«Andiamo avanti per avere giustizia»

«Andiamo avanti per avere giustizia»
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BIELLA - «Lei forse non mi crederà, ma da allora non passa giorno che io e mia moglie non piangiamo». Antonio Morella la chiama la “tragedia del 7 maggio 2013”. Per riparlarne, prima prende fiato, vuole avere voce ferma. La racconta momento dopo momento, ancora oggi che il suo cuore di padre convive da anni con il dolore. Tanto è trascorso, da quel 7 maggio, quando il figlio Davide ha perso la vita mentre era in servizio al porto di Genova. Quando il crollo della torre piloti, abbattuta dal cargo “Jolly Nero” dell'armatore Ignazio Messina è costato la vita, in tutto, a 9 persone. 

BIELLA - «Lei forse non mi crederà, ma da allora non passa giorno che io e mia moglie non piangiamo». Antonio Morella la chiama la “tragedia del 7 maggio 2013”. Per riparlarne, prima prende fiato, vuole avere voce ferma. La racconta momento dopo momento, ancora oggi che il suo cuore di padre convive da anni con il dolore. Tanto è trascorso, da quel 7 maggio, quando il figlio Davide ha perso la vita mentre era in servizio al porto di Genova. Quando il crollo della torre piloti, abbattuta dal cargo “Jolly Nero” dell'armatore Ignazio Messina è costato la vita, in tutto, a 9 persone. 

Antonio Morella ricorda il figlio, militare della Guardia Costiera all’epoca trentatreenne, come un ragazzo dedito al lavoro, altruista, «lui controllava il traffico navale, si occupava della sicurezza e del bene comune, ma alla sua sicurezza chi ha pensato?». 

Il comando generale della Guardia Costiera ha istituito borse di studio permanenti in memoria dei caduti di quella tragedia, e lui - Antonio Morella - ha scelto di portarne tre negli istituti frequentati dal figlio, medie e liceo tecnico a Brindisi e Iti “Q. Sella” di Biella, dove aveva proseguito gli studi dopo il loro trasferimento al Nord. Ma la scelta è anche quella di parlare ai giovani, perché vivano la vita consapevoli, perché siano sensibili di fronte a un monumento, alla targa dedicata a qualcuno che per altri è genericamente un caduto ma per una famiglia è un figlio, un fratello, un amore e un dolore assieme.

Sentimenti che si rinnovano, a processo in corso. Passano gli anni, è passata l’udienza preliminare del processo slittata al 21 settembre scorso, passeranno le prossime udienze fissate al 13 e 18 novembre, e la linea dei Morella continua a mantenersi salda al principio che li ha indotti a rifiutare la proposta di risarcimento, ricevuta poco tempo dopo il fatto. A ribadirlo Fabio, il fratello di Davide: «Restiamo tra quelli che non hanno accettato un centesimo da parte della compagnia. Per noi, è importante avere giustizia». Nel frattempo, racconta Fabio, «pare sia stato riaperto un filone d’indagine contro l’ente porto e l’autorità portuale in questione, per accertare le condizioni strutturali della stessa torre piloti (nella foto la torre di controllo come appariva prima dell’incidente), dalla stabilità delle fondamenta al materiale di costruzione», quel simbolo dello scalo di Genova che Antonio Morella descrive al dettaglio «54 metri, un palazzo di 19 piani», ricorda sconsolato. Davanti alla famiglia di Candelo potrebbero prospettarsi sette o otto anni di iter giudiziario, dal primo al terzo grado di giudizio. Il pensiero di Antonio e Fabio Morella, che segue le udienze a una a una, va alla giustizia verso un proprio caro, «servitore dello Stato». Un dolore patito, che la famiglia è pronta a spiegare, mentre il processo procede. «La cerimonia di consegna della borsa di studio all’Iti è stata commovente. Sono sicuro che i ragazzi presenti hanno imparato molto da quell'incontro». La voce di papà Antonio è, a questo punto, meno salda. Impossibile non credergli.

Giovanna Boglietti

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