Merli: «Chi è in cura da noi, quasi sempre abbandona i propositi di farla finita»

Merli: «Chi è in cura da noi, quasi sempre abbandona i propositi di farla finita»
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Roberto Merli non ha dubbi. Le reti sui ponti servono. E anche se non lo dice, dal tono pare di capirlo: bisogna fare in fretta a metterle. «Perché è indubbio che ad oggi un aspirante suicida dal ponte di Chiavazza, ad esempio, deve solo scavalcare una ringhiera di poco più di un metro per buttarsi giù - dice lo psichiatra e direttore del reparto psichiatrico dell’Azienda sanitaria locale -. Un commento sui numeri dei suicidi? L’aumento nel corso del 2013 è palese. Ma sul piano statistico, occorre più tempo per parlare di allarme, viste le cifre relativamente basse. Anche se siamo ad un quasi raddoppio rispetto al recente passato. E’ certo che se nei prossimi anni ci trovassimo di fronte ancora a 30 o più casi, i termini sarebbero diversi».

“Punti caldi”. «Ormai siamo quasi all’identificazione automatica di una serie di punti della città (la tangenziale e il ponte di Chiavazza appunto) come luoghi dei  suicidi  - aggiunge -. Così come avviene da tempo per il ponte della Pistolesa. Queste rappresentazioni consolidate nell’immaginario collettivo possono certamente avere un effetto perverso di emulazione in persone in crisi e che pensano di essere senza soluzioni per i loro problemi... E che poi non trovando ostacoli concreti rispetto alle proprie intenzioni suicide... Mi chiedo quanto tempo sarà ora necessario per “decostruire” da questa sinistra fama determinati luoghi, che vengono definiti “hotspost”, cioè punti caldi e che non aiutano la prevenzione». E ancora, sempre sulle possibili reti da posizionare di cui tanto si parla: «La letteratura scientifica mondiale è chiarissima. La presenza di reti e misure deterrenti in tutta una serie di luoghi pubblici, riduce e attenua i casi di suicidio. Non elimina il problema, in termini sociali e collettivi, ma lo contiene in moltissimi casi. Trovo incredibile che qualcuno sostenga il contrario. E mi chiedo su quali basi. Popolarità, facile accesso pedonale e attenzione mediatica di determinati luoghi, in questo casi i ponti, sono una miscela drammatica per chi è solo o depresso». «Nel corso del 2013 abbiamo avuto finora un centinaio di casi di persone che volevano suicidarsi - conclude lo psichiatra -. Persone in cura da noi. Iniziato il percorso, nessuno ha poi manifestato volontà suicide. Dimostrazione che, spesso, un lavoro di assistenza, di aiuto e di cura può dare risultati concreti importanti».

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