Aggressione politica, tre condannati
I tre imputati hanno persino mostrato una sorta di volantino per rimarcare che «l’antifascismo non si processa» e per giustificare, pertanto, l’azione del mese di gennaio 2010 quando un gruppo di ragazzi aveva preso d’assalto banchetto e gazebo dei rappresentanti di “Giovane Italia” (la vecchia Azione Giovani che aveva cambiato nome dopo l’ingresso nell’allora Pdl). Erano volati insulti e minacce. Alla fine, la postazione montata in piazza Santa Marta, era stata distrutta.
I tre imputati hanno persino mostrato una sorta di volantino per rimarcare che «l’antifascismo non si processa» e per giustificare, pertanto, l’azione del mese di gennaio 2010 quando un gruppo di ragazzi aveva preso d’assalto banchetto e gazebo dei rappresentanti di “Giovane Italia” (la vecchia Azione Giovani che aveva cambiato nome dopo l’ingresso nell’allora Pdl). Erano volati insulti e minacce. Alla fine, la postazione montata in piazza Santa Marta, era stata distrutta.
Il volantino, mercoledì mattina, non ha fatto presa sul giudice Iolanda Villano che ha accolto in toto la tesi del Pubblico ministero onorario, Paola Caruso. Così, dopo un paio d’ore in camera di consiglio, a distanza di più di cinque anni da quei fatti, gli unici tre identificati del gruppo di assalitori, sono stati tutti condannati a sette mesi di reclusione con la condizionale oltre al pagamento delle spese legali e a una provvisionale immediatamente esecutiva che precede l’eventuale procedimento in sede civile per il risarcimento dei danni. Sono stati condannati i biellesi Umberto Raviola, 25 anni, Barbara Canova, 46 anni, e Pietro Giordani, 24 anni. Erano tutti accusati di minacce aggravate, ingiurie e danneggiamento aggravato. Nessuno di loro ha voluto rilasciare commenti.
Euforico il rappresentante di parte civile, avvocato Andrea Delmastro, che allora era militante nel Pdl poi passato nelle fila di Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni: «Voglio solo esprimere una straordinaria soddisfazione per la sentenza che ha dimostrato come i giovani abbiano il diritto di manifestare le loro opinioni politiche senza dover per forza essere aggrediti da antifascisti militanti. Voglio inoltre rimarcare il contegno processuale inaccettabile degli imputati che sono arrivati al punto di mostrare persino un volantino...».
Era un sabato pomeriggio in piazza Santa Marta. I militanti di “Giovane Italia” avevano montato il loro gazebo per fare propaganda e per il tesseramento. «Siamo stati prima insultati e poi aggrediti da cinque giovani e una donna - raccontò a suo tempo Luca Pozzato, presente con l’allora consigliere comunale Francesco Castagnetti e un altro militante -. All’arrivo della polizia, i giovani si sono scagliati contro il tavolino e hanno distrutto tutto ciò che capitava loro in mano. Poi sono scappati. Pensavamo fossero finite le schermaglie legate al fascismo e al comunismo. Evidentemente non è così...».
A scatenare i giovani “antifascisti”, era stata la presenza sul banchetto di propaganda del Pdl, non solo dei santini di Silvio Berlusconi, allora Presidente del Consiglio, ma pure delle effigi di Mussolini, calendari del Duce, accendini col fascio littorio e altre cose in ricordo del fascismo.
L’allora segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Marco Albertaro, aveva condannato l’aggressione («Ciò non toglie - scrisse - che la distruzione del banchetto sia un atto incompatibile con la nostra lotta politica»), ma, di contro, si era detto preoccupato, definendo «un campanello d’allarme per la democrazia», la presenza di gadget di chiara matrice fascista accanto ad manifesti e volantini di esponenti dell’allora Pdl. «Evidentemente - proseguì - la vigilanza democratica è oggi soltanto nelle mani degli antifascisti. Ne prendiamo atto. E non ci tiriamo in dietro».
V.Ca.