Il racconto

Coronavirus, nelle case di riposo foto e videochiamate tra ospiti e parenti

Un lettore ci scrive la sua esperienza da infermiere professionale.

Coronavirus, nelle case di riposo foto e videochiamate tra ospiti e parenti
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Coronavirus, nelle case di riposo foto e videochiamate tra ospiti e parenti. Un lettore ci scrive la sua esperienza da infermiere professionale.

Coronavirus, foto e videochiamate

In questi giorni di emergenza si sente parlare di contagi, guarigioni e morti. Vorrei portare alla luce un piccolo spaccato che viene spesso dimenticato, la realtà della strutture per anziani. In particolare quello che ho potuto osservare tra il personale della residenza per anziani Villa Poma a Magliano.
Nella battaglia contro il COVID-19 i sanitari degli ospedali in prima linea intervengono per contrastare questa malattia, ma la realtà di cui vi voglio parlare è di tutti quei sanitari che non conducono una battaglia di attacco, ma di difesa.
Verso metà febbraio sono arrivate le prime direttive dal ministero e con esse le strutture hanno iniziato a limitare gli accessi. I primi a non poter entrare sono stati i volontari, la chiusura dei centri diurni, i parenti degli ospiti hanno da prima avuto delle diminuzioni di orario per poi dover attenersi alla limitazione più restrittiva, la chiusura totale delle strutture; solo i dipendenti possono accedervi, o parenti se le condizione del proprio caro si dovessero aggravare.
Con le direttive sono arrivate anche le
indicazioni all'utilizzo dei DPI(dispositivi di protezione individuale) per gli operatori sanitari,
mascherine, gel disinfettante etc..
Tutto questo per difendere la fragile, ma preziosa vita degli ospiti nelle strutture.

Vorrei far comprendere come un elemento che sembra così banale come una mascherina possa complicare di molto sia il lavoro degli operatori sia quell’aspetto di vitale importanza che è la relazione tra personale e ospiti.
Per portarvi alcuni esempi delle difficoltà molti ospiti sono ipoudenti, quindi la comunicazione attraverso il labiale e la mimica facciale è molto importante, “vuoi il purè o l’insalata?”, o il semplice gioco della tombola possono complicarsi aumentando ulteriormente lo stress, inoltre la relazione d’aiuto che consiste, per riassumerla di molto, nel rassicurare, ascoltare
in questo caso spiegare come mai i propri parenti sono settimane che “non si fanno vedere” è molto più complessa dovuto all’utilizzo della mascherina.
Ma in tutto questo buio possiamo scorgere la luce, come il germoglio non si vede se non si guarda sotto al fango, così solo superando la coltre di paura e restrizioni possiamo vedere i semi di speranza che piano piano affiorano.
È cosi che gli operatori hanno iniziato a colorare le loro mascherine, per trasformarle da limitazione del
sorriso a fonte di gioia, attraverso l’utilizzo della tecnologia i pareti hanno potuto vedere i propri cari e gli ospiti hanno visto i figli con l’utilizzo per la prima volta della video chiamata, ogni giorno vengono inviate foto del proprio parente per mostrare la vita che sta conducendo.
Queste azioni che possono sembrare banali sono ossigeno, gioia e speranza.
Vorrei con questo piccolo articolo Ringraziare tutto il personale sanitario, medici, infermieri, oss ma anche tutte quelle figure che in questa ora buia non hanno abbandonato la loro umanità ma anzi hanno saputo trovarne una nuova, più rinnovata.
Un grazie va a loro, a tutti gli anziani che, in queste ore minacciose per le loro vite, ci ricordano di essere il nostro fondamentale passato per poter costruire il presente e guardare al futuro.

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