Intervista

I 40 anni di teatro di Renato Iannì

La storia: "Dai primi spazi con Dubois al rapporto con Rigola e Colombo". Giunto a Biella nel 1984 ha cambiato il modo di insegnare lettere nelle scuole

I 40 anni di teatro di Renato Iannì
Pubblicato:
Aggiornato:

Quarant’anni di teatro a Biella con Renato Iannì, tra scuola e palcoscenico. "Sono arrivato a Biella nel 1984, dopo aver conosciuto e frequentato l’èlite delle scene europee. Mi ero formato al Teatro Ateneo dell’Università di Roma, guidato da Ferruccio Marotti, di cui ero collaboratore. Vi si poteva incontrare Peter Brook ed Eugenio Barba, Vittorio Gassman e Dario Fo, Lele Luzzati e Alessandro Fersen, Edda Dell’Orso ed Eduardo De Filippo, Carmelo Bene e Alberto Sordi…".

L'intervista

Quali i più importanti?

"Tra la fine degli anni ‘70 e i primi degli ‘80, il teatro italiano ha vissuto una straordinaria e irripetibile fioritura. Studiare uso della voce e canto con Edda dell’Orso, voce solista di Ennio Morricone, o maschera e linguaggio vocal-mimico del grammelot con Dario Fo, entrare nei meandri del teatro totale dell’Odin Teatret di Barba o nello psicodramma di Fersen era un miraggio trasformato in straordinaria realtà per un ventenne qual ero io allora. Poi è arrivata la Scuola di Drammaturgia ed Eduardo, severo e generoso, capace di insegnare con uno sguardo o con un intenso racconto di vita, senza retorica o ipocrisie. Nel frattempo ho conosciuto l’umanità e l’ospitalità di Franca Valeri, Pupella Maggio, storica spalla di Eduardo, Paolo Poli e la sua infinita simpatia…".

Ci parli della sua esperienza con Eduardo?

"Ci vuole un libro: l’ha scritto Letizia Compatangelo, si intitola “Capitano, mio capitano” ed è pubblicato da Bulzoni. Con Eduardo ho vissuto tre anni di frequentazione assidua, sia all’Ateneo sia a casa sua, una villetta sulla Nomentana, decorata con ricordi e antichi pezzi di scenografie, dove lavoravo alla stesura di “Un pugno d’acqua”. Io leggevo quanto avevo scritto; lui, nonostante la vista ormai debole, mi seguiva, attento a ogni sfumatura. Poi, come un vecchio amico, mi dava i consigli più efficaci, in un clima colloquiale che stupiva tutti: il maestro era lui, ma permetteva a un allievo qual ero io un dibattito aperto e paritario. Nell’autunno dell’84 ci siamo sentiti per telefono. Lui non stava bene, io ero già a Biella, Einaudi stava preparando la pubblicazione del nostro testo per la collana teatro. Morì poco dopo; il libro uscì nell’85 a doppia firma, mia e sua".

E Biella?

"Roma era sempre più frenetica; io avevo bisogno di tranquillità. Viaggiavo sul doppio filo teatro/insegnamento. Presto i due fili si sono intrecciati: ho usato il teatro come base per la mia didattica, che dalle aule scolastiche mi ha riportato in giro per l’Italia".

Intervista completa in edicola oggi, giovedì 18 aprile, su Eco di Biella.

Seguici sui nostri canali