Un piano per più di 1.300 disabili

Un piano per più di 1.300 disabili
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Novecentonove disabili adulti e 321 minori disabili in carico ai servizi sociali del Biellese. Sono questi i dati presentati qualche mese fa nel corso della conferenza provinciale per la redazione del piano di zona dei servizi sociali del Biellese.

In un anno sono state 5.268 le giornate di assistenza riabilitativa a cura del Servizio sanitario nazionale (ogni giornata rappresenta un ciclo completo e ripetibile nel quale viene erogato in modo coerente e integrato il complesso di prestazioni di assistenza alla persona, cura, recupero funzionale e trattamenti di mantenimento, che compongono il campione dell’assistenza residenziale), mentre le giornate di semiresidenzialità sono state 18.750, circa la metà di quelle erogate in regime di residenzialità, 36.562.

I dati, elaborati dai servizi sociali biellesi e dall'Asl Bi, presentano un quadro della situazione che, tuttavia, come si sottolinea nel rapporto, non tiene conto del “considerevole numero di disabili, non esattamente quantificabile, che non ricorre ai servizi sociali o socio-sanitari”.

«Nel Biellese, i minori con certificazione di handicap nella fascia di età compresa tra i 10 e i 19 anni sono oltre 280. Ogni anno - spiega Paolo Gallana, presidente del Consorzio Iris - escono dai percorsi scolastici circa 30 giovani con certificazione di handicap. Molti di questi ragazzi, nel corso della loro vita, avranno bisogno di essere accompagnati o sostenuti».

Lo studio mette in rilievo alcuni aspetti positivi, tra cui il miglioramento dei sistemi di cura, l'allunga- mento della vita media delle persone disabili e lo sviluppo di tecnologie in grado di limitare o far superare le conseguenze dell’handicap, ai quali fa però da contraltare una serie di problematiche, come la carenza di risorse umane e finanziarie per la gestione dei servizi pubblici esistenti e per l’attivazione di nuovi, la necessità di rispondere a bisogni emergenti per i disabili (vita indipendente, attività lavorativa, dopo di noi) e l'incremento del numero di disabili a seguito di incidenti stradali e malattie invalidanti.

Oltre alle famiglie, un ruolo fondamentale spetta all'ente pubblico, ma la comunità ha un ruolo essenziale nel costruire la rete di solidarietà a sostegno del disabile e dei suoi cari.

«Il rischio è che, con la crescita della solitudine e della frammentazione sociale, molte famiglie si sentano sole. Fortunatamente nel Biellese, rispetto ad altre realtà, vi sono servizi che funzionano e associazioni di volontariato attive che operano bene; ciononostante non si riesce a rispondere a tutti i bisogni. Occorre sviluppare nuove esperienze», conclude il presidente dell'Iris.

Come ad esempio il “condominio solidale”, che può diventare uno strumento importante. Nel passato era normale che tra vicini ci si conoscesse e ci si aiutasse l'un l'altro, oggi è necessario che la solidarietà di vicinato venga ricostruita e organizzata. I servizi, le strutture, la tecnologia non bastano per affrontare il tema della disabilità, è necessario che tutti noi ripensiamo al nostro modo di vivere: occorre continuamente impegnarci per costruire e vivere una cultura della solidarietà».

Lara Bertolazzi

 

Novecentonove disabili adulti e 321 minori disabili in carico ai servizi sociali del Biellese. Sono questi i dati presentati qualche mese fa nel corso della conferenza provinciale per la redazione del piano di zona dei servizi sociali del Biellese.

In un anno sono state 5.268 le giornate di assistenza riabilitativa a cura del Servizio sanitario nazionale (ogni giornata rappresenta un ciclo completo e ripetibile nel quale viene erogato in modo coerente e integrato il complesso di prestazioni di assistenza alla persona, cura, recupero funzionale e trattamenti di mantenimento, che compongono il campione dell’assistenza residenziale), mentre le giornate di semiresidenzialità sono state 18.750, circa la metà di quelle erogate in regime di residenzialità, 36.562.

I dati, elaborati dai servizi sociali biellesi e dall'Asl Bi, presentano un quadro della situazione che, tuttavia, come si sottolinea nel rapporto, non tiene conto del “considerevole numero di disabili, non esattamente quantificabile, che non ricorre ai servizi sociali o socio-sanitari”.

«Nel Biellese, i minori con certificazione di handicap nella fascia di età compresa tra i 10 e i 19 anni sono oltre 280. Ogni anno - spiega Paolo Gallana, presidente del Consorzio Iris - escono dai percorsi scolastici circa 30 giovani con certificazione di handicap. Molti di questi ragazzi, nel corso della loro vita, avranno bisogno di essere accompagnati o sostenuti».

Lo studio mette in rilievo alcuni aspetti positivi, tra cui il miglioramento dei sistemi di cura, l'allunga- mento della vita media delle persone disabili e lo sviluppo di tecnologie in grado di limitare o far superare le conseguenze dell’handicap, ai quali fa però da contraltare una serie di problematiche, come la carenza di risorse umane e finanziarie per la gestione dei servizi pubblici esistenti e per l’attivazione di nuovi, la necessità di rispondere a bisogni emergenti per i disabili (vita indipendente, attività lavorativa, dopo di noi) e l'incremento del numero di disabili a seguito di incidenti stradali e malattie invalidanti.

Oltre alle famiglie, un ruolo fondamentale spetta all'ente pubblico, ma la comunità ha un ruolo essenziale nel costruire la rete di solidarietà a sostegno del disabile e dei suoi cari.

«Il rischio è che, con la crescita della solitudine e della frammentazione sociale, molte famiglie si sentano sole. Fortunatamente nel Biellese, rispetto ad altre realtà, vi sono servizi che funzionano e associazioni di volontariato attive che operano bene; ciononostante non si riesce a rispondere a tutti i bisogni. Occorre sviluppare nuove esperienze», conclude il presidente dell'Iris.

Come ad esempio il “condominio solidale”, che può diventare uno strumento importante. Nel passato era normale che tra vicini ci si conoscesse e ci si aiutasse l'un l'altro, oggi è necessario che la solidarietà di vicinato venga ricostruita e organizzata. I servizi, le strutture, la tecnologia non bastano per affrontare il tema della disabilità, è necessario che tutti noi ripensiamo al nostro modo di vivere: occorre continuamente impegnarci per costruire e vivere una cultura della solidarietà».

Lara Bertolazzi

 

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