Addio all’ultimo deportato a Mauthausen

Addio all’ultimo deportato a Mauthausen
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Se ne è andato a pochi giorni dal suo 92° compleanno Roberto Ragosa, l’ultimo dei deportati biellesi. Ieri erano in tanti nella chiesa del San Biagio a salutarlo. A ricordarlo. A portare il loro ringraziamento per quei racconti sempre pacati e privi d’odio nonostante tutti i soprusi patiti nel periodi prigionia. Roberto Ragosa, classe 1924, numero di matricola 59083 del campo di Mauthausen era l'ultimo sopravvissuto fra i "deportati" biellesi. Proprio ad Eco di Biella, in una intervista, teneva a sottolineare la differenza fra deportati e internati. Lui fu un deportato politico, arrestato dalle SS nel dicembre del 43, dopo che con altri aveva cercato di dare vita ai primi comitati di liberazione. Sopravvisse perché lo fecero lavorare come elettricista e fu aiutato da una famiglia austriaca che gli lasciava avanzi di cibo. Prima di essere internato Ragosa era un elettrauto e non ci mise molto ad adeguarsi e a trovare occupazione come elettricista. Fu proprio quella la sua salvezza. La possibilità di lasciare il campo per manutenere la rete elettrica nei dintorni gli salvò la vita, soprattutto grazie alla conoscenza di una famiglia tedesca che lo aiutò. Il cibo che riceveva lo portava nel campo, per dare una mano ai suoi compagni di sventura. Tanto che fino allo scorso Natale Ragosa scambiava regali coi parenti dei deportati che vissero la sua stessa esperienza. 

In tante occasioni era stato ospite ai Geometri per portare la sua testimonianza durante il Giorno della memoria. Aveva la straordinaria capacità di raccontare ciò che aveva vissuto senza trasmettere terrore, con una serenità d’animo che i più gli invidiavano. 

«E’ stato un uomo buono, sensibile, mai una parola fuori dalle righe - ricorda la nipote Gigliola Gorni - Dopo essere tornato in Italia ha affrontato molte sfide lavorative. Da dipendente delle ferrovie a elettrauto, fino a diventare rappresentante di un marchio di carrelli elevatori». Ieri, al San Biagio, i funerali. Lascia l’amata moglie Teresa, con lui fino alla fine. 

E.P.

Se ne è andato a pochi giorni dal suo 92° compleanno Roberto Ragosa, l’ultimo dei deportati biellesi. Ieri erano in tanti nella chiesa del San Biagio a salutarlo. A ricordarlo. A portare il loro ringraziamento per quei racconti sempre pacati e privi d’odio nonostante tutti i soprusi patiti nel periodi prigionia. Roberto Ragosa, classe 1924, numero di matricola 59083 del campo di Mauthausen era l'ultimo sopravvissuto fra i "deportati" biellesi. Proprio ad Eco di Biella, in una intervista, teneva a sottolineare la differenza fra deportati e internati. Lui fu un deportato politico, arrestato dalle SS nel dicembre del 43, dopo che con altri aveva cercato di dare vita ai primi comitati di liberazione. Sopravvisse perché lo fecero lavorare come elettricista e fu aiutato da una famiglia austriaca che gli lasciava avanzi di cibo. Prima di essere internato Ragosa era un elettrauto e non ci mise molto ad adeguarsi e a trovare occupazione come elettricista. Fu proprio quella la sua salvezza. La possibilità di lasciare il campo per manutenere la rete elettrica nei dintorni gli salvò la vita, soprattutto grazie alla conoscenza di una famiglia tedesca che lo aiutò. Il cibo che riceveva lo portava nel campo, per dare una mano ai suoi compagni di sventura. Tanto che fino allo scorso Natale Ragosa scambiava regali coi parenti dei deportati che vissero la sua stessa esperienza. 

In tante occasioni era stato ospite ai Geometri per portare la sua testimonianza durante il Giorno della memoria. Aveva la straordinaria capacità di raccontare ciò che aveva vissuto senza trasmettere terrore, con una serenità d’animo che i più gli invidiavano. 

«E’ stato un uomo buono, sensibile, mai una parola fuori dalle righe - ricorda la nipote Gigliola Gorni - Dopo essere tornato in Italia ha affrontato molte sfide lavorative. Da dipendente delle ferrovie a elettrauto, fino a diventare rappresentante di un marchio di carrelli elevatori». Ieri, al San Biagio, i funerali. Lascia l’amata moglie Teresa, con lui fino alla fine. 

E.P.

 

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