INTERVISTA

Lucio Fabbri a Biella: "I Maneskin? Agli esordi suonavano già davvero bene"

Il polistrumentista, arrangiatore e produttore domani, domenica, porterà a Biella per "Microsolchi" il concerto dei suoi 50 anni nella musica.

Lucio Fabbri a Biella: "I Maneskin? Agli esordi suonavano già davvero bene"
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Il polistrumentista, arrangiatore e produttore domani, domenica, porterà a Biella per "Microsolchi" il concerto dei suoi 50 anni nella musica. Qui l'intervista di "Eco di Biella".

De André, Vecchioni, Gaber, Mika, Skin

Ha prodotto e arrangiato i successi dei più grandi artisti italiani. Da Fabrizio De André a Roberto Vecchioni, da Eugenio Finardi a Enzo Jannacci, passando per Giorgio Gaber, Massimo Ranieri, Fiorella Mannoia, Dolcenera e Nada. Tra i nomi internazionali ha collaborato, tra gli altri, con Little Steven, Mika e Skin. Da session man con Baglioni, Dalla, Guccini e Morandi. Ancora, come direttore d’orchestra dai Matia Bazar a Paul Young.
Più volte vincitore, con i “suoi” artisti, del “Festival di Sanremo”, per ben tredici anni è stato il direttore musicale del talent show “X-Factor Italia”. Dallo scorso anno, è direttore musicale dello “Zecchino d’Oro”. E, in mezzo a tutto questo, ha avuto modo - era il 2017 - di curare la produzione del primo lavoro discografico di quello che sarebbe diventato il fenomeno Maneskin, ovvero l’ep “Chosen” che contiene l’iconica “Beggin’”.

Il concerto. Questo è Lucio Fabbri (nella foto), violino della PFM se non bastasse, che sarà ospite di “Microsolchi Festival” domani, domenica sera, e a Biella porterà un concerto pieno di sorprese, perché il pubblico scoprirà dietro a quali canzoni si nasconde la sua mano di arrangiatore, direttore d’orchestra, polistrumentista e produttore.

Farà “ascoltare” al pubblico i suoi primi 50 anni nella musica d’autore: come sono stati questi anni? Oltre le aspettative?
«Direi che le aspettative di un ragazzo che si accinge a fare musica in maniera professionale sono sempre abbastanza ristrette. Uno non può immaginare di ottenere una serie di risultati. Questi sono 50 anni dietro le quinte e, in questo concerto, svelerò quali sono alcune tra le canzoni di successo in cui ho dato il mio contributo speciale. Premesso che, quando si parla di collaborazione musicale, non si pensa mai che quella diventi un successo, si fa e si spera. Sono momenti creativi di cui godiamo e ricordi piuttosto preziosi che, in genere, rimangono nella sfera del diario della vita di una persona, in questo caso sono sfuggite al controllo e il pubblico le ha fatte sue».

Ci svela qualche titolo?
«Posso dire che De André merita un posto di rilievo».

Arrangiatore dei più grandi interpreti: com’è lavorare con tanti artisti e cosa richiede?
«Intanto, bisogna avere una grande versatilità. E poi ogni volta che si incontra un autore di portata come De André o Vecchioni, che hanno un mondo diverso l’uno dall’altro e che è difficile si somiglino per talento, bisogna essere sufficientemente elastici per chiudere un sipario e aprire il successivo, diverso. Certo, non sono solo: si cercano i musicisti più adatti a loro volta a dare il loro contributo e adattarsi alle esigenze, dalle tonalità alla comprensione dei testi delle canzoni, per evidenziare al meglio con la musica quello che arriva al pubblico via poesia, le parole».

Ci racconta com’è stato “X-Factor”?
«Mi sono dedicato ad artisti che non erano noti come fossero artisti già affermati, per lavorare al meglio e per portare in finale possibilmente tutti. È stata una bellissima esperienza incontrarli da giovani: per citarne alcuni, Mengoni aveva le idee già chiare e i Maneskin suonavano già molto bene. Ma all’epoca chi avrebbe scommesso su ognuno di questi? Erano bravissimi e hanno avuto la fortuna di incontrare le emozioni del pubblico ed essere ricambiati».

Come saranno i prossimi 50 anni della musica?
«La musica è un’esigenza primaria dell’essere umano, diceva Confucio. La musica è ovunque, fa parte della nostra vita. Il modo in cui viene fatta, è vero, ha preso una deriva un po’ borderline, ma non posso che confermare, dato che continuo a fare concerti con la PFM riempiendo quasi cento teatri, che i ritorni restano. Il rock c’è sempre e va avanti per le sua strada, come anche altri generi, e come i cantautori, compresi quelli che non ci sono più, che continuano in qualche modo a esistere e le loro opere a rimanere».

G.B. 

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