Kayak fishing: pescare seduti a pochi centimetri dal mare
Inizio la rubrica di oggi con una precisazione. Nella ridda di cifre dell’ultimo articolo sui costi di permessi e tessere varie per poter pescare, è stata commessa un’imprecisione nell’indicare il costo della tessera federale Fipsas che, per la sezione di Biella, è di 30 euro all’anno e non di 25 com’era stato riportato. Detto ciò, passo all’argomento di oggi: la pesca con l’utilizzo del kayak. La foto che pubblico (dell’amico Gianluca Aramini, noto anche col nickname “Pomatomus”, vice campione mondiale e cinque volte campione italiano della specialità, qui con un tonno rosso di 50-60 chili poi rilasciato) è rappresentativa delle infinite possibilità che ci può riservare il “kayak fishing”. I kayak da pesca vengono già sfornati con varie dotazioni (predisposizione all’ecoscandaglio, con due o più portacanna, singoli o doppi) e possono essere sia a pagaia (come gli inuit artici vorrebbero) sia a propulsione mista, pagaia e pedali. Il kayak fishing sta spopolando in Italia ormai da anni. Ed è arrivato anche nel Biellese. Per ora gli appassionati sono ancora pochi, ma ci sono. C’è chi lo utilizza soprattutto in mare, chi nei laghi o nei fiumi. Non è una tecnica di pesca (visto che dal kayak si possono utilizzare la maggior parte delle tecniche possibili, soprattutto rivolte ai predatori sia d’acqua dolce sia salata: spinning, vertical jigging, inchiku, traina col vivo o con gli artificiali), bensì una grandissima passione che ti entra nella mente e nel cuore, rispettosa dell’ambiente, pulita, sportiva più che mai, rivolta per lo più a chi vede la pesca come un amore vero e non solo come una mattanza. Le sensazioni e le emozioni di una giornata di pesca seduto a pochi centimetri dal mare, alla ricerca della preda, sono innumerevoli e rendono fantastica questa disciplina. C’è chi strabuzza gli occhi, incredulo, all’arrivo in spiaggia di un kayak “armato” con un numero incredibile di canne, ecoscandaglio, gps, portavivo. C’è chi se la ride. Ricordo bene uno di questi scettici/criticoni da strapazzo. Sono trascorsi tre anni. Arrivai in spiaggia dopo ore di pesca e quel tizio mi chiese: «Ma con quel coso, almeno i pesciolini per la frittura si prendono?...». E giù una risata. Tirai allora fuori dall’acqua una ricciola di circa 23 chili, di oltre un metro e sessanta, legata sul fianco del kayak. Quello poco ci mancò che ci rimanesse secco mentre io, sornione, gli rispondevo: «Per stasera la frittura l’ho racimolata...».
Valter Caneparo
Inizio la rubrica di oggi con una precisazione. Nella ridda di cifre dell’ultimo articolo sui costi di permessi e tessere varie per poter pescare, è stata commessa un’imprecisione nell’indicare il costo della tessera federale Fipsas che, per la sezione di Biella, è di 30 euro all’anno e non di 25 com’era stato riportato. Detto ciò, passo all’argomento di oggi: la pesca con l’utilizzo del kayak. La foto che pubblico (dell’amico Gianluca Aramini, noto anche col nickname “Pomatomus”, vice campione mondiale e cinque volte campione italiano della specialità, qui con un tonno rosso di 50-60 chili poi rilasciato) è rappresentativa delle infinite possibilità che ci può riservare il “kayak fishing”. I kayak da pesca vengono già sfornati con varie dotazioni (predisposizione all’ecoscandaglio, con due o più portacanna, singoli o doppi) e possono essere sia a pagaia (come gli inuit artici vorrebbero) sia a propulsione mista, pagaia e pedali. Il kayak fishing sta spopolando in Italia ormai da anni. Ed è arrivato anche nel Biellese. Per ora gli appassionati sono ancora pochi, ma ci sono. C’è chi lo utilizza soprattutto in mare, chi nei laghi o nei fiumi. Non è una tecnica di pesca (visto che dal kayak si possono utilizzare la maggior parte delle tecniche possibili, soprattutto rivolte ai predatori sia d’acqua dolce sia salata: spinning, vertical jigging, inchiku, traina col vivo o con gli artificiali), bensì una grandissima passione che ti entra nella mente e nel cuore, rispettosa dell’ambiente, pulita, sportiva più che mai, rivolta per lo più a chi vede la pesca come un amore vero e non solo come una mattanza. Le sensazioni e le emozioni di una giornata di pesca seduto a pochi centimetri dal mare, alla ricerca della preda, sono innumerevoli e rendono fantastica questa disciplina. C’è chi strabuzza gli occhi, incredulo, all’arrivo in spiaggia di un kayak “armato” con un numero incredibile di canne, ecoscandaglio, gps, portavivo. C’è chi se la ride. Ricordo bene uno di questi scettici/criticoni da strapazzo. Sono trascorsi tre anni. Arrivai in spiaggia dopo ore di pesca e quel tizio mi chiese: «Ma con quel coso, almeno i pesciolini per la frittura si prendono?...». E giù una risata. Tirai allora fuori dall’acqua una ricciola di circa 23 chili, di oltre un metro e sessanta, legata sul fianco del kayak. Quello poco ci mancò che ci rimanesse secco mentre io, sornione, gli rispondevo: «Per stasera la frittura l’ho racimolata...».
Valter Caneparo