L'avventura di Fariba, da Kabul a Valdilana
La ragazza insieme alla sua famiglia è stata accolta a Mosso grazie al Progetto Sai. Il suo intervento all'inaugurazione della mostra #Stradeparallele a Valdilana
"Mi chiamo Fariba Ansari, ho 24 anni e vengo da Kabul in Afghanistan". Con queste parole inizia il racconto di una giovane ragazza che ha dovuto fuggire dal suo paese, con tutta la sua famiglia, composta da mamma, papà e due fratelli, nell’estate del 2021 a causa del ritorno al potere dei talebani, che perseguitano le persone di etnia Hazara, la stessa di Fariba. È venuta in Italia come rifugiata politica, e insieme alla sua famiglia è stata ospitata, grazie al Progetto di accoglienza Sai, a Mosso.
Ha potuto raccontare la sua storia venerdì pomeriggio nel corso dell’inaugurazione della mostra #Stradeparallele della street artist Shamsia Hassani, sua connazionale e prima donna del suo paese a dedicarsi all’arte di strada, con focus sulle donne afghane, nei locali dell’ex asilo Cerino Zegna. Inoltre, a tagliare il nastro per inaugurare la mostra è stato il sindaco delle ragazze e dei ragazzi recentemente eletto, Khadija Lakhoitri, che aveva poco prima presieduto il primo consiglio comunale dei ragazzi.
La storia di Fariba
La storia di Fariba è quella di una ragazza semplice, che ama il suo paese, ma che è stata costretta ad abbandonarlo a causa di "terroristi che stanno cercando di distruggerne la cultura, con il silenzio e la tortura, e di sottomettere le donne, perché la donna di cultura fa paura". A Kabul stava studiando all’università per diventare ostetrica "per aiutare le persone. Sognavo un lavoro magari in un ospedale della mia città. Mi sentivo una ragazza moderna". Poi il viaggio verso l’Italia.
"Subito - continua - ci hanno ospitato in un centro di accoglienza straordinario. Abbiamo iniziato a conoscere l’Italia e a imparare la lingua. Poi siamo stati trasferiti in un appartamento qui a Valdilana. Io e la mia famiglia abbiamo fatto tanto per capire la vita in Italia e abbiamo risolti molti piccoli problemi. Allo stesso modo abbiamo capito che una famiglia di cinque persone ha bisogno di molte spese per vivere. Speriamo un giorno di poter andare ad abitare per nostro conto". E poi conclude: "Ora vivo in un paese democratico, dovrei essere felice ma ho dovuto lasciare il mio paese. Lì ci sono ancora tante donne come me. Sono una persona normale che vuole una vita normale. Ora sono qui".
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