Due giovani e un prof salvano aspirante suicida

Due giovani e un prof salvano aspirante suicida
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BIELLA - «Un attimo, in pratica una sveglia», dice. Che crepa la normalità e spalanca a una dimensione “surreale”. Ma che, e a farci i conti non è dato più di un secondo, è essa stessa realtà. 
La sua è la testimonianza che racconta, ancora una volta, come a certi episodi, che corrono sul filo della cronaca, non ci si possa abituare. Ma anche di come queste realtà “surreali” ci si parino davanti all’improvviso. E riaprano il delicato quanto impellente discorso sul dolore dell’altro; sul gesto estremo che sempre più spesso, in particolare negli ultimi anni, viene cercato - lo scenario torna a essere il ponte della tangenziale di Biella - e su quanto possa contare il gesto di doveroso altruismo di chi, sul ponte, si trova a incrociare un uomo - e qui la surrealtà si fa crudezza - pronto a buttarsi di sotto. Là, e tanto si era dibattuto su questo punto, dove non sono state montate barriere protettive alla ringhiera.
Questa volta, a fare da scudo sono stati quattro biellesi che hanno avuto un secondo. “Quel” secondo, per salvarne un altro. Che sarà stato sulla quarantina, dice anche. E che è stato preso al volo - era venerdì sera, verso mezzanotte - da automobilisti di passaggio, tra i quali lui, un professore che lavora in un liceo della città (preferisce restare anonimo, ndr).
«Venerdì notte - racconta il professore - stavamo tornando da una cena con amici, ed era tardi. Sul ponte di Chiavazza c’erano due auto ferme con le quattro frecce che lampeggiavano e io, ovvio, ho pensato ai soliti maleducati che si devono fare gli affaracci propri fermando la macchina dove vogliono, perché per un parcheggio decente fanno fatica. E, lo ammetto, passando a lato mi ci è voluto un attimo a capire come stavano davvero le cose: due ragazzi, uno con tanti ricci scuri e l’altro, con i capelli raccolti in un codino corto in cima al capo, stavano tenendo di peso qualcuno che aveva scavalcato la ringhiera e voleva buttarsi di sotto. Mi ci è voluto un attimo. E poi mi sono fermato, certo, e avvicinato, perché i due ragazzi stavano facendo una fatica del diavolo: Codino Alto sembrava un pezzo di Marcantonio, ma Capelli Ricci era minuto; eppure, anche lui non lo mollava, quel pover’uomo. Sono andato anch’io, appena prima di un signore suppergiù della mia età che mi ha preceduto di corsa, perché aveva capito prima di me. E, poi, quell’uomo l’abbiamo preso in tanti e lo abbiamo sollevato di peso, adagiato sul marciapiede. E dopo, certo, sono arrivati la polizia e i carabinieri. 
Ma sono loro, Capelli Ricci e Codino Alto, che hanno dato un calcio alla loro serata, fermato l’auto in mezzo alla strada e fatto né più né meno, d’istinto, quello che andava fatto. Sono andato a dormire scosso, ma più sereno. Qualunque cosa accada, so che la notte biellese è popolata anche di angeli che possono proteggermi. Lo so: li ho visti».

Giovanna Boglietti

BIELLA - «Un attimo, in pratica una sveglia», dice. Che crepa la normalità e spalanca a una dimensione “surreale”. Ma che, e a farci i conti non è dato più di un secondo, è essa stessa realtà. 
La sua è la testimonianza che racconta, ancora una volta, come a certi episodi, che corrono sul filo della cronaca, non ci si possa abituare. Ma anche di come queste realtà “surreali” ci si parino davanti all’improvviso. E riaprano il delicato quanto impellente discorso sul dolore dell’altro; sul gesto estremo che sempre più spesso, in particolare negli ultimi anni, viene cercato - lo scenario torna a essere il ponte della tangenziale di Biella - e su quanto possa contare il gesto di doveroso altruismo di chi, sul ponte, si trova a incrociare un uomo - e qui la surrealtà si fa crudezza - pronto a buttarsi di sotto. Là, e tanto si era dibattuto su questo punto, dove non sono state montate barriere protettive alla ringhiera.
Questa volta, a fare da scudo sono stati quattro biellesi che hanno avuto un secondo. “Quel” secondo, per salvarne un altro. Che sarà stato sulla quarantina, dice anche. E che è stato preso al volo - era venerdì sera, verso mezzanotte - da automobilisti di passaggio, tra i quali lui, un professore che lavora in un liceo della città (preferisce restare anonimo, ndr).
«Venerdì notte - racconta il professore - stavamo tornando da una cena con amici, ed era tardi. Sul ponte di Chiavazza c’erano due auto ferme con le quattro frecce che lampeggiavano e io, ovvio, ho pensato ai soliti maleducati che si devono fare gli affaracci propri fermando la macchina dove vogliono, perché per un parcheggio decente fanno fatica. E, lo ammetto, passando a lato mi ci è voluto un attimo a capire come stavano davvero le cose: due ragazzi, uno con tanti ricci scuri e l’altro, con i capelli raccolti in un codino corto in cima al capo, stavano tenendo di peso qualcuno che aveva scavalcato la ringhiera e voleva buttarsi di sotto. Mi ci è voluto un attimo. E poi mi sono fermato, certo, e avvicinato, perché i due ragazzi stavano facendo una fatica del diavolo: Codino Alto sembrava un pezzo di Marcantonio, ma Capelli Ricci era minuto; eppure, anche lui non lo mollava, quel pover’uomo. Sono andato anch’io, appena prima di un signore suppergiù della mia età che mi ha preceduto di corsa, perché aveva capito prima di me. E, poi, quell’uomo l’abbiamo preso in tanti e lo abbiamo sollevato di peso, adagiato sul marciapiede. E dopo, certo, sono arrivati la polizia e i carabinieri. 
Ma sono loro, Capelli Ricci e Codino Alto, che hanno dato un calcio alla loro serata, fermato l’auto in mezzo alla strada e fatto né più né meno, d’istinto, quello che andava fatto. Sono andato a dormire scosso, ma più sereno. Qualunque cosa accada, so che la notte biellese è popolata anche di angeli che possono proteggermi. Lo so: li ho visti».

Giovanna Boglietti

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