Impianto al Brianco: «Ecco perché siamo preoccupati»

Impianto al Brianco: «Ecco perché siamo preoccupati»
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SALUSSOLA - Millequattrocento firme. Tutte contro. Tante ne avevano raccolte i promotori della petizione che, nei mesi scorsi, aveva tentato di opporsi alla realizzazione dell’impianto di biometano - dal trattamento di rifiuti organici - al Brianco. Una presa di posizione che la conferenza dei servizi finale, in Provincia, non ha neppure tenuto in considerazione, dando così il via ufficiale, con un ok e qualche prescrizione attuativa, al progetto.Oggi i promotori di quella petizione prendono la parola. E spiegano la loro posizione alla luce del passaggio finale che ha dato il via libera alla realizzazione dell’impianto. «Abbiamo appreso che l’impianto del Brianco ha ottenuto l’approvazione - scrivono -. Tratterà 40.000 tonnellate di Forsu, ovvero rifiuti organici (scarti di cucine, mense, mercati e in piccola misura sfalci verdi), di cui solo 8.000 potrebbero provenire dalla provincia di Biella, nel caso in cui che l’azienda vincesse il bando per aggiudicarsene lo smaltimento. Gli altri arriveranno certamente da altre province e regioni. Nel momento stesso in cui siamo venuti a conoscenza del progetto, abbiamo segnalato il fatto che ci si stava muovendo in un ambito caratterizzato da un vuoto normativo sconcertante, allarmante e pericoloso: a differenza di quanto accade nelle altre regioni, in Piemonte non esistono ancora linee guida in merito, pertanto in realtà non esistono norme specifiche che tutelino la salute pubblica: non ci sono né per quanto concerne la progettazione questo genere di impianti, né per quanto riguarda e la pianificazione e localizzazione degli stessi, tanto che quello del Brianco si troverà a duemila metri da un’altra struttura analoga, che già tratta 50.000 tonnellate di rifiuti e che già soddisfa ampiamente le necessità della provincia». «I regolamenti - proseguono i promotori della petizione e alcuni cittadini, nella lettera inviata ad Eco - sono carenti anche per quanto concerne i controlli post operam: i tecnici che saranno chiamati a controllare disporranno di mezzi normativi inefficaci allo scopo. L’unica certezza è che nelle altre regioni tali impianti devono essere tenuti ad una distanza che va dai 500 ai 1000 metri dalle abitazioni, e che esistono numerosi ed autorevoli studi che descrivono i patogeni che si diffondono in un raggio di 250 metri, minacciando la salute delle persone. Per l’impianto del Brianco non è neppure stato prodotto lo studio dell’impatto odorigeno, che da febbraio di quest’anno è obbligatorio perfino per la lacunosa legislazione piemontese: solo per una mera questione formale l’azienda proponente ha eluso questo obbligo, che avrebbe fatto luce su una delle problematiche che più creano conflitti. In definitiva questo impianto, che tratta 40.000 tonnellate di rifiuti all’anno, può essere collocato a 50 metri dalle finestre delle abitazioni e da una delle aziende agricole più grandi del biellese in forza di un Regio Decreto del ’34, come se 40.000 tonnellate di rifiuti fossero paragonabili ad una concimaia: è cosa che farebbe sorridere, se non fosse che è drammaticamente vera, e crea un precedente molto rischioso per la collocazione di impianti simili in futuro. La raccolta di firme che hanno siglato una serie di osservazioni ben circostanziate è stata un segnale di forte presa di posizione dei cittadini, che non intendono più subire supinamente decisioni ottuse da parte di chi deve gestire il territorio, e specialmente in merito alla questione dei rifiuti: è un problema che riguarda tutti nella stessa misura, indipendentemente dai confini comunali di residenza. Sarebbe un errore sottovalutare la forza della petizione e delle persone che l’hanno sottoscritta, e che intendono con determinazione proteggere le proprie case e le proprie aziende. Le persone che hanno titolo per farlo stanno quindi attendendo con gli avvocati incaricati la pubblicazione da parte della Provincia della determinazione e dei verbali relativi all’approvazione dell’impianto per valutare come muoversi in vista di un ricorso al Tar. Nel frattempo la petizione proseguirà il suo viaggio nelle istituzioni, perché è chiaro che i vuoti normativi sono un problema di cui la politica deve occuparsi e farsi carico, dando delle risposte concrete ai cittadini».

SALUSSOLA - Millequattrocento firme. Tutte contro. Tante ne avevano raccolte i promotori della petizione che, nei mesi scorsi, aveva tentato di opporsi alla realizzazione dell’impianto di biometano - dal trattamento di rifiuti organici - al Brianco. Una presa di posizione che la conferenza dei servizi finale, in Provincia, non ha neppure tenuto in considerazione, dando così il via ufficiale, con un ok e qualche prescrizione attuativa, al progetto.Oggi i promotori di quella petizione prendono la parola. E spiegano la loro posizione alla luce del passaggio finale che ha dato il via libera alla realizzazione dell’impianto. «Abbiamo appreso che l’impianto del Brianco ha ottenuto l’approvazione - scrivono -. Tratterà 40.000 tonnellate di Forsu, ovvero rifiuti organici (scarti di cucine, mense, mercati e in piccola misura sfalci verdi), di cui solo 8.000 potrebbero provenire dalla provincia di Biella, nel caso in cui che l’azienda vincesse il bando per aggiudicarsene lo smaltimento. Gli altri arriveranno certamente da altre province e regioni. Nel momento stesso in cui siamo venuti a conoscenza del progetto, abbiamo segnalato il fatto che ci si stava muovendo in un ambito caratterizzato da un vuoto normativo sconcertante, allarmante e pericoloso: a differenza di quanto accade nelle altre regioni, in Piemonte non esistono ancora linee guida in merito, pertanto in realtà non esistono norme specifiche che tutelino la salute pubblica: non ci sono né per quanto concerne la progettazione questo genere di impianti, né per quanto riguarda e la pianificazione e localizzazione degli stessi, tanto che quello del Brianco si troverà a duemila metri da un’altra struttura analoga, che già tratta 50.000 tonnellate di rifiuti e che già soddisfa ampiamente le necessità della provincia». «I regolamenti - proseguono i promotori della petizione e alcuni cittadini, nella lettera inviata ad Eco - sono carenti anche per quanto concerne i controlli post operam: i tecnici che saranno chiamati a controllare disporranno di mezzi normativi inefficaci allo scopo. L’unica certezza è che nelle altre regioni tali impianti devono essere tenuti ad una distanza che va dai 500 ai 1000 metri dalle abitazioni, e che esistono numerosi ed autorevoli studi che descrivono i patogeni che si diffondono in un raggio di 250 metri, minacciando la salute delle persone. Per l’impianto del Brianco non è neppure stato prodotto lo studio dell’impatto odorigeno, che da febbraio di quest’anno è obbligatorio perfino per la lacunosa legislazione piemontese: solo per una mera questione formale l’azienda proponente ha eluso questo obbligo, che avrebbe fatto luce su una delle problematiche che più creano conflitti. In definitiva questo impianto, che tratta 40.000 tonnellate di rifiuti all’anno, può essere collocato a 50 metri dalle finestre delle abitazioni e da una delle aziende agricole più grandi del biellese in forza di un Regio Decreto del ’34, come se 40.000 tonnellate di rifiuti fossero paragonabili ad una concimaia: è cosa che farebbe sorridere, se non fosse che è drammaticamente vera, e crea un precedente molto rischioso per la collocazione di impianti simili in futuro. La raccolta di firme che hanno siglato una serie di osservazioni ben circostanziate è stata un segnale di forte presa di posizione dei cittadini, che non intendono più subire supinamente decisioni ottuse da parte di chi deve gestire il territorio, e specialmente in merito alla questione dei rifiuti: è un problema che riguarda tutti nella stessa misura, indipendentemente dai confini comunali di residenza. Sarebbe un errore sottovalutare la forza della petizione e delle persone che l’hanno sottoscritta, e che intendono con determinazione proteggere le proprie case e le proprie aziende. Le persone che hanno titolo per farlo stanno quindi attendendo con gli avvocati incaricati la pubblicazione da parte della Provincia della determinazione e dei verbali relativi all’approvazione dell’impianto per valutare come muoversi in vista di un ricorso al Tar. Nel frattempo la petizione proseguirà il suo viaggio nelle istituzioni, perché è chiaro che i vuoti normativi sono un problema di cui la politica deve occuparsi e farsi carico, dando delle risposte concrete ai cittadini».

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