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La lotta impari dei medici (di famiglia) in prima linea

I dottori chiedono tamponi e maggiori protezioni contro il virus

La lotta impari dei medici (di famiglia) in prima linea
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La lotta impari dei medici (di famiglia) in prima linea.

Di Bella e i tanti colleghi a rischio

Sempre disponibili e in prima linea con poche “armi” a disposizione per proteggersi e arginare il contagio da Covid-19. I 120 medici di famiglia presenti in provincia di Biella stanno seguendo l’evolversi della pandemia e di svariati quadri clinici in un clima tutt’altro che sereno. Perché scarseggiano i filtri di protezione come mascherine e guanti, con rischi aumentati a dismisura, e perché vi sono alcuni aspetti legati alle cure tutte da dimostrare. Sergio Di Bella (foto), oltre ad essere medico di famiglia (da 27 anni) con lo studio a Gaglianico, è segretario provinciale della Fimmg, il sindacato di categoria. Dall’inizio dell’emergenza lavora, come i suoi colleghi, quasi tutti i giorni e non ha più orari fissi. Quando può si rilassa con il giardinaggio, ma il telefono squilla in continuazione e si riempie di messaggi. Sono tanti dei suoi pazienti, molti già affetti da diverse patologie, preoccupati da una situazione che è sembrata sfuggire ad ogni controllo: «Si cerca di fermare l’onda del mare con la mano – ammette - all’inizio tutti pensavamo ad una sindrome simil-influenzale e invece stiamo imparando a conoscere un virus subdolo. Io cerco di gestire tutto telefonicamente ma quando non è possibile mi reco a domicilio. Inoltre ho appena attivato una funzione di teleconsulto attraverso una telecamera in grado di gestire anche le situazioni di famiglie con parenti positivi al Covid-19». I medici di base stanno “tirando la corda” da oltre un mese.

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