Va in pensione il capo équipe dell’unità di espianto di organi

Va in pensione il capo équipe dell’unità di espianto di organi
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Sono passati 35 anni da quando l’anestesista-rianimatore Daniela Peracchio ha iniziato la propria carriera professionale all’ospedale degli Infermi. Torinese di nascita, ma biellese d’adozione, il medico ha intrapreso il proprio percorso lavorativo come assistente in anestesia e rianimazione, sotto la guida del primario di allora, Efisio Petterino, vivendo i numerosi cambiamenti organizzativi interni all’azienda e le evoluzioni della propria professione. Da mercoledì 1° aprile, Daniela Peracchio è in pensione e degli anni trascorsi al degli Infermi si porta dentro i successi, le sconfitte e le emozioni che hanno scandito fino a qui la sua quotidianità. Il suo percorso professionale e le sue competenze le hanno permesso di essere nominata nel 1999 coordinatore ospedaliero dei prelievi di organi e, nel 2009, responsabile della Struttura di medicina perioperatoria. «Quando iniziai a lavorare, 35 anni fa, ricordo che le sale operatorie erano ubicate al piano dei rispettivi reparti di degenza. Ci fu poi lo spostamento dell’attività operatoria e della rianimazione nel nuovo blocco, con la centralizzazione di tutte le sedute operatorie, al di fuori della ginecologia che mantenne la propria sala operatoria adiacente al reparto. Erano tempi in cui il paziente veniva ricoverato per essere “studiato”: da “interno” veniva sottoposto a tutti gli esami strumentali necessari, con tempi di degenza che potevano passare da una settimana ad anche un mese prima dell’intervento».

Negli anni Novanta l’organizzazione venne snellita, con l’introduzione del “Day Surgery” (sostituito poi con il Week Surgery), per gli interventi meno complessi: il paziente si reca in ospedale come esterno per gli esami pre-ricovero, viene ricoverato il mattino stesso dell’operazione e dimesso nell’arco della giornata o nei giorni appena successivi, a seconda della terapia chirurgica. Tutto ciò è stato reso possibile anche dall’introduzione della chirurgia laparoscopica, meno invasiva rispetto alle tecniche tradizionali: «Per gli interventi a basso impatto chirurgico - spiega ancora Peracchio -, nel 50% dei casi oggi la valutazione anestesiologica del paziente viene effettuata al momento dell’operazione, se dall’anamnesi chirurgica non si evincono patologie degne di nota». Parallelamente, sempre negli anni Novanta venne affrontato il problema della sicurezza delle sale operatorie, legata all’inquinamento da parte dei gas anestetici volatili utilizzati durante la narcosi: «L’utilizzo dei circuiti chiusi (respiratore-paziente) e di opportuni sistemi di aspirazione dei gas, l’intubazione di tutti i pazienti sottoposti ad anestesia generale, poi l’uso di anestetici endovenosi e l’implemento dell’anestesia loco-regionale, per esempio in ortopedia, ha praticamente azzerato il problema, garantendo un ambiente sicuro per pazienti ed operatori», racconta ancora il medico. 

Lo stesso monitoraggio intraoperatorio del paziente, che un tempo si basava sulla sola valutazione del polso periferico, oggi si avvale di tecnologie sempre più sofisticate come la pulsiossimetria, che trasmette in tempo reale lo stato di ossigenazione del sangue della persona sotto intervento. L’attività di anestesista svolta negli anni da Peracchio è stata portata avanti di pari passo con quella svolta come rianimatore in reparto, nelle situazioni di emergenza in Pronto soccorso o in altri reparti ospedalieri in cui il paziente critico era in pericolo di vita: «Nei primi anni di lavoro, l’inesperienza e l’apprensione di affrontare circostanze di questo tipo mi creavano ansia. Col tempo, poi, conoscenze ed esperienza aiutano ad affrontare meglio le situazioni, impari a gestire l’emozione e questo è un passo fondamentale perché di fronte al paziente da rianimare devi essere assolutamente lucida e seguire scrupolosamente le procedure. Sai di poter contare sulla collaborazione dei colleghi, su un lavoro di équipe prezioso, dove ciascuno mette a disposizione degli altri la propria professionalità, ma ciò non toglie che questo sia un lavoro ad alto impatto emotivo».

Negli ultimi quindici anni, Daniela Peracchio si è dedicata parallelamente ai prelievi multiorgano, attività che all’Asl Bi è iniziata proprio nel 2000. Le attività di prelievo avvengono in stretta collaborazione tra il Centro trapianti di Torino e l’équipe intraospedaliera, coordinata fino a pochi giorni fa proprio da Peracchio, coadiuvata dal rianimatore Ermanno Spagarino e da Francesco D'Aloia, vice direttore della Direzione medica ospedale e responsabile dell'Unità per la prevenzione del rischio Infettivo dell’Asl Bi. L’intero percorso, dall’osservazione del paziente in morte cerebrale al trapianto, coinvolge una cinquantina di operatori sanitari, sia del Centro regionale Trapianti, sia del “Degli Infermi”: «Il nostro ospedale è considerato tra le eccellenze in Piemonte per numero di organi che ogni anno riusciamo a destinare al trapianto, pur avendo una rianimazione di tipo generale - spiega ancora Peracchio -. Nell’area del Piemonte Nord Orientale solo Novara, centro di riferimento, vanta numeri superiori a noi». Nel 2013 e 2014 al Degli Infermi sono stati eseguiti rispettivamente 8 e 6 prelievi multiorgano, che hanno garantito il ritorno alla vita di ben 33 pazienti.  «Ora che sono in pensione dovrò inventarmi qualcosa per occupare il tempo - conclude la dottoressa -. Viaggerò, anche per vedere di più i miei due figli, che vivono negli Usa e in Olanda». 

E.P.

Sono passati 35 anni da quando l’anestesista-rianimatore Daniela Peracchio ha iniziato la propria carriera professionale all’ospedale degli Infermi. Torinese di nascita, ma biellese d’adozione, il medico ha intrapreso il proprio percorso lavorativo come assistente in anestesia e rianimazione, sotto la guida del primario di allora, Efisio Petterino, vivendo i numerosi cambiamenti organizzativi interni all’azienda e le evoluzioni della propria professione. Da mercoledì 1° aprile, Daniela Peracchio è in pensione e degli anni trascorsi al degli Infermi si porta dentro i successi, le sconfitte e le emozioni che hanno scandito fino a qui la sua quotidianità. Il suo percorso professionale e le sue competenze le hanno permesso di essere nominata nel 1999 coordinatore ospedaliero dei prelievi di organi e, nel 2009, responsabile della Struttura di medicina perioperatoria. «Quando iniziai a lavorare, 35 anni fa, ricordo che le sale operatorie erano ubicate al piano dei rispettivi reparti di degenza. Ci fu poi lo spostamento dell’attività operatoria e della rianimazione nel nuovo blocco, con la centralizzazione di tutte le sedute operatorie, al di fuori della ginecologia che mantenne la propria sala operatoria adiacente al reparto. Erano tempi in cui il paziente veniva ricoverato per essere “studiato”: da “interno” veniva sottoposto a tutti gli esami strumentali necessari, con tempi di degenza che potevano passare da una settimana ad anche un mese prima dell’intervento».

Negli anni Novanta l’organizzazione venne snellita, con l’introduzione del “Day Surgery” (sostituito poi con il Week Surgery), per gli interventi meno complessi: il paziente si reca in ospedale come esterno per gli esami pre-ricovero, viene ricoverato il mattino stesso dell’operazione e dimesso nell’arco della giornata o nei giorni appena successivi, a seconda della terapia chirurgica. Tutto ciò è stato reso possibile anche dall’introduzione della chirurgia laparoscopica, meno invasiva rispetto alle tecniche tradizionali: «Per gli interventi a basso impatto chirurgico - spiega ancora Peracchio -, nel 50% dei casi oggi la valutazione anestesiologica del paziente viene effettuata al momento dell’operazione, se dall’anamnesi chirurgica non si evincono patologie degne di nota». Parallelamente, sempre negli anni Novanta venne affrontato il problema della sicurezza delle sale operatorie, legata all’inquinamento da parte dei gas anestetici volatili utilizzati durante la narcosi: «L’utilizzo dei circuiti chiusi (respiratore-paziente) e di opportuni sistemi di aspirazione dei gas, l’intubazione di tutti i pazienti sottoposti ad anestesia generale, poi l’uso di anestetici endovenosi e l’implemento dell’anestesia loco-regionale, per esempio in ortopedia, ha praticamente azzerato il problema, garantendo un ambiente sicuro per pazienti ed operatori», racconta ancora il medico. 

Lo stesso monitoraggio intraoperatorio del paziente, che un tempo si basava sulla sola valutazione del polso periferico, oggi si avvale di tecnologie sempre più sofisticate come la pulsiossimetria, che trasmette in tempo reale lo stato di ossigenazione del sangue della persona sotto intervento. L’attività di anestesista svolta negli anni da Peracchio è stata portata avanti di pari passo con quella svolta come rianimatore in reparto, nelle situazioni di emergenza in Pronto soccorso o in altri reparti ospedalieri in cui il paziente critico era in pericolo di vita: «Nei primi anni di lavoro, l’inesperienza e l’apprensione di affrontare circostanze di questo tipo mi creavano ansia. Col tempo, poi, conoscenze ed esperienza aiutano ad affrontare meglio le situazioni, impari a gestire l’emozione e questo è un passo fondamentale perché di fronte al paziente da rianimare devi essere assolutamente lucida e seguire scrupolosamente le procedure. Sai di poter contare sulla collaborazione dei colleghi, su un lavoro di équipe prezioso, dove ciascuno mette a disposizione degli altri la propria professionalità, ma ciò non toglie che questo sia un lavoro ad alto impatto emotivo».

Negli ultimi quindici anni, Daniela Peracchio si è dedicata parallelamente ai prelievi multiorgano, attività che all’Asl Bi è iniziata proprio nel 2000. Le attività di prelievo avvengono in stretta collaborazione tra il Centro trapianti di Torino e l’équipe intraospedaliera, coordinata fino a pochi giorni fa proprio da Peracchio, coadiuvata dal rianimatore Ermanno Spagarino e da Francesco D'Aloia, vice direttore della Direzione medica ospedale e responsabile dell'Unità per la prevenzione del rischio Infettivo dell’Asl Bi. L’intero percorso, dall’osservazione del paziente in morte cerebrale al trapianto, coinvolge una cinquantina di operatori sanitari, sia del Centro regionale Trapianti, sia del “Degli Infermi”: «Il nostro ospedale è considerato tra le eccellenze in Piemonte per numero di organi che ogni anno riusciamo a destinare al trapianto, pur avendo una rianimazione di tipo generale - spiega ancora Peracchio -. Nell’area del Piemonte Nord Orientale solo Novara, centro di riferimento, vanta numeri superiori a noi». Nel 2013 e 2014 al Degli Infermi sono stati eseguiti rispettivamente 8 e 6 prelievi multiorgano, che hanno garantito il ritorno alla vita di ben 33 pazienti.  «Ora che sono in pensione dovrò inventarmi qualcosa per occupare il tempo - conclude la dottoressa -. Viaggerò, anche per vedere di più i miei due figli, che vivono negli Usa e in Olanda». 

E.P.

 

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