«Ditemi com’è morto Niccolò»

«Ditemi com’è morto Niccolò»
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Una lunga serie di udienze e rinvii ha reso eterna la fase pre-processuale del procedimento volto a chiarire la dinamica del tremendo incidente che, nella notte dell’Epifania del 2007, ha spezzato la vita al giovane Niccolò Lucchini, 24 anni, di Ponderano. Lo schianto era avvenuto alle porte di Tollegno: Niccolò, giovane sempre allegro e pieno di vita che appena un paio di settimane prima si era laureato in ingegneria elettronica, quella sera era uscito con l'inseparabile amico Davide Barolo. Niccolò era seduto sul sedile del passeggero dell'auto dell'amico, una Mini Cooper blu, quando la loro vettura si era schiantata contro un palo della luce all’incrocio tra via Martiri della Libertà e la strada provinciale 508, meglio conosciuta come “delle Filature”.

Sono passati undici anni da quella tragica notte ma il procedimento procede a rilento: dopo tanti rinvii, nel 2016, l'amico Davide Barolo è stato rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio colposo.

«Fino ad oggi - dice la mamma di Niccolò, Gabriella Susta Lucchini - non sono stati fatti concreti passi avanti volti a chiarire cosa sia successo la notte in cui è morto mio figlio. I primi tempi, ogni volta che mi presentavo in tribunale, lo psichiatra dichiarava che Davide Barolo non era in grado di stare a giudizio. E il processo veniva continuamente rinviato. Anche le udienze più  recenti sono state poco utili a far luce su quei fatti. La prossima udienza si terrà lunedì 22 gennaio, ma più il tempo passa più ci si avvicina alla prescrizione».

«Vorrei solo fosse fatta giustizia - si sfoga ancora la mamma -. Durante la fase preliminare la famiglia di Davide, tramite il proprio avvocato, ci ha proposto un risarcimento. Abbiamo accettato la somma che ci è stata offerta nella sola speranza di riuscire ad andare avanti».

La famiglia di Niccolò Lucchini non si è quindi costituita parte civile nel processo a carico di Davide Barolo.Tuttavia la morte di un figlio è una ferita che non si rimarginerà mai: «Ogni udienza che viene rinviata – spiega Gabriella Susta Lucchini - è per noi come una lama che crea nuovo dolore e fa diventare la ferita ancor più grande».

Shama Ciocchetti

Una lunga serie di udienze e rinvii ha reso eterna la fase pre-processuale del procedimento volto a chiarire la dinamica del tremendo incidente che, nella notte dell’Epifania del 2007, ha spezzato la vita al giovane Niccolò Lucchini, 24 anni, di Ponderano. Lo schianto era avvenuto alle porte di Tollegno: Niccolò, giovane sempre allegro e pieno di vita che appena un paio di settimane prima si era laureato in ingegneria elettronica, quella sera era uscito con l'inseparabile amico Davide Barolo. Niccolò era seduto sul sedile del passeggero dell'auto dell'amico, una Mini Cooper blu, quando la loro vettura si era schiantata contro un palo della luce all’incrocio tra via Martiri della Libertà e la strada provinciale 508, meglio conosciuta come “delle Filature”.

Sono passati undici anni da quella tragica notte ma il procedimento procede a rilento: dopo tanti rinvii, nel 2016, l'amico Davide Barolo è stato rinviato a giudizio con l'accusa di omicidio colposo.

«Fino ad oggi - dice la mamma di Niccolò, Gabriella Susta Lucchini - non sono stati fatti concreti passi avanti volti a chiarire cosa sia successo la notte in cui è morto mio figlio. I primi tempi, ogni volta che mi presentavo in tribunale, lo psichiatra dichiarava che Davide Barolo non era in grado di stare a giudizio. E il processo veniva continuamente rinviato. Anche le udienze più  recenti sono state poco utili a far luce su quei fatti. La prossima udienza si terrà lunedì 22 gennaio, ma più il tempo passa più ci si avvicina alla prescrizione».

«Vorrei solo fosse fatta giustizia - si sfoga ancora la mamma -. Durante la fase preliminare la famiglia di Davide, tramite il proprio avvocato, ci ha proposto un risarcimento. Abbiamo accettato la somma che ci è stata offerta nella sola speranza di riuscire ad andare avanti».

La famiglia di Niccolò Lucchini non si è quindi costituita parte civile nel processo a carico di Davide Barolo.Tuttavia la morte di un figlio è una ferita che non si rimarginerà mai: «Ogni udienza che viene rinviata – spiega Gabriella Susta Lucchini - è per noi come una lama che crea nuovo dolore e fa diventare la ferita ancor più grande».

Shama Ciocchetti

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