«Via le “supposte”, ecco i lampioni»

«Via le “supposte”, ecco i lampioni»
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BIELLA - L’ironia (intelligente e sottile) della sorte (già decisa e pesante) non ha scagionato il Babi, finito al rogo, come da copione, ma questa volta senza le fiamme. Non si sono incendiate le fascine (troppo umido?), ma il fantoccio si è comunque volatilizzato in cenere, mandando in fumo il Carnevale. 

Beppe Pellitteri, autore e regista del processo al Babi (in scena martedì sera al Teatro Sociale), quest’anno ha regalato a Biella uno spettacolo da dieci e lode: molta musica, molta poesia, qualche digressione storica e nessun cedimento. Protagonisti, attori e regista hanno alzato l’asticella (monologhi più impegnativi, testi più ricchi, musiche più coinvolgenti) e il risultato si è percepito in sala come una piacevolissima sensazione di benessere. 

Pellitteri ha fatto il suo ingresso a teatro portando in spalla (come una croce) un lampione «da sostituire a quei pali simili a supposte che hanno messo in piazza Duomo: questo è più bello e non costa due milioni di euro»; ha regalato al sindaco Marco Cavicchioli, seduto in prima fila, un pallone da calcio «perché possa rientrare in partita»; ha presentato un artista biellese, Davide Gilardino (che ha cantato “Caruso” di Lucio Dalla) perché «Biella ha molti talenti e vorrei vederli su questo palco»; ha dichiarato al pubblico il suo amore per Biella perché «il Processo del Babi ama questa città e soltanto se la ami puoi criticarla».

Il giudice e presidente Giovanni Malanotte ha fatto ingresso in tribunale seguito dagli avvocati (Beppe Pellitteri per l’accusa e Ilaria Gariazzo per la difesa), dalla parte offesa (Gipin e Catlina, le maschere simbolo di Biella) e dal reo (il Babi vercellese). Chiamata a testimoniare, la Catlina ha esposto la sua versione dei fatti.

Benedetta Lanza

Leggi di più sull’Eco di Biella di giovedì 11 febbraio 2016

BIELLA - L’ironia (intelligente e sottile) della sorte (già decisa e pesante) non ha scagionato il Babi, finito al rogo, come da copione, ma questa volta senza le fiamme. Non si sono incendiate le fascine (troppo umido?), ma il fantoccio si è comunque volatilizzato in cenere, mandando in fumo il Carnevale. 

Beppe Pellitteri, autore e regista del processo al Babi (in scena martedì sera al Teatro Sociale), quest’anno ha regalato a Biella uno spettacolo da dieci e lode: molta musica, molta poesia, qualche digressione storica e nessun cedimento. Protagonisti, attori e regista hanno alzato l’asticella (monologhi più impegnativi, testi più ricchi, musiche più coinvolgenti) e il risultato si è percepito in sala come una piacevolissima sensazione di benessere. 

Pellitteri ha fatto il suo ingresso a teatro portando in spalla (come una croce) un lampione «da sostituire a quei pali simili a supposte che hanno messo in piazza Duomo: questo è più bello e non costa due milioni di euro»; ha regalato al sindaco Marco Cavicchioli, seduto in prima fila, un pallone da calcio «perché possa rientrare in partita»; ha presentato un artista biellese, Davide Gilardino (che ha cantato “Caruso” di Lucio Dalla) perché «Biella ha molti talenti e vorrei vederli su questo palco»; ha dichiarato al pubblico il suo amore per Biella perché «il Processo del Babi ama questa città e soltanto se la ami puoi criticarla».

Il giudice e presidente Giovanni Malanotte ha fatto ingresso in tribunale seguito dagli avvocati (Beppe Pellitteri per l’accusa e Ilaria Gariazzo per la difesa), dalla parte offesa (Gipin e Catlina, le maschere simbolo di Biella) e dal reo (il Babi vercellese). Chiamata a testimoniare, la Catlina ha esposto la sua versione dei fatti.

Benedetta Lanza

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