Il delitto di Chiavazza

Delitto a Chiavazza: i quattro indagati restano in carcere in attesa dell'autopsia

"Non lo abbiamo ucciso, è morto per overdose". Ma secondo il giudice avrebbero avuto la possibilità di accordarsi per fornire la stessa versione dei fatti.

Delitto a Chiavazza: i quattro indagati restano in carcere in attesa dell'autopsia
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Restano in carcere i quattro indagati per la morte di Gabriele Maffeo, 33 anni, di Occhieppo Inferiore, trovato cadavere sabato mattina in un cassonetto dei rifiuti di via Coppa a Chiavazza. Dopo gli interrogatori, il giudice delle indagini preliminari, Paola Rava, ha respinto la richiesta di scarcerazione avanzata per i propri assistiti dall'avvocato Cristian Conz sulla base di quanto gli arrestati hanno spiegato durante gli interrogatori di garanzia. Secondo i racconti di tutti e quattro i fermati (Giuseppe Bonura, Simone Perra, Alessandro Solina e Marina Coda Zabetta), il loro amico Gabriele è morto per overdose dopo che si sarebbe iniettato una dose di eroina nel bagno dell'appartamento al secondo piano (nella foto, sotto sequestro) del condominio popolare al numero 29 di via Coppa, in regione Croce.

Quello sfregio alla vittima e ai familiari

Bonura non avrebbe voluto far intervenire subito la Polizia per timore che gli revocassero un provvedimento provvisorio di libertà e potesse così finire in carcere. Resta l'impietosa scelta - che suscita incredulità e rabbia - di avvolgere il corpo di Gabriele nel cellophane e di gettarlo in un cassonetto dei rifiuti piuttosto che chiamare le forze dell'ordine, un vero sfregio alla salma del giovane e ai suoi familiari.

Restano in carcere

Oggi intorno alle 13, il giudice ha fatto pervenire ai difensori (oltre all'avvocato Conz c'è il collega Marco Romanello) il provvedimento di convalida del fermo con la conferma della custodia cautelare in carcere per tutti e quattro gli indagati in attesa quantomeno dei primi riscontri dell'autopsia in programma domattina (giovedì 5 ottobre) in ospedale ad opera del medico legale Monica D'Amato nominato dal sostituto procuratore Sarah Cacciaguerra, titolare dell'inchiesta condotta dalla Squadra mobile della Polizia.

E se si fossero accordati?

Il giudice avrebbe  motivato il rifiuto ad un provvedimento di custodia cautelare più attenuato (domiciliari, obbligo di firma) in quanto, a suo modo di vedere, i quattro avrebbero avuto tutto il tempo di accordarsi tra loro per fornire eventualmente una stessa versione dei fatti nel caso fossero stati fermati dalle forze dell'ordine. Come, in realtà, è poi avvenuto.
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