Sono trascorsi esattamente vent’anni dall’uccisione a coltellate di Deborah Rizzato, all’epoca 24enne (nella foto), da parte del suo stalker, Emiliano Santangelo di Carema, che l’aveva già violentata all’età di 13 anni e che poi si suicidò in carcere. Il tragico fatto, infatti, accadde il 22 novembre 2005, di fronte alla ditta Tinfin, a Ponzone, nel Comune di Valdilana, dove la giovane cossatese lavorava come rammendatrice. In questo triste anniversario, la sorella di Deborah Rizzato, Simona ha accettato di parlarne con Eco di Biella: «Non avevo, finora, voluto rilasciare dei commenti, ma di fronte a queste continue ingiustizie, non posso più tacere».
«Il sacrificio di mia sorella è stato vano»
«Pensavo che il sacrificio di mia sorella – racconta – che aveva dato un impulso alla stesura della legge contro il femminicidio, potesse aiutare molte donne, invece, continuo a scontrarmi con la realtà. Allora, avevo 22 anni e ricordo ogni angosciante dettaglio. Lei era poco più di una bambina quando, una domenica pomeriggio, alla piccola discoteca Cinecittà, che c’era dove adesso c’è un supermarket, incrociò un ragazzo di cinque anni più grande. Da quel giorno, la sua vita diventò un inferno».
Lo stupro e lo stalking
«Dopo lo stupro, subito quando aveva appena 13 anni, assieme ai genitori, lei si recò dai carabinieri e lo denunciò. E lo fece, più volte, in seguito, fino alla fine. Lui venne arrestato, con una condanna di tre anni di reclusione, ma, dopo solo un anno e mezzo, fu scarcerato. Una volta fuori, riprese a perseguitare tutti noi: il suono del telefono di casa era diventato un incubo e, l’ultima settimana, per mia sorella, era stata terribile. Le aggressioni si erano, ulteriormente, intensificate: la seguiva ovunque».
L’uccisione di Deborah
Quel martedì, la giovane doveva iniziare il suo turno in una fabbrica di Ponzone. «Santangelo, già nella notte, si era appostato e alle 6,40, nel parcheggio davanti all’azienda, quando l’ha vista arrivare, armato di coltello, l’ha raggiunta e uccisa con una ferocia inaudita – ricorda Simona – ero convinta che il sacrificio di mia sorella non fosse stato vano, in quanto, almeno, aveva stimolato un cambio di passo a livello legislativo, che, a distanza di vent’anni, non si è, purtroppo, ancora tradotto in una reale tutela. E, purtroppo, le cronache, ce lo stanno confermando ogni giorno».