Bonadio dal carcere: "Non ce la faccio più"

Bonadio dal carcere: "Non ce la faccio più"
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«Non so quanto potrò ancora resistere. La mia mente sta morendo...». Sono parole che non hanno bisogno di commento, drammatiche, che allarmano, che spaventano gli amici di chi le ha scritte. Sono contenute in una lettera che Ivano Bonadio, 52 anni, il sostituto commissario in carcere a Verbania Pallanza ormai da più di cinque mesi, ha scritto nei giorni scorsi a un caro amico che ci ha permesso di pubblicarne degli stralci.
 Bonadio è stato arrestato il 29 ottobre scorso. E’ accusato di corruzione in atti contrari ai doveri d’ufficio e truffa ai danni dello Stato, per aver utilizzato - a detta della Procura - il sistema informatico interforze per raccogliere notizie riservate e passarle a un investigatore privato in cambio di soldi. Il reato è grave se commesso da un pubblico ufficiale. Ma all’apparenza non così grave da giustificare la galera a un poliziotto pluridecorato, premiato così tante volte per il suo lavoro, al punto che lodi ed encomi riuscirebbero a tappezzare le pareti di una grossa stanza.

Apprezzato. Bonadio è sempre stato apprezzato da tutti i colleghi e da chi lo conosce per i suoi modi di fare sempre gentili e professionali. E per le notevoli capacità in campo lavorativo. In tanti lo conoscono e tutti si pongono la stessa domanda: perché non gli vengono concessi quantomeno gli arresti domiciliari? A distanza di più di cinque mesi dall’arresto, infatti, non si comprende come possano ancora sussistere pericoli della fuga, della reiterazione del reato o dell’inquinamento delle prove.
«Non posso dire nulla...», si limita a puntualizzare il legale del sostituto commissario, avvocato Andrea Delmastro, a cui è stato di recente affiancato anche un avvocato di lungo corso del calibro di Roberto Scheda di Vercelli.

Resta dentro. Intanto anche l’appello ha detto no alla scarcerazione. Per la decorrenza dei termini della custodia cautelare, c’è da attendere fino al prossimo 28 aprile. Il fascicolo non è più nelle mani della Procura di Biella, è finito per competenza a Roma in quanto il server della Polstato che l’indagato avrebbe utilizzato per raccogliere informazioni confidenziali da trasmettere a un investigatore privato, si trova fisicamente nella capitale.
 
Lo scritto. Nella lettera, Bonadio sostiene che gli inquirenti pretendano da lui «cose di cui non sono a conoscenza. Fantasticano su ipotesi che hanno dell’incredibile e il bello è che non c’è nulla di nulla!...». Si evince dalla lettera che l’inchiesta ha ormai superato l’ipotesi della corruzione: «Pensano che ho avuto contatti con soggetti che nemmeno loro sanno indicare. Tutte supposizioni degne di un libro di fantapolitica. E io mi ritrovo qua a soffrire per nulla!...». E’ lo stesso Bonadio a chiedere che venga scritta una lettera aperta ai giornali («magari firmata da un bel po’ di persone..», aggiunge, in modo da testimoniare - evidenzia - «la persona che che sono e l’assurdità di ciò che mi sta accadendo (...). Forse potrebbe servire a qualcosa...».
Dopo aver ringraziato l’amico per la solidarietà e l’amicizia, il taglio della lettera si fa drammatico. Lo scoramento è tanto: «Sto cadendo a pezzi piano piano - scrive Bonadio -, sono devastato, distrutto, svilito, demoralizzato. Sono a pezzi...». Parole che si commentano da sole. Bonadio ammette che «fino a poco tempo fa avevo ancora speranza, ora sto perdendo anche quella. Credimi - ribadisce all’amico - che è una prova durissima: ormai ho perso anche il sorriso e sono ridotto a uno straccio...». Dopo essersi soffermato sulla durezza della vita carceraria - soprattutto per uno che di delinquenti in galera ne ha fatti finire parecchi ed è sempre stato da questa parete della barricata -, Bonadio torna a soffermarsi sulla vicenda che lo ha coinvolto. Ricorda che il 28 aprile scadono i termini della custodia cautelare. Eppure è convinto che il provvedimento verrà rinnovato, ma sempre - puntualizza - «sulla base di supposizioni. Il bello è che la legge parla di fatti concreti per il rinnovo e non di ipotesi! Ma fanno cosa vogliono! E io qua dentro marcisco...».

Valter Caneparo

«Non so quanto potrò ancora resistere. La mia mente sta morendo...». Sono parole che non hanno bisogno di commento, drammatiche, che allarmano, che spaventano gli amici di chi le ha scritte. Sono contenute in una lettera che Ivano Bonadio, 52 anni, il sostituto commissario in carcere a Verbania Pallanza ormai da più di cinque mesi, ha scritto nei giorni scorsi a un caro amico che ci ha permesso di pubblicarne degli stralci.
 Bonadio è stato arrestato il 29 ottobre scorso. E’ accusato di corruzione in atti contrari ai doveri d’ufficio e truffa ai danni dello Stato, per aver utilizzato - a detta della Procura - il sistema informatico interforze per raccogliere notizie riservate e passarle a un investigatore privato in cambio di soldi. Il reato è grave se commesso da un pubblico ufficiale. Ma all’apparenza non così grave da giustificare la galera a un poliziotto pluridecorato, premiato così tante volte per il suo lavoro, al punto che lodi ed encomi riuscirebbero a tappezzare le pareti di una grossa stanza.

Apprezzato. Bonadio è sempre stato apprezzato da tutti i colleghi e da chi lo conosce per i suoi modi di fare sempre gentili e professionali. E per le notevoli capacità in campo lavorativo. In tanti lo conoscono e tutti si pongono la stessa domanda: perché non gli vengono concessi quantomeno gli arresti domiciliari? A distanza di più di cinque mesi dall’arresto, infatti, non si comprende come possano ancora sussistere pericoli della fuga, della reiterazione del reato o dell’inquinamento delle prove.
«Non posso dire nulla...», si limita a puntualizzare il legale del sostituto commissario, avvocato Andrea Delmastro, a cui è stato di recente affiancato anche un avvocato di lungo corso del calibro di Roberto Scheda di Vercelli.

Resta dentro. Intanto anche l’appello ha detto no alla scarcerazione. Per la decorrenza dei termini della custodia cautelare, c’è da attendere fino al prossimo 28 aprile. Il fascicolo non è più nelle mani della Procura di Biella, è finito per competenza a Roma in quanto il server della Polstato che l’indagato avrebbe utilizzato per raccogliere informazioni confidenziali da trasmettere a un investigatore privato, si trova fisicamente nella capitale.
 
Lo scritto. Nella lettera, Bonadio sostiene che gli inquirenti pretendano da lui «cose di cui non sono a conoscenza. Fantasticano su ipotesi che hanno dell’incredibile e il bello è che non c’è nulla di nulla!...». Si evince dalla lettera che l’inchiesta ha ormai superato l’ipotesi della corruzione: «Pensano che ho avuto contatti con soggetti che nemmeno loro sanno indicare. Tutte supposizioni degne di un libro di fantapolitica. E io mi ritrovo qua a soffrire per nulla!...». E’ lo stesso Bonadio a chiedere che venga scritta una lettera aperta ai giornali («magari firmata da un bel po’ di persone..», aggiunge, in modo da testimoniare - evidenzia - «la persona che che sono e l’assurdità di ciò che mi sta accadendo (...). Forse potrebbe servire a qualcosa...».
Dopo aver ringraziato l’amico per la solidarietà e l’amicizia, il taglio della lettera si fa drammatico. Lo scoramento è tanto: «Sto cadendo a pezzi piano piano - scrive Bonadio -, sono devastato, distrutto, svilito, demoralizzato. Sono a pezzi...». Parole che si commentano da sole. Bonadio ammette che «fino a poco tempo fa avevo ancora speranza, ora sto perdendo anche quella. Credimi - ribadisce all’amico - che è una prova durissima: ormai ho perso anche il sorriso e sono ridotto a uno straccio...». Dopo essersi soffermato sulla durezza della vita carceraria - soprattutto per uno che di delinquenti in galera ne ha fatti finire parecchi ed è sempre stato da questa parete della barricata -, Bonadio torna a soffermarsi sulla vicenda che lo ha coinvolto. Ricorda che il 28 aprile scadono i termini della custodia cautelare. Eppure è convinto che il provvedimento verrà rinnovato, ma sempre - puntualizza - «sulla base di supposizioni. Il bello è che la legge parla di fatti concreti per il rinnovo e non di ipotesi! Ma fanno cosa vogliono! E io qua dentro marcisco...».

Valter Caneparo

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