Carcere, potenziale bomba sanitaria
Latente e da disinnescare mentre il sindacato denuncia: «Carenza dei dispositivi»
Carcere, potenziale bomba sanitaria.
L'allerta riguarda anche Biella
Il carcere è una potenziale bomba sanitaria con la miccia costantemente accesa. Che va per forza di cose disinnescata in tutti i modi. Ciò che sconvolge - e le continue grida d’allarme dei sindacati ne sono la conferma, per la penuria di mascherine e degli altri dispositivi di sicurezza individuale - è l’apparente superficialità con la quale viene affrontato il problema invece che fare di tutto per fermare una deflagrazione che farebbe molto male a tutti.
Un paese. Nella struttura penitenziaria di Biella, i detenuti sono circa 600, gli agenti di Polizia penitenziaria sono meno di 250: una popolazione che forma un paese di discrete dimensioni, come possono essere comuni tipo Netro o Castelletto Cervo o poco più di Donato, confinato in un territorio di poche decine di migliaia di metri quadrati dove rispettare la distanza sociale di un metro è quasi impossibile se si considera che ci sono celle spaziose a conti fatti come il salotto di una normale abitazione che ospitano tre/quattro persone ognuna. C’è pertanto di che aver paura. Guai, a conti fatti, se di colpo un discreto numero di detenuti si infettasse e avesse per forza di cose necessità di accedere alle strutture di terapia intensiva dell’ospedale di Ponderano. Sarebbe un disastro per tutti, una saturazione inopinata e impossibile da arginare.
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