Allevatore in carcere per aver scatenato il gigantesco rogo della Valsessera: la pena è diventata esecutiva
Deve scontare tre anni e 4 mesi. Condanna scontata di due anni in appello. Indagine brillante dei Carabinieri forestali.
Nella giornata di domenica i Carabinieri della Stazione di Valle Mosso hanno rintracciato e arrestato Franco Machetto, 52 anni, l’allevatore di Camandona accusato d’aver scatenato - utilizzando sei inneschi incendiari a tempo (cioé «ad accensione anticipata», come riportava il capo d’accusa) - il gigantesco rogo che, dal 27 novembre al 6 dicembre del 2015, aveva devastato oltre mille ettari di natura (per lo più boschi di faggi, betulle e altre specie, solo in minima parte pascolo) nei comuni di Trivero e di Portula e nell’area protetta della Valsessera, considerata sito di interesse comunitario della rete europea “Natura 2000”. Il più devastante incendio che il Biellese ricordi.
In carcere a Biella
Il provvedimento restrittivo è stato eseguito su disposizione dell’Ufficio Esecuzioni Penali della Procura Generale della Repubblica di Torino a seguito della sentenza di condanna emessa nello scorso mese di giugno dalla Corte d'appello di Torino. Il piromane dovrà scontare in carcere la pena di 3 anni e 4 mesi di reclusione. Dopo aver adempiuto alle incombenze di rito, i Carabinieri hanno accompagnato l’arrestato nel carcere di viale dei Tigli a Biella.
Pena ridotta
All'allevatore la pena era stata ridotta in appello di due anni, da cinque anni e quattro mesi di reclusione a tre anni e quattro mesi, più il risarcimento del danno alle costituite parti civile - Pro Natura e Wwf: due sole sulle ben quindici individuate in primo grado dalla Procura -. Il castello accusatorio era basato sulle brillanti indagini di due investigatrici coi fiocchi che da lì a poco sarebbero passate dal Corpo Forestale dello Stato ai Carabinieri forestali. Da parte della Corte d’Appello di Torino, c’è stato un bilanciamento delle attenuanti generiche che sono state giudicate prevalenti sulle contestate aggravanti invece che subvalenti come aveva stabilito il giudice di primo grado. L'accusa è stta poi derubricata da incendio doloso a incendio colposo. Ciò è bastato a ridurre la pena complessiva di due anni. Un successo per i due difensori, avvocati Carlo Boggio Marzet e Gianni Chiorino che hanno nel frattempo chiesto per il loro assistito la messa alla prova ai servizi sociali al posto del carcere.
"Gli era sfuggito di mano"
Ancora una volta i legali hanno evidenziato che il loro assistito - soggetto peraltro incensurato - non aveva di certo provocato il devastante incendio spinto da chissà mai quale volontà incendiaria, ma gli era bensì sfuggito di mano quello che voleva essere un piccolo rogo per bruciare l’erba secca.