«A Kabul per 3 mesi a curare i bambini»
BIELLA - E’ tornata dall’Afghanistan da ormai due mesi, ma quando ripensa ai giorni trascorsi al lavoro, nell’ospedale di Kabul, le si illumina lo sguardo. La sua mente si affolla con centinaia di visi, con gli occhioni grandi e luminosi di quei bambini che non hanno nulla: loro la guerra la conoscono da vicino, non nei videogiochi. Lucia Acquadro, medico rianimatore del “Degli Infermi” di Biella, non dimenticherà mai i giorni vissuti in Afghanistan, nell’ospedale di Emergency. «Spero di poter tornare presto, quell’esperienza mi ha dato tanto».
Lucia Acquadro racconterà la sua esperienza venerdì sera, 17 giugno, nella biblioteca di Pollone, durante una serata organizzata con Emergency. Uno dei tanti appuntamenti con cui il medico biellese vuole far conoscere quanto ha vissuto. Già 10 giorni fa aveva partecipato a una serata simile, alla caffetteria LuogoComune di Cittadellarte, dove si è registrato il tutto esaurito. Tantissimi i biellesi che hanno raggiunto la Fondazione Pistoletto per sentire i suoi racconti, vedere diapositive e filmati, sentirla parlare dell’Afghanistan. Perché, quando Lucia Acquadro parla della sua esperienza a Kabul, lascia trasparire una pace interiore, senza dubbio la più grande ricchezza che si è portata a casa.
Nata e cresciuta nel Biellese, ora vive a Pollone. Laureata in medicina nel 1982, tre anni più tardi si è specializzata in anestesia e rianimazione, poi ha subito iniziato a lavorare sui mezzi dell’elisoccorso. «Sono stata anche medico della delegazione biellese del Soccorso alpino - racconta - ho lavorato prima in ospedale ad Aosta e poi a Biella, dove sono medico rianimatore».
«Sono partita per l’Afghanistan il 6 gennaio e sono rimasta tre mesi - spiega -. Ero responsabile dell’unità di terapia intensiva e del servizio di anestesia». A Kabul c’è la guerra. Fuori dall’ospedale mine e bombe, dentro una piccola oasi di pace e speranza. «Nella struttura di Emergency - racconta ancora - ho trovato un’altissima professionalità degli operatori locali, medici e infermieri afgani. La grande competenza del personale è uno dei fiori all’occhiello e degli obiettivi raggiunti di Emergency. Il reparto di cui ero responsabile ha otto posti letto, tutti dotati di respiratore meccanico e di un sistema di monitoraggio completo delle funzioni vitali. C’è un’unica Tac, che viene adibita gratuitamente alle necessità dei pazienti».
Le giornate, all’interno della struttura, erano molto intense: «Dovevamo curare una quantità molto importante di pazienti - spiega ancora il medico biellese - in tre mesi abbiamo affrontato 1.100 interventi, tutti in regime di urgenza. La maggior parte dei malati sono vittime di guerra, di un conflitto che non ha fine. Sono persone coinvolte in scontri a fuoco, oppure sono bambini che, giocando, hanno appoggiato il proprio piccolo piede su una mina. Ho visto una quantità incredibile di ragazzi mutilati, bimbi amputati, quando ci sarebbe bisogno di tutta la loro energia e vitalità per migliorare le sorti di un paese che, negli ultimi 40 anni, non ha conosciuto altro che guerre. Gli italiani sono tra i principali produttori di mine, ci pensavo ogni giorno e me ne vergognavo».
«Ripensando a Kabul, Lucia Acquadro rivede i tantissimi pazienti che ha curato: «Mi tornano in mente decine di sguardi, di gente molto fiera, dignitosa. Mi tornano in mente i bambini. In quei tre mesi non ho mai visto un bimbo piangere. Arrivavano con le mani ridotte a poltiglia, senza gambe, oppure con altre ferite. Avevano nel volto il terrore, ma sapevano che, anche se avessero pianto, sfogarsi non avrebbe cambiato la durezza della loro vita. Con il loro sorriso, poi, ci davano la forza di continuare nonostante la stanchezza, la forza di non mollare».
Shama Ciocchetti
BIELLA - E’ tornata dall’Afghanistan da ormai due mesi, ma quando ripensa ai giorni trascorsi al lavoro, nell’ospedale di Kabul, le si illumina lo sguardo. La sua mente si affolla con centinaia di visi, con gli occhioni grandi e luminosi di quei bambini che non hanno nulla: loro la guerra la conoscono da vicino, non nei videogiochi. Lucia Acquadro, medico rianimatore del “Degli Infermi” di Biella, non dimenticherà mai i giorni vissuti in Afghanistan, nell’ospedale di Emergency. «Spero di poter tornare presto, quell’esperienza mi ha dato tanto».
Lucia Acquadro racconterà la sua esperienza venerdì sera, 17 giugno, nella biblioteca di Pollone, durante una serata organizzata con Emergency. Uno dei tanti appuntamenti con cui il medico biellese vuole far conoscere quanto ha vissuto. Già 10 giorni fa aveva partecipato a una serata simile, alla caffetteria LuogoComune di Cittadellarte, dove si è registrato il tutto esaurito. Tantissimi i biellesi che hanno raggiunto la Fondazione Pistoletto per sentire i suoi racconti, vedere diapositive e filmati, sentirla parlare dell’Afghanistan. Perché, quando Lucia Acquadro parla della sua esperienza a Kabul, lascia trasparire una pace interiore, senza dubbio la più grande ricchezza che si è portata a casa.
Nata e cresciuta nel Biellese, ora vive a Pollone. Laureata in medicina nel 1982, tre anni più tardi si è specializzata in anestesia e rianimazione, poi ha subito iniziato a lavorare sui mezzi dell’elisoccorso. «Sono stata anche medico della delegazione biellese del Soccorso alpino - racconta - ho lavorato prima in ospedale ad Aosta e poi a Biella, dove sono medico rianimatore».
«Sono partita per l’Afghanistan il 6 gennaio e sono rimasta tre mesi - spiega -. Ero responsabile dell’unità di terapia intensiva e del servizio di anestesia». A Kabul c’è la guerra. Fuori dall’ospedale mine e bombe, dentro una piccola oasi di pace e speranza. «Nella struttura di Emergency - racconta ancora - ho trovato un’altissima professionalità degli operatori locali, medici e infermieri afgani. La grande competenza del personale è uno dei fiori all’occhiello e degli obiettivi raggiunti di Emergency. Il reparto di cui ero responsabile ha otto posti letto, tutti dotati di respiratore meccanico e di un sistema di monitoraggio completo delle funzioni vitali. C’è un’unica Tac, che viene adibita gratuitamente alle necessità dei pazienti».
Le giornate, all’interno della struttura, erano molto intense: «Dovevamo curare una quantità molto importante di pazienti - spiega ancora il medico biellese - in tre mesi abbiamo affrontato 1.100 interventi, tutti in regime di urgenza. La maggior parte dei malati sono vittime di guerra, di un conflitto che non ha fine. Sono persone coinvolte in scontri a fuoco, oppure sono bambini che, giocando, hanno appoggiato il proprio piccolo piede su una mina. Ho visto una quantità incredibile di ragazzi mutilati, bimbi amputati, quando ci sarebbe bisogno di tutta la loro energia e vitalità per migliorare le sorti di un paese che, negli ultimi 40 anni, non ha conosciuto altro che guerre. Gli italiani sono tra i principali produttori di mine, ci pensavo ogni giorno e me ne vergognavo».
«Ripensando a Kabul, Lucia Acquadro rivede i tantissimi pazienti che ha curato: «Mi tornano in mente decine di sguardi, di gente molto fiera, dignitosa. Mi tornano in mente i bambini. In quei tre mesi non ho mai visto un bimbo piangere. Arrivavano con le mani ridotte a poltiglia, senza gambe, oppure con altre ferite. Avevano nel volto il terrore, ma sapevano che, anche se avessero pianto, sfogarsi non avrebbe cambiato la durezza della loro vita. Con il loro sorriso, poi, ci davano la forza di continuare nonostante la stanchezza, la forza di non mollare».
Shama Ciocchetti