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Lockdown, Lega: “Chiusure differenziate tra province e comuni"

Lo propone la Lega Salvini Piemonte.

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Lockdown, Lega: “Chiusure differenziate tra province e comuni". Lo propone la Lega Salvini Piemonte.

Lockdown, Lega: “Chiusure differenziate"

Se proprio lockdown dev'essere che le chiusure siano differenziate tra provincie e comuni. Lo chiedono i consiglieri dei territori della Lega Salvini Piemonte:

"Non solo il governo ci ha imposto il lockdown basandosi su dati vecchi di dieci giorni che non fotografano il reale quadro epidemiologico del Piemonte - si legge in una nota - ma non ha neppure considerato le differenze, anche profondissime, tra i nostri territori. Dopo il caso del Vco, i consiglieri del gruppo Lega Salvini Piemonte tornano a denunciare l’ingiustizia di una chiusura totale per tutta la regione, rilanciando anche le preoccupazioni espresse dall’Uncem: per diffusione del contagio e servizi alla cittadinanza, non si può equiparare una grande città a un piccolo Comune, così come non ha senso accumunare tutto il Piemonte a un unico indice Rt senza tenere conto della circolazione del virus e dei diversi tassi di occupazione ospedaliera. Non un dualismo tra campanile e metropoli, ma una sacrosanta richiesta di autonomia che Roma ha nuovamente calpestato con i suoi no".

“Nel Biellese - dice Michele Mosca, consigliere segretario dell’ufficio di presidenza - quasi il 50% dei municipi conta meno di mille abitanti. Questi piccoli comuni non hanno all’interno del proprio territorio tutti i servizi necessari per affrontare una chiusura forzata. Senza dimenticare che anche i dati dei contagi su base scientifica danno ragione all’apertura differenziata tra zone in cui i numeri sono, fortunatamente, ancora sotto controllo: non è certo campanilismo, ma la difesa dei centri più piccoli passa anche da accortezze che, per chi invece decide se il giorno dopo si lavorerà o no, sono evidentemente sconosciute. Quando la Lega parla di autonomia alle Regioni è perché vuole superare proprio questo tipo di carenze: livelli decisionali completamente avulsi dalla realtà territoriale. Se il Governo pensa di avviare un processo centralista, usando l’emergenza sanitaria, fa emergere sin da questi primi embrionali tentativi la pochezza dell’approccio”.

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