Vent’anni di bungee: 50mila salti dal ponte

Vent’anni di bungee: 50mila salti dal ponte
Pubblicato:
Aggiornato:

VEGLIO - Chissà se lo storico sindaco, quello che fece la coraggiosa scelta di ricucire la valle ferita con un immenso ponte, avrebbe mai tentato un salto. Chissà, Piero Pichetto, cosa direbbe oggi, vedendo quella sua creatura diventare sempre più un luogo di divertimento e turismo. Chissà se se lo sarebbe mai immaginato. E se oggi ne sarebbe orgoglioso. Certo è che lì, nella testata di una delle valli più aspre e dure del Biellese, oggi non c’è solo una fila di interminabili zampe di cemento che sorreggono una strada. Nè c’è solo quella che molti si ostinano a considerare una cattedrale nel deserto, anche se ormai i motivi per indignarsi degli sprechi di denaro pubblico sono ben altri. Lì, tra Veglio e Mosso, oggi c’è un ponte che è diventato mezzo per fare turismo. E, perché no, per darsi anche agli affari. 

Vent’anni sono passati da quel 26 maggio del 1996 in cui un inarrivabile Patrick de Gayardon volò con leggerezza, appeso a un elastico, dai 152 metri d’altezza del Colosso voluto da Piero Pichetto. Pochi lo sapevano, forse altrettanto pochi quelli che ci credevano davvero. Ma quel salto dava il via a nuova storia, non solo per gli sport outdoor - che di quel tipo di adrenalina erano ancora piuttosto a digiuno, soprattutto in Italia -, ma anche per la Valle di Mosso. Una terra che dall’alluvione aveva rischiato di ereditare solo morte e sconforto, e invece nel tempo ha tentato di rinascere in tutte le declinazioni possibili. Anche sfruttando ludicamente un’infrastruttura nata proprio per ricucire le ferite di quella terribile esperienza. Oggi, comunque, al ponte sono in tanti a guardare non più come a un pezzo di storia, ma  come a un sogno da vivere. «Non solo biellesi - afferma Michele Morganti, responsabile comunicazione della Exploring Outdoor, la società, con sede a Gaglianico, che gestisce l’attività di salto e il vicino Parco avventura -, ma anche e soprattutto persone che arrivano da fuori provincia, da tutta Italia. E dall’estero: almeno il 10% dei nostri lanciatori viene da altri Paesi». Numeri che suonano subito diversi, conoscendo l’ordine di grandezza con cui si ragiona da queste parti: «Nel corso di questi vent’anni, tra salti dal ponte e salti promossi con le nostre autogru, possiamo dire di aver assistito a qualcosa come 50mila lanci», chiarisce Morganti. Che poi puntualizza: «E adesso che la stagione è già ripresa da qualche settimana siamo pronti a riprendere subito il giro: per questo weekend, ad esempio, attendiamo l’arrivo di due ragazzi da Caltanissetta, che arriveranno nel Biellese apposta per questo».

Ma fermarsi al brivido del tuffo è limitante. E non chiarisce appieno la complessità di un’esperienza imprenditoriale che, nel tempo, si è evoluta da “esperimento pionieristico”, quale era appunto nel 1996, a vero e proprio business. «Exploring Outdoor - fa presente Morganti - è una società che oggi dà stabilmente lavoro a 8 persone, oltre a una ventina di collaboratori stagionali». Non solo la gestione delle attività jumping e parco avventura: «Nel nostro giro d’affari - puntualizza - il ruolo di protagonista va alla produzione degli elastici, che sono nostra creazione, con standard qualitativi molto alti, ormai da 15 anni». Con una decina di tonnellate di lattice naturale maneggiato ogni anno, la ditta produce elastici che da almeno un decennio riforniscono anche buona parte del mercato mondiale: «Merito di uno standard che abbiamo sviluppato e che evita il sovrallungamento dell’elastico», chiarisce Morganti, focalizzando così una delle ragioni per cui col tempo la pratica del bungee jumping sia diventata sempre più sicura (tanto che a Veglio non si è mai verificato alcun incidente per rottura dell’elastico). «Siamo attentissimi alla sicurezza - fa notare -. Certo, i lanciatori arrivano sempre con la paura: è questa, spesso, a fare da motore. Ma noi sappiamo bene come gestire ogni aspetto tecnico del lancio e siamo estremamente fiduciosi nei nostri standard». 

Il risultato finale è un mix di brivido ed eccitazione che si snoda in meno di dieci secondi, e che lascia comunque tracce indelebili. Non solo in chi lo vive, ma anche al territorio che lo ospita: «Con il tempo il paese ha ricevuto notevoli vantaggi dall’attività bungee - chiarisce Morganti -. Si è creato un piccolo indotto economico anche in loco, che dà parecchio da fare sia alle due attività ricettive vegliesi, sia alle varie strutture della zona, in particolare dell’Oasi». Unico problema? Manco a dirlo, i trasporti pubblici. «Arrivare al ponte di  domenica con i mezzi è impossibile - conclude il responsabile comunicazione di Exploring Outdoor -. Ai nostri lanciatori non resta che noleggiare un’auto o affittare un pulmino con conducente. Nei casi estremi andiamo noi a prenderli in stazione: alla fine, si fa quel che si può».

Veronica Balocco

VEGLIO - Chissà se lo storico sindaco, quello che fece la coraggiosa scelta di ricucire la valle ferita con un immenso ponte, avrebbe mai tentato un salto. Chissà, Piero Pichetto, cosa direbbe oggi, vedendo quella sua creatura diventare sempre più un luogo di divertimento e turismo. Chissà se se lo sarebbe mai immaginato. E se oggi ne sarebbe orgoglioso. Certo è che lì, nella testata di una delle valli più aspre e dure del Biellese, oggi non c’è solo una fila di interminabili zampe di cemento che sorreggono una strada. Nè c’è solo quella che molti si ostinano a considerare una cattedrale nel deserto, anche se ormai i motivi per indignarsi degli sprechi di denaro pubblico sono ben altri. Lì, tra Veglio e Mosso, oggi c’è un ponte che è diventato mezzo per fare turismo. E, perché no, per darsi anche agli affari. 

Vent’anni sono passati da quel 26 maggio del 1996 in cui un inarrivabile Patrick de Gayardon volò con leggerezza, appeso a un elastico, dai 152 metri d’altezza del Colosso voluto da Piero Pichetto. Pochi lo sapevano, forse altrettanto pochi quelli che ci credevano davvero. Ma quel salto dava il via a nuova storia, non solo per gli sport outdoor - che di quel tipo di adrenalina erano ancora piuttosto a digiuno, soprattutto in Italia -, ma anche per la Valle di Mosso. Una terra che dall’alluvione aveva rischiato di ereditare solo morte e sconforto, e invece nel tempo ha tentato di rinascere in tutte le declinazioni possibili. Anche sfruttando ludicamente un’infrastruttura nata proprio per ricucire le ferite di quella terribile esperienza. Oggi, comunque, al ponte sono in tanti a guardare non più come a un pezzo di storia, ma  come a un sogno da vivere. «Non solo biellesi - afferma Michele Morganti, responsabile comunicazione della Exploring Outdoor, la società, con sede a Gaglianico, che gestisce l’attività di salto e il vicino Parco avventura -, ma anche e soprattutto persone che arrivano da fuori provincia, da tutta Italia. E dall’estero: almeno il 10% dei nostri lanciatori viene da altri Paesi». Numeri che suonano subito diversi, conoscendo l’ordine di grandezza con cui si ragiona da queste parti: «Nel corso di questi vent’anni, tra salti dal ponte e salti promossi con le nostre autogru, possiamo dire di aver assistito a qualcosa come 50mila lanci», chiarisce Morganti. Che poi puntualizza: «E adesso che la stagione è già ripresa da qualche settimana siamo pronti a riprendere subito il giro: per questo weekend, ad esempio, attendiamo l’arrivo di due ragazzi da Caltanissetta, che arriveranno nel Biellese apposta per questo».

Ma fermarsi al brivido del tuffo è limitante. E non chiarisce appieno la complessità di un’esperienza imprenditoriale che, nel tempo, si è evoluta da “esperimento pionieristico”, quale era appunto nel 1996, a vero e proprio business. «Exploring Outdoor - fa presente Morganti - è una società che oggi dà stabilmente lavoro a 8 persone, oltre a una ventina di collaboratori stagionali». Non solo la gestione delle attività jumping e parco avventura: «Nel nostro giro d’affari - puntualizza - il ruolo di protagonista va alla produzione degli elastici, che sono nostra creazione, con standard qualitativi molto alti, ormai da 15 anni». Con una decina di tonnellate di lattice naturale maneggiato ogni anno, la ditta produce elastici che da almeno un decennio riforniscono anche buona parte del mercato mondiale: «Merito di uno standard che abbiamo sviluppato e che evita il sovrallungamento dell’elastico», chiarisce Morganti, focalizzando così una delle ragioni per cui col tempo la pratica del bungee jumping sia diventata sempre più sicura (tanto che a Veglio non si è mai verificato alcun incidente per rottura dell’elastico). «Siamo attentissimi alla sicurezza - fa notare -. Certo, i lanciatori arrivano sempre con la paura: è questa, spesso, a fare da motore. Ma noi sappiamo bene come gestire ogni aspetto tecnico del lancio e siamo estremamente fiduciosi nei nostri standard». 

Il risultato finale è un mix di brivido ed eccitazione che si snoda in meno di dieci secondi, e che lascia comunque tracce indelebili. Non solo in chi lo vive, ma anche al territorio che lo ospita: «Con il tempo il paese ha ricevuto notevoli vantaggi dall’attività bungee - chiarisce Morganti -. Si è creato un piccolo indotto economico anche in loco, che dà parecchio da fare sia alle due attività ricettive vegliesi, sia alle varie strutture della zona, in particolare dell’Oasi». Unico problema? Manco a dirlo, i trasporti pubblici. «Arrivare al ponte di  domenica con i mezzi è impossibile - conclude il responsabile comunicazione di Exploring Outdoor -. Ai nostri lanciatori non resta che noleggiare un’auto o affittare un pulmino con conducente. Nei casi estremi andiamo noi a prenderli in stazione: alla fine, si fa quel che si può».

Veronica Balocco

Seguici sui nostri canali