Cerino Zegna: Pet therapy, una scommessa vinta
La struttura è stata tra le prime in Italia a introdurla. Il veterinario: «All’epoca in pochi ne conoscevano i benefici. Ora è una moda».
La struttura è stata tra le prime in Italia a introdurla. Il veterinario: «All’epoca in pochi ne conoscevano i benefici. Ora è una moda».
Tra le prime esperienze
Quando, più di vent’anni fa, aveva iniziato a introdurre i suoi cani all’interno del Cerino Zegna, la pet therapy non era ancora una “moda” e, addirittura, in pochi ne conoscevano i benefici. «Grazie alla lungimiranza dell’allora presidente Antonio Sandri e della direttrice Paola Garbella (tuttora in carica, ndr) quella di Occhieppo Inferiore è stata una delle prime esperienze di pet therapy con gli anziani, e in particolare con i malati di Alzheimer, in casa di riposo, in Italia».
Sono passati più di due decenni e il veterinario Paolo Roncati, 67 anni, di Biella, continua a frequentare con assiduità il “Cerino” e i suoi ospiti. Oggi i suoi “aiutanti” sono due splendidi esemplari femmina di Golden retriever, Losna, di 15 anni, ormai di casa nella struttura occhieppese, e Ary, di 3 anni, mamma di un tenero cucciolo di appena due mesi che, fino a pochi giorni fa, partecipava agli incontri, tra l’entusiasmo generale di ospiti e personale, impiegati compresi.
«Ho iniziato a operare - spiega il veterinario - con tre meticci di piccola taglia, poi, con l’esperienza, ho capito che il Golden retriever è la razza ideale per questo tipo di attività in cui serve un animale buono, docile, non troppo irruento (da questo punto di vista meglio le femmine)».
Una moda
«Ora che la pet therapy è diventata quasi una moda, sembra che sia la soluzione a tutti i mali. In realtà non è nulla di risolutivo, si tratta soltanto di uno dei tanti strumenti - al pari dell’animazione, della musicoterapia e dell’arteterapia - che può migliorare la qualità della vita degli anziani, andando ad agire essenzialmente sui problemi comportamentali. Con le persone lucide, infatti, si va ad incidere sulla depressione, mentre con chi è più compromesso, come nel caso dei malati di Alzheimer, si può intervenire sull’aggressività, sull’ansia, sull’agitazione», spiega.
Le sedute
Sono una ventina coloro che, a rotazione, partecipano alle tre sedute settimanali. Durante gli incontri, individuali o di gruppo, della durata di mezz’ora o poco più, gli ospiti della casa di riposo interessati all’attività coccolano i cani, li accarezzano, li spazzolano, danno loro da mangiare le crocchette («in questo modo si stimola la motricità fine delle dita dell’anziano», spiega Roncati) e li portano a passeggio nel grande parco del Cerino Zegna. Al contempo, si instaura un dialogo con il veterinario, che ha una funzione di stimolazione mentale: «Se qualcuno ha una storia personale legata a un animale, me la racconta e, parlando con me, risveglia i ricordi di quell’esperienza ormai lontana nel tempo.
«D’altra parte - aggiunge - la pet therapy funziona perché la stragrande maggioranza delle persone ama gli animali. Così, ad esempio, se un ospite è restio a partecipare alle attività di animazione, molto probabilmente non saprà invece resistere alla dolcezza dei cani e si farà coinvolgere in questa esperienza. Allo stesso modo, chi non ha molta voglia di uscire sarà invogliato a farlo per portarli a passeggio nel parco».
Cani ma non solo
In passato anche un micino ha varcato la soglia del Cerino Zegna. «L’avevo portato per cercare di calmare una signora del Nucleo Alzheimer che era molto agitata. E in effetti - racconta il dottor Roncati, che è veterinario dal 1985 e si occupa di pet therapy dal 1999 - nei primi mesi i risultati ottenuti sono andati ben oltre le aspettative. Poi, purtroppo, la malattia ha preso il sopravvento e la donna è troppo peggiorata per rispondere positivamente alla stimolazione del gatto. Ciononostante il micino è rimasto ospite della struttura ancora per qualche tempo. Fino a quando non ha incominciato ad arrampicarsi sulle tende... ed è stato adottato da un dipendente della casa di riposo».
Lara Bertolazzi