Il caso

"Così ho salvato la vita alla pallavolista"

Colpita da arresto cardiaco durante un match. Il racconto Alessandro Banfo, l'esperto che l’ha soccorsa

"Così ho salvato la vita alla pallavolista"
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È un sub molto esperto, un istruttore. Fa inoltre parte del Consiglio provinciale della Fipsas (Pesca sportiva, attività subacquea e nuoto pinnato). Essendo abilitato a farlo, nel corso degli ultimi anni Alessandro Banfo ha organizzato numerosi corsi “BLS-D” (è la sigla di basic life support- early defibrillation, supporto di base delle funzioni vitali e defibrillazione) che insegnano a soccorrere i soggetti colpiti da arresto cardiaco improvviso mediante la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione precoce. Ed è anche grazie alle sue provate capacità in un settore così delicato dove ogni secondo risulta fondamentale, che dieci giorni fa è stata salvata la vita a una pallavolista andata in arresto cardiaco mentre stava giocando una partita di pallavolo amatoriale nella palestra di Mottalciata.

Il racconto

Il racconto dettagliato di quei momenti da parte di Alessandro Banfo mette i brividi, ma allo stesso tempo rimarca la necessità di far frequentare gli appositi corsi a sempre più persone tra dirigenti e tecnici nel settore sportivo. "Ero andato a vedere una partita di pallavolo amatoriale - ricorda -, poche persone al bordo di un campo di paese, tutti amici, famiglie, figli piccoli che giocano in un angolo, la partita. Dopo pochi punti segnati, una ragazza si gira verso la panchina chiedendo il cambio e stramazza al suolo. Sembra uno svenimento. Dopo qualche attimo in cui le sollevano le gambe e iniziano a urlare il nome, si capisce che la situazione è seria. Chi mi conosce mi urla di andare che non sanno cosa fare".

Società in regola

La società di casa è il Gso Mottalciata: nonostante rappresenti una piccola realtà, è perfettamente in regola per affrontare le emergenze ed è provvista di Dae (il defibrillatore semiautomatico che da qualche anno è diventato obbligatorio in tutte le palestre di fitness e nei campi da gioco).
Prosegue Alessandro Banfo: "Mi avvicino di corsa alla ragazza, ha lo sguardo perso con pupilla dilatata, il gasping (movimento muscolare involontario caratterizzato da una riduzione estrema della frequenza degli atti respiratori, ndr) è molto accentuato. Si sta spegnendo davanti a me. In automatico parto allora con il BLS (in inglese Basic Life Support: una procedura di primo soccorso che comprende la rianimazione cardiopolmonare tra cui il massaggio cardiaco) mentre qualcuno prende il Dae (il defibrillatore) e altri chiamano il 112".

Le operazioni proseguono

I momenti sono concitati e drammatici. Tutt’intorno, dirigenti, giocatrici e pubblico appaiono molto preoccupati per le sorti dell’atleta.
L’istruttore Bls-D ricorda le procedure nel dettaglio e le mette in pratica: "La ragazza ha un sussulto, sembra riprendersi, mi fermo per fare la diagnosi, ma si perde di nuovo. Ricomincio. E non conto. Continuo cercando il ritmo giusto. In quel momento mi passano in vivavoce l’operatore della centrale operativa del “112”. Attacchiamo il defibrillatore: prima analisi, no scossa. Altri due minuti di “rcp” (rianimazione cardio polmonare) e poi effettuiamo il cambio. Mi tolgo allora orologio e braccialetto, cambio lato e l'altro, dopo pochi istanti, mi dice: “Non riesco, fallo tu”. Riprendo, altri minuti, altra analisi e stavolta c’è la scarica (il defibrillatore decide in automatico se effettuare o meno una scarica elettrica). Poi si prosegue per altri minuti con la “rcp”. Ed ecco un’altra scarica. Il tempo ha un valore infinito in quegli istanti. Cerco di tenere ritmo e intensità, faccio fatica, ma non si molla. Quarto giro di analisi, niente scarica, sempre “rcp”. Sento in lontananza le sirene: stanno arrivando. Il medico del “118” mi si mette davanti e mi chiede di continuare. Ancora...".

Il cambio

La fatica in quei momenti si fa sentire. La concentrazione dev’essere massima così come la consapevolezza di avere una vita tra le proprie mani.
"L’ultimo ciclo - conclude Banfo - lo faccio ancora con il ritmo giusto e poi lascio a loro: tracciati, adrenalina, defibrillatore professionale, altre due scariche prima che possano caricare la pallavolista sulla barella e portala in ospedale".
La tensione emotiva in questi casi è a mille. "Resto lì - ricorda l’esperto sub -, apparentemente freddo. Si avvicinano le persone, chi mi chiede cosa ha avuto, chi mi ringrazia, chi piange e mi fissa senza dire una parola. Io cerco di capire se ho fatto bene, se quello che ho sentito ad un certo punto è stata una costola che ha ceduto (può capitare: in questi casi il massaggio cardiaco dev’essere energico). E infine vado a casa...".

Sta meglio. Solo in seguito, Alessandro Banfo scopre d’aver agito bene: "Mi arriva il messaggio che in ambulanza la ragazza ha ripreso parzialmente lucidità sotto ossigeno - spiega -. Le dicono che è viva per miracolo. Oggi (il giorno dopo, ndr) le hanno detto che ha avuto un’insufficienza cardiaca e che dovrà curarsi. Nel frattempo però...".

Considerazioni finali

Le considerazioni finali del drammatico racconto, fanno pensare al bene rimasto dopo quegli eterni minuti di estrema professionalità riversata in movimenti e azioni che hanno salvato una vita: "Due bambini hanno ancora la loro mamma, un marito la sua compagna di vita, un papà anziano ha ancora la figlia, una squadra di amiche di pallavolo avrà ancora il suo centrale - conclude Banfo -. Sono emotivamente scosso, ma continuo a pensare che i nostri corsi hanno un grande valore sociale. E dopo quella sera ne sono ancora più convinto...".
A onor di cronaca, la pallavolista si è ripresa: accade raramente in casi come questi, ma per fortuna è stata soccorsa in tempo e ce l’ha fatta. La sua vita è stata letteralmente appesa a un filo. Se non ci fossero stati quell’istruttore Bls-d tra il pubblico e quei dirigenti preparati, le cose non sarebbero andate allo stesso modo. Come si fa a non parlare di eroi...

Valter Caneparo

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