Cronaca
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Dopo la malattia, riparte da zero la filiera del castagno

La malattia è definitivamente debellata. I castagni biellesi possono tornare al loro splendore. Diventando ancora una volta, dopo secoli nei quali hanno rappresentato per la gente biellese non solo una fonte di sostentamento, ma anche un mezzo di sopravvivenza economica, uno strumento per produrre reddito. A ricordarlo ancora una volta, sulla scia di un’esperienza che dal 2004 tenta di insistere proprio in questa direzione, è l’Associazione biellese del castagno, questa volta forte di una certezza: il cinipide che per anni ha infestato le piante del territorio, provocando gravi danni non solo alla loro salute ma anche alle loro capacità produttive, ha perso. Sconfitto. Di lui non resta che il ricordo, mentre di castagne il Biellese può finalmente tornare a parlare in modo serio. Anche in un’ottica, perché no, di business.
Il punto della situazione è stato tracciato lunedì scorso, nel corso di un incontro che dell’Associazione - la cui attività negli ultimi anni è stata effettivamente un po’ frenata a causa del parassita e di altre vicende - ha tentato di ricomporre le fila. Per guardare avanti. E mettere sul tavolo idee, proposte e intenzioni. Con uno scopo ben preciso: «Ridare vita, o finalmente dare vita in modo strutturato, alla filiera del castagno biellese - spiega il tecnico agricolo Alfredo Sunder, tra le anime del sodalizio -. Un proposito per nulla utipistico, che la nostra terra potrebbe tranquillamente realizzare grazie alla forte potenzialità che le deriva dalla massiccia presenza di castagni di ottima qualità». La formula è dunque semplice: partire dalla pianta del castagno per arrivare a prodotti finiti o semilavorati da immettere sul mercato, plausibilmente corazzati da quel marchio “Castagna biellese” che proprio della qualità ha fatto il suo punto di forza. Dalle castagne fresche a quelle secche, dalla farina alle marmellate e ai puré, sino - un domani - al comparto del legname: tante le prospettive di guadagno che l’avvio di una filiera dedicata offrirebbe al territorio. «Noi ci crediamo profondamente - afferma Sunder - e ci siamo resi contro, nonostante la bassa affluenza all’incontro per ridare linfa all’Associazione, che esiste uno zoccolo duro di persone che ci credono quanto noi». Non a caso, l’impegno del sodalizio, anche negli anni di difficoltà dovuti al cinipide, non si è mai fermato: dagli appuntamenti nelle scuole per diffondere la cultura, anche nutrizionale, del castagno al tentativo di instaurare una filiera con l’acquisto di macchinari appositi e la creazione di un soggetto ad hoc, L’orto nel bosco, l’esperienza di fatto non si è mai assopita. «Ma sono stati anni difficili - chiarisce ancora il tecnico agricolo -, sia per via della malattia delle piante sia per il fallimento dell’iniziativa commerciale».
Oggi però, la voglia di ripartire («magari anche con qualche apporto giovane, che per noi sarebbe estremamente importante») è forte e vivace. «L’associazione - chiarisce il presidente Piero Viberti - esiste ed intende operare, censire, innestare cultivar biellesi, promuovere conferenze, corsi e consigli di castanicoltura».
Un lavoro importante, per il quale è necessaria la collaborazione del territorio («se qualche associazione, proloco o amministratore volesse promuovere qualcosa - puntualizza ancora - non esiti a contattarci tramite mail ad abcastagno@libero.it»), ma che potrebbe ottenere grandi vantaggi anche dalla potenza del passaparola: «Tutti, anche chi possiede un castagno e vuole curarlo per fare una fonte, seppur modesta, di reddito, può aderire all’associazione», chiarisce Sunder . «Tutti, infatti, sono invitati a conferire le loro castagne, ottenendone un ricavo, nei punti di raccolta che istituiremo in autunno», aggiunge Viberti.
Da questi punti, poi, le castagne biellesi prenderanno la strada del mercato. Tra castagnate delle pro loco e laboratori di lavorazione, la loro vita potrà snodarsi in varie direzioni: «Ora il passaggio fondamentale è trovare dei locali per la movimentazione e lavorazione di quanto verrà conferito», chiarisce il tecnico agricolo, specificando che qualche possibilità potrebbe essere aperta nella città di Biella. Intanto, si coltivano idee: dalla preparazione di un campo catalogo a Soprana, «nel quale - illustra il presidente - innestiamo piante di qualità biellese per salvare il genoma», alla promozione del marchio biellese, «registrato al Ministero e a disposizione di chiunque intenda commercializzare con un fregio di qualità». E ancora, collaborazioni con l’Associazione biellese apicoltori, Farm-lab e Slowfood, per rendere le castagne protagoniste anche di percorsi culturali di un certo spessore.
«Insomma, idee ne abbiamo tante», conclude Sunder. L’attesa ora è tutta per i frutti. Che siano tanti, buoni e pronti a spiccare il volo. Per il mercato.
Veronica Balocco
La malattia è definitivamente debellata. I castagni biellesi possono tornare al loro splendore. Diventando ancora una volta, dopo secoli nei quali hanno rappresentato per la gente biellese non solo una fonte di sostentamento, ma anche un mezzo di sopravvivenza economica, uno strumento per produrre reddito. A ricordarlo ancora una volta, sulla scia di un’esperienza che dal 2004 tenta di insistere proprio in questa direzione, è l’Associazione biellese del castagno, questa volta forte di una certezza: il cinipide che per anni ha infestato le piante del territorio, provocando gravi danni non solo alla loro salute ma anche alle loro capacità produttive, ha perso. Sconfitto. Di lui non resta che il ricordo, mentre di castagne il Biellese può finalmente tornare a parlare in modo serio. Anche in un’ottica, perché no, di business.
Il punto della situazione è stato tracciato lunedì scorso, nel corso di un incontro che dell’Associazione - la cui attività negli ultimi anni è stata effettivamente un po’ frenata a causa del parassita e di altre vicende - ha tentato di ricomporre le fila. Per guardare avanti. E mettere sul tavolo idee, proposte e intenzioni. Con uno scopo ben preciso: «Ridare vita, o finalmente dare vita in modo strutturato, alla filiera del castagno biellese - spiega il tecnico agricolo Alfredo Sunder, tra le anime del sodalizio -. Un proposito per nulla utipistico, che la nostra terra potrebbe tranquillamente realizzare grazie alla forte potenzialità che le deriva dalla massiccia presenza di castagni di ottima qualità». La formula è dunque semplice: partire dalla pianta del castagno per arrivare a prodotti finiti o semilavorati da immettere sul mercato, plausibilmente corazzati da quel marchio “Castagna biellese” che proprio della qualità ha fatto il suo punto di forza. Dalle castagne fresche a quelle secche, dalla farina alle marmellate e ai puré, sino - un domani - al comparto del legname: tante le prospettive di guadagno che l’avvio di una filiera dedicata offrirebbe al territorio. «Noi ci crediamo profondamente - afferma Sunder - e ci siamo resi contro, nonostante la bassa affluenza all’incontro per ridare linfa all’Associazione, che esiste uno zoccolo duro di persone che ci credono quanto noi». Non a caso, l’impegno del sodalizio, anche negli anni di difficoltà dovuti al cinipide, non si è mai fermato: dagli appuntamenti nelle scuole per diffondere la cultura, anche nutrizionale, del castagno al tentativo di instaurare una filiera con l’acquisto di macchinari appositi e la creazione di un soggetto ad hoc, L’orto nel bosco, l’esperienza di fatto non si è mai assopita. «Ma sono stati anni difficili - chiarisce ancora il tecnico agricolo -, sia per via della malattia delle piante sia per il fallimento dell’iniziativa commerciale».
Oggi però, la voglia di ripartire («magari anche con qualche apporto giovane, che per noi sarebbe estremamente importante») è forte e vivace. «L’associazione - chiarisce il presidente Piero Viberti - esiste ed intende operare, censire, innestare cultivar biellesi, promuovere conferenze, corsi e consigli di castanicoltura».
Un lavoro importante, per il quale è necessaria la collaborazione del territorio («se qualche associazione, proloco o amministratore volesse promuovere qualcosa - puntualizza ancora - non esiti a contattarci tramite mail ad abcastagno@libero.it»), ma che potrebbe ottenere grandi vantaggi anche dalla potenza del passaparola: «Tutti, anche chi possiede un castagno e vuole curarlo per fare una fonte, seppur modesta, di reddito, può aderire all’associazione», chiarisce Sunder . «Tutti, infatti, sono invitati a conferire le loro castagne, ottenendone un ricavo, nei punti di raccolta che istituiremo in autunno», aggiunge Viberti.
Da questi punti, poi, le castagne biellesi prenderanno la strada del mercato. Tra castagnate delle pro loco e laboratori di lavorazione, la loro vita potrà snodarsi in varie direzioni: «Ora il passaggio fondamentale è trovare dei locali per la movimentazione e lavorazione di quanto verrà conferito», chiarisce il tecnico agricolo, specificando che qualche possibilità potrebbe essere aperta nella città di Biella. Intanto, si coltivano idee: dalla preparazione di un campo catalogo a Soprana, «nel quale - illustra il presidente - innestiamo piante di qualità biellese per salvare il genoma», alla promozione del marchio biellese, «registrato al Ministero e a disposizione di chiunque intenda commercializzare con un fregio di qualità». E ancora, collaborazioni con l’Associazione biellese apicoltori, Farm-lab e Slowfood, per rendere le castagne protagoniste anche di percorsi culturali di un certo spessore.
«Insomma, idee ne abbiamo tante», conclude Sunder. L’attesa ora è tutta per i frutti. Che siano tanti, buoni e pronti a spiccare il volo. Per il mercato.
Veronica Balocco