«Sindaco, ma quante chiavi consegni?»

«Sindaco, ma quante chiavi consegni?»
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BIELLA  - Ha definito i lampioni di piazza Duomo «delle supposte», il Mosè «sempre lì, traballante sul suo monumento» e di piazza Curiel ha detto «possibile che non si possano mettere due luci per illuminare un po’ questo spazio, che la sera sembra proprio un cimitero?». Il Gipin, nel ricevere le chiavi della città dal sindaco Marco Cavicchioli, è riuscito con ironia a mettere l’accento sui mille problemi che questo territorio sta attraversando. A vestire i panni della storica maschera di Biella (che per una vita è stata impersonata da Ermanno Caneparo) sabato, alla cerimonia in municipio, c’era Carlo Serra, il Gipin “preso in prestito” dal processo del Babi. Serra era molto emozionato: «E’ la terza volta che vesto i panni del Gipin - ha affermato - prima dello scorso anno avevo dovuto sostituire Caneparo quand’era maschera di Biella».

 La consegna delle chiavi. A fare gli onori di casa è stato un entusiasta Marco Cavicchioli che, tradito forse un po’ dall’emozione, durante il ringraziamento alle maschere intervenute, ha dimenticato di leggere una parte dell’elenco fornitogli dal seguito del Gipin. «E da Moncalieri chi c’è?  Chi c’è?» ha detto imbarazzato. «La Lunetta! Ha riposto una giovane e bellissima ragazza vestita con il tradizionale abito della maschera del centro torinese».

Il discorso. La parola è poi passata al Gipin Serra: «Bravo sindaco - ha detto - ora per una quindicina di giorni tu e la tua giunta potete andarvi a riposare da qualche parte, che ci penso io qui, a far andare avanti la baracca». Poi il primo sketch: «Toglimi  subito una curiosità - ha detto Gipin rivolto al sindaco - ma la città di Biella quante chiavi ha? Vai a consegnarle di qua e di là, ma com’è questa storia? La tradizione vuole che ce ne sia un paio solo e che il sindaco della città lo consegni alle maschere ufficiali del carnevale di Biella. Perché, allora, vai a portarle fino a Chiavazza? Forse Chiavazza è un comune a sè stante? Ma fai un po’ come vuoi e il prossimo anno vai a portarle anche al Piazzo, al Vernato, in Riva, al Villaggio  e a San Paolo, tanto chissene frega della tradizione, tu fai sempre  come vuoi...»

Sindaco “sgridato”. Il Gipin non si è proprio risparmiato nell’evidenziare i temi caldi della città. «I “paluc” - ha detto riferendosi alle luci di piazza Duomo -  sono sempre lì e forse resteranno lì per sempre. Non sono per niente  belli, faranno sempre schifo, ma, chissà, magari qualcuno prima o poi penserà a cambiarli. Piacciono invece le panchine: la gente si ferma, si siede e chiacchiera del più e del meno. L’importante è che ci si parli e questo è già un bell’obiettivo». Poi, parlando della statua del Mosè, il Gipin ha detto: «Nessuno gli ha dato una sistemata, ma il Mosè cerca di vivere tranquillo». Poi ha aggiunto: «Ultimamente non tanto tranquillo, visto tutto quello che capita in piazza del Duomo. Il Mosè ha visto passarsi sui piedi prima le Lancia Stratos, poi quel migliaio di persone della cena in bianco, giostre per i bambini, casette in legno, show musicali, rock... ma ciò che più lo ha impressionato è stato l’albero di Natale pendente come la Torre di Pisa» E ancora su piazza Curiel: «Ma possibile che non si possano mettere due luci per illuminare questa piazza e, nello stesso tempo, anche un po’ il monumento e il parco giochi dei bambini? Credimi, sindaco, la sera sembra proprio un cimitero. Non bastano le luci della biblioteca. Già che ci sei, fai che andare nel magazzino del municipio a cercare due lampade (a led che costano meno) e poi vai a piazzarle insieme alla tua giunta perché, anche qui, se aspettiamo gli addetti andiamo a finire alle calende greche». E poi il gran finale: «Dai Marco - ha detto Gipin rivolto al sindaco -  facciamo insieme un bel sorriso e facciamo cominciare il carnevale in allegria. E come diceva Ermanno (Caneparo, lo storico Gipin, ndr) “Buon carnevale a tutti!”».

Shama Ciocchetti

BIELLA  - Ha definito i lampioni di piazza Duomo «delle supposte», il Mosè «sempre lì, traballante sul suo monumento» e di piazza Curiel ha detto «possibile che non si possano mettere due luci per illuminare un po’ questo spazio, che la sera sembra proprio un cimitero?». Il Gipin, nel ricevere le chiavi della città dal sindaco Marco Cavicchioli, è riuscito con ironia a mettere l’accento sui mille problemi che questo territorio sta attraversando. A vestire i panni della storica maschera di Biella (che per una vita è stata impersonata da Ermanno Caneparo) sabato, alla cerimonia in municipio, c’era Carlo Serra, il Gipin “preso in prestito” dal processo del Babi. Serra era molto emozionato: «E’ la terza volta che vesto i panni del Gipin - ha affermato - prima dello scorso anno avevo dovuto sostituire Caneparo quand’era maschera di Biella».

 La consegna delle chiavi. A fare gli onori di casa è stato un entusiasta Marco Cavicchioli che, tradito forse un po’ dall’emozione, durante il ringraziamento alle maschere intervenute, ha dimenticato di leggere una parte dell’elenco fornitogli dal seguito del Gipin. «E da Moncalieri chi c’è?  Chi c’è?» ha detto imbarazzato. «La Lunetta! Ha riposto una giovane e bellissima ragazza vestita con il tradizionale abito della maschera del centro torinese».

Il discorso. La parola è poi passata al Gipin Serra: «Bravo sindaco - ha detto - ora per una quindicina di giorni tu e la tua giunta potete andarvi a riposare da qualche parte, che ci penso io qui, a far andare avanti la baracca». Poi il primo sketch: «Toglimi  subito una curiosità - ha detto Gipin rivolto al sindaco - ma la città di Biella quante chiavi ha? Vai a consegnarle di qua e di là, ma com’è questa storia? La tradizione vuole che ce ne sia un paio solo e che il sindaco della città lo consegni alle maschere ufficiali del carnevale di Biella. Perché, allora, vai a portarle fino a Chiavazza? Forse Chiavazza è un comune a sè stante? Ma fai un po’ come vuoi e il prossimo anno vai a portarle anche al Piazzo, al Vernato, in Riva, al Villaggio  e a San Paolo, tanto chissene frega della tradizione, tu fai sempre  come vuoi...»

Sindaco “sgridato”. Il Gipin non si è proprio risparmiato nell’evidenziare i temi caldi della città. «I “paluc” - ha detto riferendosi alle luci di piazza Duomo -  sono sempre lì e forse resteranno lì per sempre. Non sono per niente  belli, faranno sempre schifo, ma, chissà, magari qualcuno prima o poi penserà a cambiarli. Piacciono invece le panchine: la gente si ferma, si siede e chiacchiera del più e del meno. L’importante è che ci si parli e questo è già un bell’obiettivo». Poi, parlando della statua del Mosè, il Gipin ha detto: «Nessuno gli ha dato una sistemata, ma il Mosè cerca di vivere tranquillo». Poi ha aggiunto: «Ultimamente non tanto tranquillo, visto tutto quello che capita in piazza del Duomo. Il Mosè ha visto passarsi sui piedi prima le Lancia Stratos, poi quel migliaio di persone della cena in bianco, giostre per i bambini, casette in legno, show musicali, rock... ma ciò che più lo ha impressionato è stato l’albero di Natale pendente come la Torre di Pisa» E ancora su piazza Curiel: «Ma possibile che non si possano mettere due luci per illuminare questa piazza e, nello stesso tempo, anche un po’ il monumento e il parco giochi dei bambini? Credimi, sindaco, la sera sembra proprio un cimitero. Non bastano le luci della biblioteca. Già che ci sei, fai che andare nel magazzino del municipio a cercare due lampade (a led che costano meno) e poi vai a piazzarle insieme alla tua giunta perché, anche qui, se aspettiamo gli addetti andiamo a finire alle calende greche». E poi il gran finale: «Dai Marco - ha detto Gipin rivolto al sindaco -  facciamo insieme un bel sorriso e facciamo cominciare il carnevale in allegria. E come diceva Ermanno (Caneparo, lo storico Gipin, ndr) “Buon carnevale a tutti!”».

Shama Ciocchetti

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