa, della struttura “Casa Albert” di Viverone, avrebbe dovuto essere processato a fine mese per lo stesso grave reato contestato anche alla figlia che sarebbe stato commesso il 16 giugno di due anni fa nell’appartamento di via Gorei, a Biella, dove i tre abitavano. Al giudice, tra pochi giorni, non rimarrà altro da fare che dichiarare il non doversi procedere per morte del reo.

Decisamente triste, nel suo epilogo, la storia della vittima del presunto complotto tra padre e figlia, Vincenzo Scerbo, 57 anni, che si era costituito parte civile con l’avvocato Andrea Mutti. L’uomo è morto alcuni mesi fa nella sua Calabria dove si era trasferito dopo che era stato dimesso dall’ospedale di Biella dov’era rimasto ricoverato per mesi e sottoposto a numerosi interventi chirurgici. Non si era mai del tutto ripreso da quelle ferite. A stroncarlo, qualche mese fa, sarebbe comunque stata una forma di tumore fulminante. 
Il giorno della brutale aggressione, Scerbo riportò ben cento ferite provocate da coltellate e colpi di una piccola e micidiale mannaia. Stando all’accusa, l’uomo si era salvato per miracolo. Per gli inquirenti, padre e figlia avrebbero stipulato una sorta di accordo tra loro per uccidere il convivente. Sarebbe stata Camilla Delmastro, all’improvviso, senza apparente motivo, a istigare il padre Francesco a colpire Scerbo: «Uccidilo», gli avrebbe urlato. Salvo poi colpire lei stessa l’uomo con un coltello nella zona del torace e dell’ascella sinistra. A utilizzare la mannaia - sempre per l’accusa - sarebbe stato proprio l’anziano con colpi al volto, alla testa e alle gambe. 

C’è chi ci avrebbe scommesso che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa di grave in quella palazzina di via Gorei: già troppe volte, in passato, le forze dell’ordine erano intervenute per riportare la calma in quella famiglia. Screzi pesanti e ritorsioni, c’erano stati anche con i vicini, ogni volta con l’arrivo delle forze dell’ordine. In un’occasione, l’indagata avrebbe persino dato fuoco alla sedia a rotelle del figlio della vicina. Quel venerdì sera era scoppiato l’inferno. «Quell’appartamento sembrava una macelleria, c’era sangue dappertutto», si era lasciato sfuggire un inquirente, schifato e cereo. 

Dopo la brutale aggressione, la donna venne trattenuta in una struttura di Vigliano. Tra le prove fondamentali dell’inchiesta, gli inquirenti avevano inserito anche la trascrizione di una telefonata intercettata tra padre e figlia, nel corso della quale sarebbe emerso con certezza che tra i due, in effetti, c’era un accordo per far fuori il convivente e alla fine dare la colpa all’anziano. 
Valter Caneparo 

Sono morti due protagonisti del tentato omicidio di due anni fa in via Gorei, il convivente e il padre di Camilla Delmastro, 52 anni, di Biella, condannata in primo grado a cinque anni di reclusione per il tentato omicidio dello stesso ex compagno, alla quale, la scorsa settimana, la Corte d’appello di Torino ha ridotto di un anno la pena complessiva, escludendo l’aggravante dei futili motivi. 

Il padre, Francesco Delmastro, 86 anni, ospite fino al decesso, avvenuto qualche mese fa, della struttura “Casa Albert” di Viverone, avrebbe dovuto essere processato a fine mese per lo stesso grave reato contestato anche alla figlia che sarebbe stato commesso il 16 giugno di due anni fa nell’appartamento di via Gorei, a Biella, dove i tre abitavano. Al giudice, tra pochi giorni, non rimarrà altro da fare che dichiarare il non doversi procedere per morte del reo.

Decisamente triste, nel suo epilogo, la storia della vittima del presunto complotto tra padre e figlia, Vincenzo Scerbo, 57 anni, che si era costituito parte civile con l’avvocato Andrea Mutti. L’uomo è morto alcuni mesi fa nella sua Calabria dove si era trasferito dopo che era stato dimesso dall’ospedale di Biella dov’era rimasto ricoverato per mesi e sottoposto a numerosi interventi chirurgici. Non si era mai del tutto ripreso da quelle ferite. A stroncarlo, qualche mese fa, sarebbe comunque stata una forma di tumore fulminante. 
Il giorno della brutale aggressione, Scerbo riportò ben cento ferite provocate da coltellate e colpi di una piccola e micidiale mannaia. Stando all’accusa, l’uomo si era salvato per miracolo. Per gli inquirenti, padre e figlia avrebbero stipulato una sorta di accordo tra loro per uccidere il convivente. Sarebbe stata Camilla Delmastro, all’improvviso, senza apparente motivo, a istigare il padre Francesco a colpire Scerbo: «Uccidilo», gli avrebbe urlato. Salvo poi colpire lei stessa l’uomo con un coltello nella zona del torace e dell’ascella sinistra. A utilizzare la mannaia - sempre per l’accusa - sarebbe stato proprio l’anziano con colpi al volto, alla testa e alle gambe. 

C’è chi ci avrebbe scommesso che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa di grave in quella palazzina di via Gorei: già troppe volte, in passato, le forze dell’ordine erano intervenute per riportare la calma in quella famiglia. Screzi pesanti e ritorsioni, c’erano stati anche con i vicini, ogni volta con l’arrivo delle forze dell’ordine. In un’occasione, l’indagata avrebbe persino dato fuoco alla sedia a rotelle del figlio della vicina. Quel venerdì sera era scoppiato l’inferno. «Quell’appartamento sembrava una macelleria, c’era sangue dappertutto», si era lasciato sfuggire un inquirente, schifato e cereo. 

Dopo la brutale aggressione, la donna venne trattenuta in una struttura di Vigliano. Tra le prove fondamentali dell’inchiesta, gli inquirenti avevano inserito anche la trascrizione di una telefonata intercettata tra padre e figlia, nel corso della quale sarebbe emerso con certezza che tra i due, in effetti, c’era un accordo per far fuori il convivente e alla fine dare la colpa all’anziano. 
Valter Caneparo 

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