Matilda: «Processate Cangialosi»

Matilda: «Processate Cangialosi»
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Sarà giudicato con rito abbreviato Antonio Cangialosi, finito per la terza volta davanti a un giudice  per l’omicidio della piccola Matilda Borin, la bimba di 23 mesi morta il 2 luglio del 2005 nella sua villetta di Roasio. Per quella morte è stata assolta in modo definitivo Elena Romani, madre della piccina nonché compagna di Cangialosi.

Venerdì mattina il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Vercelli, Fabrizio Filice, ha accolto la richiesta dei legali della difesa, Sandro e Andrea Delmastro, che hanno subordinato la proposta di un rito alternativo all'assunzione di nuove prove. «Si tratta - spiega Andrea Delmastro - di due intercettazioni ambientali in cui la mamma della piccola, Elena Romani, assolta definitivamente pochi mesi fa dalla Corte di Cassazione, si mette a parlare tra sé e sé. A nostro parere sono elementi che porteranno ad assolvere il nostro assistito». 

Nel corso della prossima udienza, fissata per il 16 novembre, il tribunale conferirà l'incarico di esaminare le registrazioni a un tecnico fonico. Antonio Cangialosi si trova a dover rispondere del reato di omicidio preterintenzionale, dopo che per ben due volte era stato considerato estraneo ai fatti. Prima dalla Procura di Vercelli, che aveva archiviato la sua posizione ritenendo responsabile la madre della piccola uccisa, poi dal giudice delle indagini preliminari che lo aveva prosciolto. 

Ma pochi mesi fa, durante l’ultimo spezzone processuale con imputata la Romani, la Suprema Corte aveva puntato il dito contro l’ex bodyguard, indicandolo come il probabile autore di un gesto, definito “insano e feroce”.  Il dramma si era consumato proprio a casa di Cangialosi. La bimba, nata da una precedente relazione della madre, hostess di Busto Arsizio, si era sentita male ed era poi morta a causa della lesione a un rene. Quella mattina Matilda aveva vomitato nel letto matrimoniale. Secondo la ricostruzione dei fatti, Elena Romani, dopo aver lavato le lenzuola, era uscita per stenderle. In quel momento Cangialosi era rimasto solo con la piccola. Era stato proprio lui a chiamare il 118, non appena si era reso conto che le condizioni di Matilda continuavano a peggiorare. Ma l'intervento dei soccorritori era stato del tutto inutile: la piccina era morta. 

In un primo momento si era pensato che il decesso fosse avvenuto per cause naturali. In seguito, dopo che lo stesso Cangialosi aveva presentato un esposto contro il 118 per denunciare il tardivo intervento dell'ambulanza, il perito aveva stabilito che le lesioni erano in realtà state inflitte con un violento calcio. 

«E’ innocente». Ora la pubblica accusa sembra non avere dubbi: Antonio Cangialosi, che secondo il magistrato non amava quella bimba non sua, una volta rimasto solo le avrebbe appoggiato un piede sulla schiena schiacciandola a tal punto da provocarle quelle lesioni mortali. L’avvocato Andrea Delmastro afferma: «Nel corso delle udienze a carico della Romani, il nostro assistito è stato sentito solo una volta, come testimone. Ora sarà chiamato a ripercorrere quei fatti, e a raccontare la sua versione. E dimostreremo che è innocente». 

Shama Ciocchetti

Sarà giudicato con rito abbreviato Antonio Cangialosi, finito per la terza volta davanti a un giudice  per l’omicidio della piccola Matilda Borin, la bimba di 23 mesi morta il 2 luglio del 2005 nella sua villetta di Roasio. Per quella morte è stata assolta in modo definitivo Elena Romani, madre della piccina nonché compagna di Cangialosi.

Venerdì mattina il giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Vercelli, Fabrizio Filice, ha accolto la richiesta dei legali della difesa, Sandro e Andrea Delmastro, che hanno subordinato la proposta di un rito alternativo all'assunzione di nuove prove. «Si tratta - spiega Andrea Delmastro - di due intercettazioni ambientali in cui la mamma della piccola, Elena Romani, assolta definitivamente pochi mesi fa dalla Corte di Cassazione, si mette a parlare tra sé e sé. A nostro parere sono elementi che porteranno ad assolvere il nostro assistito». 

Nel corso della prossima udienza, fissata per il 16 novembre, il tribunale conferirà l'incarico di esaminare le registrazioni a un tecnico fonico. Antonio Cangialosi si trova a dover rispondere del reato di omicidio preterintenzionale, dopo che per ben due volte era stato considerato estraneo ai fatti. Prima dalla Procura di Vercelli, che aveva archiviato la sua posizione ritenendo responsabile la madre della piccola uccisa, poi dal giudice delle indagini preliminari che lo aveva prosciolto. 

Ma pochi mesi fa, durante l’ultimo spezzone processuale con imputata la Romani, la Suprema Corte aveva puntato il dito contro l’ex bodyguard, indicandolo come il probabile autore di un gesto, definito “insano e feroce”.  Il dramma si era consumato proprio a casa di Cangialosi. La bimba, nata da una precedente relazione della madre, hostess di Busto Arsizio, si era sentita male ed era poi morta a causa della lesione a un rene. Quella mattina Matilda aveva vomitato nel letto matrimoniale. Secondo la ricostruzione dei fatti, Elena Romani, dopo aver lavato le lenzuola, era uscita per stenderle. In quel momento Cangialosi era rimasto solo con la piccola. Era stato proprio lui a chiamare il 118, non appena si era reso conto che le condizioni di Matilda continuavano a peggiorare. Ma l'intervento dei soccorritori era stato del tutto inutile: la piccina era morta. 

In un primo momento si era pensato che il decesso fosse avvenuto per cause naturali. In seguito, dopo che lo stesso Cangialosi aveva presentato un esposto contro il 118 per denunciare il tardivo intervento dell'ambulanza, il perito aveva stabilito che le lesioni erano in realtà state inflitte con un violento calcio. 

«E’ innocente». Ora la pubblica accusa sembra non avere dubbi: Antonio Cangialosi, che secondo il magistrato non amava quella bimba non sua, una volta rimasto solo le avrebbe appoggiato un piede sulla schiena schiacciandola a tal punto da provocarle quelle lesioni mortali. L’avvocato Andrea Delmastro afferma: «Nel corso delle udienze a carico della Romani, il nostro assistito è stato sentito solo una volta, come testimone. Ora sarà chiamato a ripercorrere quei fatti, e a raccontare la sua versione. E dimostreremo che è innocente». 

Shama Ciocchetti

 

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