Geometra di Vallanzengo ucciso con 5 colpi di pistola

Geometra di Vallanzengo ucciso con 5 colpi di pistola
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E’ stata un’esecuzione in piena regola: cinque, forse sei colpi di pistola sparati a ripetizione e a bruciapelo con una semiautomatica. Per Gabriele Cavallin, 47 anni (foto), geometra, conosciuto e stimato a Vallanzengo, non c’è stato più nulla da fare: è morto sul colpo, martedì notte, sulla soglia di casa, dopo aver aperto la porta intorno alle 2 e mezza al suo assassino che forse conosceva. In quel momento era ancora sveglio quando il killer ha bussato sullo spesso doppio vetro della porta d’ingresso secondaria, come lascerebbero intendere la luce dell’ampio soggiorno, quella dell’ingresso e la tivù ancora accese al momento in cui il corpo crivellato di colpi è stato trovato parecchie ore dopo, intorno a mezzogiorno, dalla mamma e da un vicino di casa.

L’inchiesta è affidata ai carabinieri ed è coordinata dal procuratore, Giorgio Reposo, e dai sostituti procuratori Francesco Alvino ed Ernesto Napolillo. Il riserbo è assoluto. Per ora non si conosce il movente e meno che mai l’esecutore materiale di un delitto che sin dal principio si è tinto di giallo. La casa e l’auto del geometra - una Nissan Terrano pik-up - sono state sequestrate e passate al microscopio dai carabinieri della Sezione investigazioni scientifiche di Torino (Sis), una diramazione interprovinciale dei più famosi Ris di Parma. Dell’arma del delitto non è stata trovata traccia. Ma sulla soglia di casa, dove sono avvenuti agguato e delitto, i militari hanno trovato e sequestrato cinque o sei bossoli di una pistola semiautomatica. Il killer non ha fatto in tempo o non ha nemmeno pensato di raccoglierli.

Chi era. In paese Cavallin lo conoscevano tutti  e tutti lo descrivono come una persona per bene anche se molto riservata. Era tornato ad abitare in frazione Trabbia a Vallanzengo - dov’era nato e cresciuto e dove vivono i geùnitori e numerosi parenti -  solo un paio d’anni fa, in seguito alla separazione dalla moglie, Isabella Ferraris, originaria di Moncrivello, nel Vercellese. Con lei e i due figli (la femmina ha 13 anni, il maschietto 11) aveva abitato a Vercelli, in via Caduti dei Lager, nel rione Concordia, dove aveva anche lo studio, abbandonato dopo la fine della sua relazione. E in seguito a Sali Vercellese, un paesino di poco più di un centinaio di anime nel cuore delle risaie, a  un tiro di schioppo da San Germano e dallo stesso capoluogo, dove aveva restaurato e trasformato in splendida casa colonica  una sorta di rudere che in passato qualcuno sostiene fosse stato prima convento e in seguito azienda agricola.
Non aveva precedenti di nessun genere. Solo un paio di segnalazioni dei carabinieri di Vercelli in merito ad accese discussioni di coppia prima della separazione dalla moglie. Cose che possono capitare quando un rapporto comincia a incrinarsi.

I due sentieri. Il delitto è avvenuto in piena  notte. Frazione Trabbia è un pugno di case che s’affaccia sulla valle. Si raggiunge da una strada che si snoda dalla provinciale e  termina proprio dove comincia il viottolo privato che conduce all’abitazione di Gabriele Cavallin. Lo stesso punto lo si può raggiungere attraverso un passaggio pedonale che sale dalla piazza centrale del paese, intitolata al vecchio sindaco Felice Girardi, oppure dall’alto, da un sentiero che parte dalla strada principale che porta a Frazione Gaudino e a Valle San Nicolao da una parte e all’imbocco della superstrada dall’altra. Ottima per una fuga. Il sentiero, sterrato, passa in mezzo al bosco e sbuca proprio nella parte posteriore della vecchia casa restaurata dove abitava il geometra. Esclusa l’ipotesi che possa aver raggiunto in auto il nucleo di frazione Trabbia («I due vecchi cani abbaiano subito non appena vedono transitare auto o persone che non conoscono, ci avrebbero svegliati...», ha spiegato un testimone agli investigatori), è possibile che l’assassino (o gli assassini) possa aver raggiunto il suo obiettivo da uno dei due sentieri. Nessuno ha sentito gli spari. Solo una coppia di vicini ha poi raccontato ai carabinieri d’aver sentito dei botti, ma di non essersi preoccupata per averli scambiati per l’esplosione di grossi petardi.

Trovato dalla mamma. Il corpo senza vita di Gabriele Cavallin, è stato così trovato solo a mezzogiorno. Il compito, terribile, è toccato proprio all’anziana madre, Maria Zanini, che abita poco più sopra insieme al marito Giordano. Dopo aver provato a telefonare tre-quattro volte senza ottenere risposta, la donna - in condizioni fisiche non proprio ottimali a causa di un intervento a una gamba - ha deciso di attraversare i cinquanta metri di prato che separano casa sua da quella del figlio. La porta principale era chiusa. La donna ha così raggiunto il retro dell’abitazione. La porta era socchiusa, appena dietro c’era il cadavere del figlio che le impediva di spalancarsi. Sconvolta, Maria Zanini ha ripercorso a ritroso lo stesso tragitto ed è andata a chiamare il vicino di casa, Elio Pizzoglio: «Corri, vieni ad aiutarmi - gli ha chiesto -, Gabriele sta male...».

La scoperta. E’ stato lui ad aprire la porta. Il corpo, nel frattempo, era finito in fondo ai due gradini che danno accesso all’ampio soggiorno. Era rannichiato. Le luci e la tivù erano accese. Sul pianerottolo d’ingresso si notavano i bossoli delle cartucce esplose a bruciapelo, segno che il killer ha sparato non appena Cavallin ha aperto la porta. E ha continuato, a denotare una rabbia senza senso, anche quando il padrone di casa ha provato, già ferito, a chiudere la porta di scatto, per cercare di difendersi, come lascerebbe intendere il colpo che ha perforato il doppio vetro studiato apposta per non disperdere il calore e graffiato lo stipite della porta in legno.
«Pensavamo che Gabriele fosse svenuto - racconta sconvolto Elio Pizzoglio -. Aveva una mano sollevata. Gli ho toccato un polso, era freddo. Sono allora andato a chiamare il medico che tutti i martedì segue l’ambulatorio del paese dalle undici e mezza a mezzogiorno e mezza...».
E’ stato proprio il dottor Carlo Zarino a constatare la morte del geometra e a telefonare ai carabinieri che in breve sono arrivati e hanno circoscritto la zona per impedire che la scena di quell’incredibile delitto venisse inquinata e alterata ulteriormente.
Vallanzengo - ridente paesello di neppure 140 anime - non aveva mai visto un simile spiegamento di forze. E neppure aveva mai vissuto un episodio di cronaca così cruento. L’ultimo fatto risale infatti a un paio d’anni fa quando i ladri erano entrati in un’abitazione isolata. Tutto qua.

Le indagini. La caccia all’assassino è cominciata. Gli investigatori - con in testa lo stesso comandante provinciale, tenente colonnello Lucio Pica e il maggiore Fabio Bellitto del reparto operativo provinciale - hanno cominciato a passare al setaccio la vita della vittima, il computer, il cellulare e il suo tablet, un IPad della Apple. Si cercano tracce del killer, come quelle che, martedì pomeriggio, la neve, caduta per poche ore ad imbiancare la valle, ha cancellato dal sentiero lungo il bosco.

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