«Vado in Palestina, per portare la pace»

«Vado in Palestina, per portare la pace»
Pubblicato:
Aggiornato:

L’area è la C. La zona di intervento, quella delle colline a sud di Hebron. Gerusalemme è lontana, da lì, circa 30 chilometri. E, se mai si riuscisse a raccontare di quel pezzo di Cisgiordania senza parlare di guerra, si dovrebbe descrivere Hebron come la città famosa per le sue uve, per le fabbriche di ceramica e vetri, o come sede universitaria. 

Ma lì la guerra c’è, da quando non lo si ricorda forse più. Ecco perché laggiù è diretta Vittoria Vineis, giovane universitaria biellese di 21 anni, iscritta alla Facoltà di Economia a Firenze, corso di laurea in Sviluppo economico, cooperazione internazionale socio-sanitaria e gestione dei conflitti. Vittoria è partita, in queste ore, alla volta della Palestina, per fare “inter-posizione”, dice. Compito che la vede volontaria nel Corpo civile e non violento di pace dell’associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”, ong riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri, che interviene nei conflitti armati e sociali acuti.

Una missione di vita. Vittoria Vineis conosce bene il mondo del volontariato, almeno dai tempi delle scuole superiori, quando frequentava il liceo Scientifico “Avogadro” di Biella: «Al liceo, grazie all’interessamento del professor Riccardo Bresciani, mi sono impegnata in stage estivi di volontariato - racconta la studentessa - Ho partecipato anche al progetto “Punto P”, contro la povertà, gestito dall’associazione “Marajà”. Ho sempre avuto, quindi, un occhio al sociale. Finché, a 17 anni, sono partita alla volta del Guatemala con Marinella Bacchio, referente di progetti di inserimento lavorativo per ragazzi con disabilità. Arrivata là, ho trovato una realtà di contrasto tra i poveri guatemaltechi e i ricchi statunitensi che facevano visite naturalistiche nel Paese. Ho imparato e osservato a vivere con poco: i ragazzi si inserivano in attività di artigianato, per la creazione di prodotti di bigiotteria fatti con materiali riciclati. Accessori arrivati anche a Biella con l’Equo solidale.  E, a quel punto, ho sentito crescere in me un profondo senso di ingiustizia. Così, mi sono iscritta all’Università a Firenze, con il sogno di lavorare in futuro nella cooperazione in loco. Diffido di chi non vuole “sporcarsi le mani”».

Giovanna Boglietti

Leggi di più sull’Eco di Biella di giovedì 4 febbraio 2016 

L’area è la C. La zona di intervento, quella delle colline a sud di Hebron. Gerusalemme è lontana, da lì, circa 30 chilometri. E, se mai si riuscisse a raccontare di quel pezzo di Cisgiordania senza parlare di guerra, si dovrebbe descrivere Hebron come la città famosa per le sue uve, per le fabbriche di ceramica e vetri, o come sede universitaria. 

Ma lì la guerra c’è, da quando non lo si ricorda forse più. Ecco perché laggiù è diretta Vittoria Vineis, giovane universitaria biellese di 21 anni, iscritta alla Facoltà di Economia a Firenze, corso di laurea in Sviluppo economico, cooperazione internazionale socio-sanitaria e gestione dei conflitti. Vittoria è partita, in queste ore, alla volta della Palestina, per fare “inter-posizione”, dice. Compito che la vede volontaria nel Corpo civile e non violento di pace dell’associazione “Comunità Papa Giovanni XXIII”, ong riconosciuta dal Ministero degli Affari Esteri, che interviene nei conflitti armati e sociali acuti.

Una missione di vita. Vittoria Vineis conosce bene il mondo del volontariato, almeno dai tempi delle scuole superiori, quando frequentava il liceo Scientifico “Avogadro” di Biella: «Al liceo, grazie all’interessamento del professor Riccardo Bresciani, mi sono impegnata in stage estivi di volontariato - racconta la studentessa - Ho partecipato anche al progetto “Punto P”, contro la povertà, gestito dall’associazione “Marajà”. Ho sempre avuto, quindi, un occhio al sociale. Finché, a 17 anni, sono partita alla volta del Guatemala con Marinella Bacchio, referente di progetti di inserimento lavorativo per ragazzi con disabilità. Arrivata là, ho trovato una realtà di contrasto tra i poveri guatemaltechi e i ricchi statunitensi che facevano visite naturalistiche nel Paese. Ho imparato e osservato a vivere con poco: i ragazzi si inserivano in attività di artigianato, per la creazione di prodotti di bigiotteria fatti con materiali riciclati. Accessori arrivati anche a Biella con l’Equo solidale.  E, a quel punto, ho sentito crescere in me un profondo senso di ingiustizia. Così, mi sono iscritta all’Università a Firenze, con il sogno di lavorare in futuro nella cooperazione in loco. Diffido di chi non vuole “sporcarsi le mani”».

Giovanna Boglietti

Leggi di più sull’Eco di Biella di giovedì 4 febbraio 2016