INTERVISTA

Abele Quaregna, il biellese che lavora con Esa e Nasa per mandarci nello spazio

L'ingegnere di Pollone è a capo di un team di Thales Alenia Space. Ecco cosa ci ha raccontato del suo lavoro. 

Abele Quaregna, il biellese che lavora con Esa e Nasa per mandarci nello spazio
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L'ingegnere di Pollone è a capo di un team di Thales Alenia Space. Ecco cosa ci ha raccontato del suo lavoro.

La storia

Di persona non è mai andato nello spazio. Ma contribuisce personalmente alle ambizioni europee di esplorazione del nostro universo. «I viaggi che avranno come panorama il pianeta Terra - ci racconta - nel giro di una ventina d’anni, si aggiungeranno ai comuni pacchetti turistici».

Abele Quaregna (nella foto di copertina al NASA's Johnson Space Center, il famoso Centro di controllo di Houston) è quello che si definisce un ingegnere di sistema, coinvolto in progetti di trasporto ed esplorazione spaziale. Nel suo bagaglio di competenze stupefacenti ci sono diversi anni maturati nel campo della configurazione termomeccanica e della gestione di interfacce per programmi spaziali, che vanno dai moduli orbitali, con equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale, ai veicoli di rientro atmosferico.

Biellese, residente a Pollone per la precisione, si è prima diplomato al liceo Scientifico “Avogadro” di Biella, per poi laurearsi al Politecnico di Torino. Oggi, lavora e viaggia per la Thales Alenia Space, joint venture tra la Francese Thales e l’Italiana Leonardo, con sedi a Roma, Milano, L’Aquila e nel capoluogo piemontese. L’azienda, da oltre 40 anni, progetta, integra, testa e gestisce sistemi spaziali innovativi ad alta tecnologia per telecomunicazioni, navigazione, osservazione della Terra, gestione ambientale, ricerca scientifica e infrastrutture orbitali.

Per dare l’idea della portata del suo lavoro: la Thales Alenia Space in Italia è una delle principali aziende spaziali europee e conta tra i suoi clienti istituzionali principali la Nasa, così come l’Agenzia Spaziale Europea.
Eco di Biella” ha incontrato Abele Quaregna per scoprire qualcosa di più del suo lavoro. Anche alla luce del fatto che lo spazio è un settore in crescita: basti pensare che il Consiglio Ministeriale dell’Agenzia Spaziale Europea del 2022 si è concluso con l'assegnazione di un budget di 16,9 miliardi di euro, cioè con un aumento del 17 per cento rispetto alla Ministeriale del 2019.

Ci dica, sognava di lavorare per lo spazio sin da ragazzo, oppure no? E oggi questo settore quanto è attrattivo per i giovani?
«Io sono sempre stato appassionato di aerei e di aeronautica, poi ho trovato lavoro in campo spaziale. Quindi, sì: è davvero il mio campo. Tenga conto che in azienda non ci sono solo ingegneri, abbiamo anche parecchi fisici o esperti nucleari, ultimamente astrofisici e biologi. Inoltre, la Thales Alenia Space in Italia ha creato con il Politecnico di Torino un master dedicato alle tecnologie per l’esplorazione spaziale, in modo da coltivare un collegamento diretto con i laureati, dopo i cinque anni accademici e i tre anni di master. Per noi i giovani talenti sono fondamentali per mantenere vive le competenze uniche acquisite in questi anni, tramandandole alle generazioni future».

Come racconterebbe il suo lavoro? 
«Il cuore delle attività della sede di Torino, la mia, è l’esplorazione sia robotica che umana. Parliamo di moduli per la Stazione Spaziale Internazionale o di satelliti scientifici (ndr. la Thales Alenia Space ha vinto contratti per la realizzazione di sei dei dieci satelliti assegnati nel 2022 sul mercato aperto a livello mondiale). Cito i viaggi verso Marte della missione ExoMars, con la partecipazione alla Mars Sample Return. Oppure ricordo che la cupola della Stazione Spaziale Internazionale ISS, quella dalla quale arrivano le splendide e famose fotografie della Terra ed è un modulo ricco di finestre che consente agli astronauti una visione a 360 gradi, è stata costruita dalla Thales Alenia Space in Italia. Per la parte di esplorazione umana, in particolare, stiamo lavorando per la stazione in orbita lunare, vale a dire per spingerci a piccoli passi un po’ oltre, dal momento che finora siamo rimasti in orbita bassa. A proposito di piccoli passi, la permanenza dell’equipaggio sulla futura stazione lunare sarà di trenta giorni, per poi aumentare in futuro. Resta, infatti, importantissimo mantenere la capacità di esplorazione dell’uomo, per evitare quanto avvenuto in passato, cioè l’interruzione lunga cinquant’anni dalla missione Apollo della presenza umana sulla Luna».

E a proposito della Luna, come azienda siete coinvolti nella missione Artemis 1 della Nasa, non è così?
«Sì, si sta lavorando per tornare sulla Luna. La Thales Alenia Space ha contribuito alle tecnologie chiave del modulo di servizio europeo della capsula Orion, sviluppato sotto contratto dell’Agenzia Spaziale Europea. Questa capsula sarà utilizzata per missioni spaziali con equipaggio per la Luna e lo spazio profondo. Tutto ciò che facciamo si sviluppa in team. Io sono il responsabile tecnico dell’International Habitat (ndr. la futura casa europea degli astronauti nell’orbita lunare), coordinando un team ingegneristico di circa 45 persone nella sola sede di Torino, e siamo capo cordata di un consorzio industriale a cui partecipano numerose ditte europee e non solo. All’International Habitat, promosso dall’Agenzia Spaziale Europea, contribuiscono anche le agenzie giapponese e canadese, oltre alla NASA, e tutto richiede molta organizzazione. Come appare evidente, i nostri progetti hanno durate molto lunghe: io ho iniziato a lavorare sulle prime proposte per la stazione lunare nel 2016, il progetto è partito nel 2020 e prevede un lancio nel 2027. Il mio lavoro mi piace molto».

La permanenza nello spazio è un aspetto molto particolare. Come seguite le necessità degli astronauti?
«Il confronto con gli astronauti è fondamentale, si può dire che sono loro ad avere l’ultima parola per tutti gli aspetti di design che prevedono interfacce con l’uomo. Nell’ambito della progettazione dell’International Habitat, abbiamo lavorato sia con Luca Parmitano che con Samantha Cristoforetti, mentre Alexander Gerst (un altro astronauta dell’ESA) è venuto a provare di persona un simulatore della cabina, portandosi il suo sacco a pelo “di volo”, e ci ha dato consigli su come aumentare il comfort delle cuccette e limitare i disturbi involontari tra i diversi membri dell’equipaggio. In sintesi, il fattore umano ci caratterizza, in linea con gli standard di sicurezza».

Il prossimo impegno importante?
«A marzo saremo al Kennedy Space Center per coordinarci con la NASA sulle fasi di preparazione prima del lancio, seppure quest’ultimo sia previsto nel 2027: si tratterà del quarto lancio delle missioni Artemis».

Una curiosità: è mai stato nello spazio? 
«No, mai stato. Ci sono ingegneri che vanno nello spazio, ma occorre una certa preparazione. Nell’ultima selezione di astronauti ESA, una giovane collega del sito francese di Cannes, Anthea Comellini, è stata scelta come riserva».

Possiamo dire, in conclusione, che lo spazio non è poi così lontano anche per noi comuni terrestri?
«Possiamo dirlo. Anzi, mi capita di dirlo ai bambini quando vengo invitato a parlarne a scuola, a Pollone, dove studiano i miei figli. Dico loro: sappiate che qualcuno di voi andrà in orbita. Noi stiamo lavorando, e anzi costruendo parti, per progetti commerciali e turistici in orbita bassa. Certo, all’inizio sarà un’occasione fruibile da chi dispone di grandi possibilità economiche (ci sono però già alcune compagnie che oggi consentono brevi voli in orbita con immediato rientro). Tra una ventina d’anni, penso che la platea per viaggi del genere si allargherà notevolmente».
Giovanna Boglietti

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