"Solo nel Biellese 40 milioni di euro di danni"
Il dato al centesimo sfugge alla memoria, ma l’ordine di grandezza è ben chiaro. E rende finalmente l’idea del disastro che il maltempo dei giorni scorsi ha provocato sul territorio provinciale. Quaranta milioni di euro. Si aggira su questa cifra il computo finale dei danni registrati negli 82 Comuni biellesi: un dato che è frutto di un lungo lavoro di raccolta di dati e segnalazioni, che ha visto protagonista da un lato il Settore opere pubbliche della Regione Piemonte, diretto a Biella dall’ingegnere idraulico Salvatore Scifo, e dall’altra sindaci e uffici tecnici, con la collaborazione delle istituzioni locali.
Ingegner Scifo, allora ora sappiamo di che morte dobbiamo morire.
«Abbiamo lavorato giorni per arrivare a una stima dei danni il più realistica possibile. Uno sforzo immane, che ha richiesto la collaborazione di tutti. Lunedì abbiamo ottenuto da tutti i Comuni il computo preciso delle criticità sui rispettivi territori, e questo ci ha consentito di stilare un conto complessivo. La Regione ora trasmetterà la nota al Dipartimento di Protezione civile nazionale».
E poi che succederà?
«La prossima settimana sarà concesso lo stato di calamità, con la nomina del commissario».
Poi arriveranno i soldi?
«Vedremo quanti ne arriveranno. E sulla base di questo, bisognerà decidere dove destinarli prioritariamente. Le criticità maggiori sono già state affrontate dai singoli Comuni con interventi urgenti, in concomitanza con la fase critica. Ora, in tempi brevi, andrà affrontata una serie di grossi problemi sul territorio e sulla rete viaria».
Il vostro ufficio come ha affrontato l’emergenza?
«Le do solo un dato: in dieci giorni sono stati effettuati circa 80 sopralluoghi. E abbiamo chiesto soccorso anche ad altri settori regionali, più indicati a seguire ad esempio il problema delle frane».
Infatti proprio questo è stato il grande dramma. Le frane.
«Sì. A creare problemi non sono state tanto le piogge del 10-12 novembre, quanto delle del 4-6. Già in quel primo episodio i terreni si erano completamente imbibiti, e le piogge ulteriori dei giorni successivi hanno mandato in crisi i versanti. Solo dal primo novembre, secondo l’Osservatorio di Oropa, sono scesi 800 millimetri di pioggia: un fatto eccezionale. Non tanto per i corsi d’acqua, che non hanno subito esondazioni, bensì per l’assetto idrogeologico».
Le strade e il verde erano obiettivamente abbandonati a se stessi. Una manutenzione preventiva avrebbe evitato tutti questi danni?
«Sì, certamente avrebbe aiutato. Ma non parlo solo di manutenzione a carico della pubblica amministrazione. Una buona prevenzione necessita di una cura capillare del territorio. Molte frane si sono verificate su terreni privati, quindi è a loro che in numerosi casi spettava la manutenzione».
E cosa avrebbero dovuto fare?
«Dalle cose più banali, tipo tagliare la legna, all’effettuare solo interventi edilizi rispettosi del territorio. Le faccio un esempio: a volte le frane sono dovute a una cattiva regimazione delle acque. Una scorretta raccolta delle piogge tramite i pluviali può essere causa di gravi problemi».
Le frane scese in questi giorni erano già note?
«Alcune sì, altre no. Le due situazioni più critiche sono la frana della Buriunda a Donato e di Berchelle a Valle San Nicolao. Queste vengono costantemente monitorate dai tecnici dell’Arpa, che ogni sei mesi registrano le misure topografiche».
Dunque ora la palla passa a Roma per lo stato di calamità. E voi che farete intanto?
«La Regione dovrà avviare il piano di ricostruzione, verificando l’entità delle risorse assegnate e stilando l’elenco delle priorità».
E i privati che hanno subito danni?
«Al momento non sono in grado di dirle se qualcosa potrà andare anche a loro».