Condanna a due anni al padre-padrone

Condanna a due anni al padre-padrone
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BIELLA - E’ accusato di essersi comportato come un vero e proprio padre-padrone, d’aver utilizzato metodi violenti e autoritari con moglie e figli. D’aver esercitato - recita il capo d’imputazione - «in modo abituale e reiterato, sofferenze fisiche e psicologiche alla convivente, tali da cagionarle penose condizioni di vita nonché per aver maltrattato le figlie minori di pochissimi anni sia fisicamente sia facendole assistere alle liti con la madre. Ecco un altro degli innumerevoli casi di maltrattamenti in famiglia sfociati per l’ennesima volta davanti a un giudice. Stavolta l’imputato è un uomo di 38 anni che abita a Miagliano (di cui non pubblicheremo il nome per tutelare i figli minorenni), che è stato condannato dal giudice, Paola Rava, a due anni di reclusione nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile liquidati nella misura di 8.000 euro oltre alle spese processuali.

In passato vinceva la paura. Le denunce nei confronti di mariti e padri violenti sono sempre state tante anche negli ultimi anni, ma in numero inferiore rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare per un fenomeno che appare di dimensioni ben più importanti agli addetti ai lavori come i carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria che lavorano in Procura, specialisti in casi delicati come questi. Qualcosa si sta muovendo. La paura per se stesse, per i figli, il terrore di ritorsioni, stanno poco alla volta lasciando il posto al coraggio, alla consapevolezza che, per farla finita con le violenze, sia per forza di cose necessario denunciare. Di dati ufficiali non ne sono stati forniti, ma rispetto al 2016, lo scorso anno le denunce per il reato di maltrattamenti in famiglia, all’ufficio del terzo piano del Palazzo di giustizia, coordinato dal procuratore Teresa Angelo Camelio, sarebbero aumentate di ben 35 unità, con una media di quasi un caso di maltrattamenti al giorno.
Valter Caneparo

BIELLA - E’ accusato di essersi comportato come un vero e proprio padre-padrone, d’aver utilizzato metodi violenti e autoritari con moglie e figli. D’aver esercitato - recita il capo d’imputazione - «in modo abituale e reiterato, sofferenze fisiche e psicologiche alla convivente, tali da cagionarle penose condizioni di vita nonché per aver maltrattato le figlie minori di pochissimi anni sia fisicamente sia facendole assistere alle liti con la madre. Ecco un altro degli innumerevoli casi di maltrattamenti in famiglia sfociati per l’ennesima volta davanti a un giudice. Stavolta l’imputato è un uomo di 38 anni che abita a Miagliano (di cui non pubblicheremo il nome per tutelare i figli minorenni), che è stato condannato dal giudice, Paola Rava, a due anni di reclusione nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile liquidati nella misura di 8.000 euro oltre alle spese processuali.

In passato vinceva la paura. Le denunce nei confronti di mariti e padri violenti sono sempre state tante anche negli ultimi anni, ma in numero inferiore rispetto a quanto ci si potrebbe aspettare per un fenomeno che appare di dimensioni ben più importanti agli addetti ai lavori come i carabinieri della sezione di Polizia giudiziaria che lavorano in Procura, specialisti in casi delicati come questi. Qualcosa si sta muovendo. La paura per se stesse, per i figli, il terrore di ritorsioni, stanno poco alla volta lasciando il posto al coraggio, alla consapevolezza che, per farla finita con le violenze, sia per forza di cose necessario denunciare. Di dati ufficiali non ne sono stati forniti, ma rispetto al 2016, lo scorso anno le denunce per il reato di maltrattamenti in famiglia, all’ufficio del terzo piano del Palazzo di giustizia, coordinato dal procuratore Teresa Angelo Camelio, sarebbero aumentate di ben 35 unità, con una media di quasi un caso di maltrattamenti al giorno.
Valter Caneparo

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