Una pietra da Jesolo per il lastricato del Nuraghe biellese dedicato alla Grande Guerra
La pietra di riuso andrà ad aggiungersi alle oltre già arrivate nel capoluogo laniero per completare il mosaico della memoria.
È giunta a Biella, nei giorni scorsi, la pietra della Città di Jesolo (VE) con inciso il nome del Comune e il numero dei suoi Caduti (288) nella Prima guerra mondiale. Il manufatto è stato consegnato nelle mani del presidente dell’Associazione Nazionale Bersaglieri di Biella, Giuliano Lusiani, da un rappresentante dell’amministrazione veneta, in occasione del raduno regionale di Alessandria di fine aprile 2023, e poi fatto pervenire al Sindaco di Biella Claudio Corradino.
Una pietra da Jesolo
La pietra di riuso andrà ad aggiungersi alle oltre già arrivate nel capoluogo laniero per completare il mosaico della memoria, composto da “tessere” provenienti da ogni parte d’Italia, in onore della Brigata “Sassari” e di tutti i Caduti della Grande Guerra.
«Mi complimento per la pregevole iniziativa intrapresa - scrive il Sindaco di Jesolo, Christofer de Zotti - nel dedicare un’area monumentale del territorio di Biella per onorare e rendere omaggio all’impegno silenzioso che soldati e civili della Prima guerra mondiale, di tutti i Comuni d'Italia, hanno profuso contribuendo con la propria vita all’identità e all’unità d'Italia».
Il progetto
Il progetto “pietre di memoria” prende il via nel 2014 su iniziativa del Circolo Culturale Sardo “Su Nuraghe”, in collaborazione con l’Amministrazione di Biella e con il sostegno della Prefettura, nell’ambito del programma delle commemorazioni del Centenario della Grande Guerra a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. «Il lastricato della memoria di Nuraghe Chervu - spiega il presidente di Su Nuraghe Battista Saiu - è destinato a diventare nel tempo uno dei monumenti ai Caduti più inclusivi d’Italia».
Durante la Prima guerra mondiale la popolazione di Cavazuccherina (così si chiamava Jesolo fino al 1930) fu costretta a evacuare il paese. Mentre gli italiani allagavano la zona di Caposile, verso le foci del Piave, gli Austriaci presidiavano il territorio paludoso, dove la malaria e l’influenza spagnola mietevano più vittime del fucile.
Dopo Caporetto (ottobre 1917) migliaia di padri e madri di entrambi gli schieramenti sono in ansia: l’esercito austro-ungarico, con l’obiettivo di conquistare Venezia, oltrepassa il Piave il 14 novembre; occupa il territorio jesolano, e, dopo sette mesi, sferra l’assalto finale. È la battaglia del Solstizio, combattuta tra il 15 e il 24 giugno del 1918. Fanti e marinai italiani resistono, inutilmente, bloccati sull’argine destro del Piave. Dopo la controffensiva del 2-6 luglio 1918, respingono l’invasore al di là del fiume, in attesa dell'ultima spallata, che arriverà solo con la vittoria del 4 novembre.
In quel periodo gli Jesolani sopportano sofferenze indicibili, abbandonano le case, raccattano poche cose, trovano rifugio nelle retrovie del fronte. Alcuni sono rinchiusi nei campi di prigionia, «in terra invasa, da dove molti non tornarono».
Epopea
A ricordo di quella tragica epopea, dopo la Guerra, il Comune ha fatto erigere «un ponte-monumento, inaugurato il 9 ottobre 1927 da S.A.R. (Sua Altezza Reale, ndr) Emanuele Filiberto, Duca d’Aosta, Comandante della III Armata, che in quest’area arginò l’avanzata nemica, ricordando, sui quattro obelischi delle testate, i nomi dei caduti: i marinai del Reggimento S. Marco e i 181 figli di Jesolo».