Soprana, “Nonno Tavino”: «L’elisir di lunga vita? Godersela»
Con i suoi 94 anni, Ottavino Vampari è il nonno di Soprana. Il suo segreto di salute? «Mangiare come un lupo e bere vino tutti i giorni...».
Con i suoi 94 anni, Ottavino Vampari è il nonno di Soprana. Il suo segreto di salute? «Mangiare come un lupo e bere vino tutti i giorni...».
Chi è
Con i suoi 94 anni è il nonno più anziano di Soprana. Ottavino Vampari, di forza e di energia ne ha da vendere. Il segreto che lo aiuta a mantenersi sempre “in forma”? Mangiare come un lupo e bere vino tutti i giorni. E non rinunciare mai al dessert di fine pasto.
Originario del Veneto, Ottavino Vampari, soprannominato da tutto “Nonno Tavino” è nato il 10 aprile del 1928 a Vo, paese in provincia di Padova. Abitava a Fontanafredda, sempre nel Padovano. Si è trasferito nel Biellese che era ancora un bambino: il papà, Bernardo Vampari, aveva trovato lavoro alla fabbrica Giletti di Trivero Ponzone e aveva portato la famiglia nel territorio laniero. La mamma, Ida, era invece una casalinga.
Lui, Ottavino Vampari, invece, ha sempre lavorato per la Vampari Barberis Canonico:
«Ho iniziato che avevo 15 anni – racconta – e smesso a 49. Ero capo officina, avevo la responsabilità di diversi operai: era un’officina abbastanza grande, ricordo che c’era sempre un sacco di lavoro da fare».
La scelta, a 49 anni, di smettere di lavorare, è avvenuta suo malgrado: «Ho avuto un incidente – racconta – sono volato giù dal pontile del mio principale e da allora non ha più voluto che salissi su per le scale. Così a 50 anni sono andato in pensione. I giovani d’oggi chissà quando potranno andare in pensione: se ci penso tutto sommato io mi sono ritirato abbastanza presto».
Un incidente tremendo, che ha rischiato di segnare la sua vita per sempre:
«In quell’incidente – racconta nonno Tavino – mi sono frantumato le ossa delle gambe. I medici mi hanno consigliato l’operazione: erano i primi interventi del genere che si facevano, era avanguardia pura a quei tempi. Mi hanno ricostruito le ossa in titanio. E’ stato una sorta di esperimento, pensavo che non sarei mai più tornato a camminare, e invece mi sono ripreso bene».
Da allora Ottavino Vampari ha iniziato a dedicarsi più assiduamente alle sue passioni, prima tra tutte e bocce e la cura dell’orto e del pollaio. Si è goduto la vita con la moglie Dora, con la quale condivideva la passione del ballo.
«E’ morta nel 2002 – racconta Ottavino – l’ho accudita per tanti anni, durante la malattia».
Per lungo tempo Ottavino Vampari ha collaborato in paese con il gruppo ricreativo Rifugio La Sella e per la cooperativa di frazione Baltigati. Non solo: per anni si è occupato dell’acquedotto frazionale, prima che passasse di competenza al Cordar.
Tra le sue più grandi debolezze c’è quella della buona cucina:
«Mi piacciono soprattutto i dolci - racconta – Nutella, cioccolato, torte ricche di panna. Ma non sono solo una buona forchetta, mi piace anche cucinare, dalla pasta a piatti più complessi, come le lasagne. Amo la pasta con i peperoni. E amo bere, soprattutto vino, rosso o bianco. Il rosso in particolare. Ma come si dice “bevevo vino, ma il vino non beveva me”, il che significa che non mi ubriacavo, mi sono sempre fermato prima. E alla fine di ogni pasto mangio una mela. E’ così che sono diventato vecchietto».
Non ha mai fatto un solo giorno di dieta:
«Mai – precisa sorridendo – mangio anche tanto. E non prendo medicine, non ho assolutamente nulla che debba essere curato con i farmaci. Tuttavia, il periodo della pandemia l’ha debilitato, e non poco: «Da un paio d’anni a questa parte – racconta – cammino poco, ho sempre paura di cadere. Sarebbe un vero disastro per me. Vedo figli e nipoti che lavorano giorno e notte e non poter lavorare quanto vorrei, star con le mani in mano, è triste. Per fortuna il morale mi aiuta, la forza e l’energia non mi mancano».
Guardando al futuro ha un unico augurio da fare ai suoi famigliari:
«Spero che i miei figli e i miei nipoti (Ottavino Vampari ha anche due pronipoti, Giada di 4 anni e Lorenzo di 9, ndr) possano venire vecchi come me e auguro loro che ci sia sempre lavoro. Quello sì, è importante, quasi quanto la salute, che non deve mai mancare».
Shama Ciocchetti