«Aggredì e stuprò la ex fidanzata»

«Aggredì e stuprò la ex fidanzata»
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Accusato d’aver stuprato l’ex ragazza, all’epoca dei fatti ancora minorenne, dopo averla aggredita per strada e averle abbassato i pantaloncini per riuscire a ottenere un rapporto sessuale, un uomo di Mongrando di 35 anni, è stato condannato dal Tribunale (presidente Paola Rava, giudici a latere Francesco Pipicelli e Nicolò Roberto Pavoni) a un anno e dieci mesi di reclusione.
L’imputato è stato altresì condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile per una somma di 10mila euro nonché alla refusione delle spese processuali che sono state liquidate in 4.500 euro. Il Collegio giudicante si è preso novanta giorni di tempo per il deposito della motivazione della sentenza in cancelleria.
Nel corso del processo, il difensore - avvocato Sergio Gronda - ha provato a mettere in dubbio il racconto della ragazza sostenendo che non poteva essere possibile, per il presunto stupratore, riuscire ad abbassare i pantaloncini della ragazza per cercare di violentarla alle spalle se aveva nel frattempo le mani impegnate a stringerle i polsi per tenerla bloccata come, in effetti, sarebbe stato riportato nella denuncia.
Come ha poi spiegato la stessa ragazza nel corso dell’inevitabile interrogatorio avvenuto in aula, l’imputato le avrebbe tenuto stretti i polsi con una mano mentre con l’altra le avrebbe abbassato solo in parte i pantaloncini e le mutandine. Il rapporto sarebbe durato pochi minuti. «Non appena ho sentito che la presa si faceva sempre meno forte, sono riuscita a liberarmi e a scappare...», ha raccontato la ragazza ai giudici.
In un primo momento la giovane non era riuscita a denunciare la violenza. Poi, dopo essersi confidata con la madre e con il nuovo ragazzo, aveva deciso di raccontare ogni cosa ai carabinieri. Le indagini le avevano svolte direttamente i carabinieri dello speciale nucleo che lavora in Procura, coordinati dal maresciallo Tindaro Gullo, esperti in reati relativi alle cosiddette “fasce deboli”, noti per aver risolto decine e decine di casi per la stragrande maggioranza sfociati in condanne e patteggiamenti. A tempo di record erano stati sentiti la ragazza, il suo fidanzato, la madre e altri soggetti che erano venuti a sapere del rapporto.
V.Ca.
Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 10 luglio 2017

Accusato d’aver stuprato l’ex ragazza, all’epoca dei fatti ancora minorenne, dopo averla aggredita per strada e averle abbassato i pantaloncini per riuscire a ottenere un rapporto sessuale, un uomo di Mongrando di 35 anni, è stato condannato dal Tribunale (presidente Paola Rava, giudici a latere Francesco Pipicelli e Nicolò Roberto Pavoni) a un anno e dieci mesi di reclusione.
L’imputato è stato altresì condannato al risarcimento dei danni in favore della parte civile per una somma di 10mila euro nonché alla refusione delle spese processuali che sono state liquidate in 4.500 euro. Il Collegio giudicante si è preso novanta giorni di tempo per il deposito della motivazione della sentenza in cancelleria.
Nel corso del processo, il difensore - avvocato Sergio Gronda - ha provato a mettere in dubbio il racconto della ragazza sostenendo che non poteva essere possibile, per il presunto stupratore, riuscire ad abbassare i pantaloncini della ragazza per cercare di violentarla alle spalle se aveva nel frattempo le mani impegnate a stringerle i polsi per tenerla bloccata come, in effetti, sarebbe stato riportato nella denuncia.
Come ha poi spiegato la stessa ragazza nel corso dell’inevitabile interrogatorio avvenuto in aula, l’imputato le avrebbe tenuto stretti i polsi con una mano mentre con l’altra le avrebbe abbassato solo in parte i pantaloncini e le mutandine. Il rapporto sarebbe durato pochi minuti. «Non appena ho sentito che la presa si faceva sempre meno forte, sono riuscita a liberarmi e a scappare...», ha raccontato la ragazza ai giudici.
In un primo momento la giovane non era riuscita a denunciare la violenza. Poi, dopo essersi confidata con la madre e con il nuovo ragazzo, aveva deciso di raccontare ogni cosa ai carabinieri. Le indagini le avevano svolte direttamente i carabinieri dello speciale nucleo che lavora in Procura, coordinati dal maresciallo Tindaro Gullo, esperti in reati relativi alle cosiddette “fasce deboli”, noti per aver risolto decine e decine di casi per la stragrande maggioranza sfociati in condanne e patteggiamenti. A tempo di record erano stati sentiti la ragazza, il suo fidanzato, la madre e altri soggetti che erano venuti a sapere del rapporto.
V.Ca.
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