«Reparti da salvare, abbiamo tutto»
Biella immobile sulla riorganizzazione della rete ospedaliera? Forse il mondo politico, non certo quello sanitario. Perché nel periodo intercorso tra l’approvazione della prima delibera dell’assessore Antonino Saitta e la successiva correzione, dai vertici dell’Asl è partita una lettera carica di contenuti e motivazioni per rivedere le scelte.
Lettera che, alla luce dei fatti, è caduta nel vuoto visti i risultati. Il direttore generale Gianfranco Zulian, insieme ai suoi collaboratori, ha espresso parecchie perplessità, elencandole e motivandole doviziosamente prima di rivolgersi all’assessore e al direttore della sanità, Fulvio Moirano, oltre che ai consiglieri regionali locali.
Cosa chiedeva l’Asl. Nel documento, rimasto sino ad oggi riservato, l’Asl sottolinea come la delibera regionale «prevede una riduzione delle strutture complesse, nel rispetto del parametro previsto dal “Regolamento” del Patto per la Salute, da 28 corrispondenti alla attuale dotazione e al numero dei posti letti presenti, a 22 strutture complesse, con un taglio di dermatologia, malattie infettive, pneumologia, trasfusionale, medicina nucleare lungodegenza post acuzie. Ed un “declassamento” delle strutture di nefrologia alla sola attività di dialisi e di oncologia alla sola degenza diurna con chiusura delle degenze ordinarie». Il documento prosegue così. «Per tutte le discipline, per le quali vengono richiesti dai parametri regionali e nazionali bacini di utenza più ampi rispetto a quelli presenti nel territorio provinciale, è ipotizzabile che nella programmazione regionale se ne prevede la presenza a Biella, in funzione della copertura di un bacino più ampio». Poi l’Asl elenca alcuni esempi a supporto di questa tesi: «Si rileva che il nuovo ospedale di Biella, con la dotazione di dieci posti letto di rianimazione modernamente attrezzati, di un blocco operatorio di dieci sale operatore e di un Dea caratterizzato dalla presenza di alte tecnologie e di un’elisuperficie, difficilmente potrebbe funzionare in modo efficiente in assenza di servizi clinici strutturali e in grado di rispondere all’urgenza, come per esempio quelli di pneumologia, gastroenterologia o infettivologia. La complessità dei pazienti trattati in chirurgia generale, vascolare, neurologia, cardiologia, nefrologia, rianimazione e in altri reparti per acuti, nonché la presenza all’interno dell’ospedale di un nucleo Stati Vegetativi di dieci posti letto e di un nucleo di continuità assistenziale di 20 posti letto, si avvantaggerebbero molto di un reparto strutturato di lungodengenza post acuzie allo scopo di completare il percorso assistenziale dei pazienti in stato vegetativo o comunque anziani, disabili e fragili». Il documento si conclude con un’ultima considerazione: «Relativamente alle degenze ordinarie di nefrologia e oncologia si sottolinea che già oggi questi reparti si distinguono per una elevata produzione e rispondono ad un bacino di utenza più ampio rispetto a quello provinciale e per questo sono nelle condizioni di mantenere la funzione di degenza ordinaria».
L’appello dell’Asl, però, è rimasto lettera morta. La Regione ha tirato avanti per la sua strada. Sollevando le proteste del territorio. Gli ultimi a prendere posizione sono i rappresentanti dell’ordine dei medici di Biella (intervento a pagina 37). E anche dell’ex consigliere regionale del Pd, Wilmer Ronzani, molto attento alle vicende legate alla sanità. «Sono d'accordo con tutti coloro che, documenti alla mano, sottolineano con forza che il Piano Saitta-Moirano penalizza il Biellese. Basta leggere i dati; se lo si fa correttamente, emerge una situazione che avrebbe dovuto preoccupare e da ragione a chi ha lanciato un grido di allarme, contro l'incomprensibile tentativo di minimizzare le conseguenze che la riorganizzazione ha sulla sanità Biellese. Basta con posizione altalenanti».