Poste nel caos, ora è guerra interna

Poste nel caos, ora è guerra interna
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Dopo la rivoluzione partita lo scorso 30 maggio, con la consegna a giorni alterni della corrispondenza in 55 Comuni del Biellese, all’interno di Poste Italiane si è verificato un vero e proprio caos. Perché la nuova organizzazione del servizio ha portato parecchio malcontento, oltre che tra gli utenti, soprattutto gli abbonati dei giornali anche tra i dipendenti stessi, rimasti spaesati dalle nuove direttive. E, come se non  bastasse, i sindacati ora scendono sul piede di guerra per la privatizzazione di Poste Italiane.

«Poste Italiane ha collocato sul mercato nel mese di ottobre 2015 il 35,30% del proprio capitale; nel corso di questo mese vi è stata la conferma del conferimento del 35% di azioni alla Cassa Depositi e Prestiti - sottolineano i sindacati -; il 31 maggio scorso il Consiglio dei Ministri ha deciso la cessione di quanto rimane ancora di Poste Italiane, il 29,70%, entro fine anno. Così Poste Italiane non sarà più dello Stato, la maggioranza, il 65%, sarà di proprietà di soggetti privati».

Sempre secondo i sindacati «questo pone fine alla più grande caratteristica della quale Poste Italiane era portatrice: la socialità. Poste Italiane non sarà più un’azienda di Servizi, diventerà un’Azienda come tante, che farà “business” dove ha convenienza. Ciò significherà la chiusura di molti Uffici postali minori, la non consegna della corrispondenza nei territori non economicamente produttivi. Una grande istituzione, diventata Azienda produttrice anche di utili, viene distrutta sull’altare di un debito pubblico che a tutti i costi deve essere abbattuto. Il sindacato tutto, unitariamente, è assolutamente contrario a quella che ritiene una vera e propria aberrazione sociale ed economica: la scelta di privatizzare Poste Italiane priverà il Paese di un proprio asset fondamentale e pone a rischio decine di migliaia di posti di lavoro».
Enzo Panelli

Dopo la rivoluzione partita lo scorso 30 maggio, con la consegna a giorni alterni della corrispondenza in 55 Comuni del Biellese, all’interno di Poste Italiane si è verificato un vero e proprio caos. Perché la nuova organizzazione del servizio ha portato parecchio malcontento, oltre che tra gli utenti, soprattutto gli abbonati dei giornali anche tra i dipendenti stessi, rimasti spaesati dalle nuove direttive. E, come se non  bastasse, i sindacati ora scendono sul piede di guerra per la privatizzazione di Poste Italiane.

«Poste Italiane ha collocato sul mercato nel mese di ottobre 2015 il 35,30% del proprio capitale; nel corso di questo mese vi è stata la conferma del conferimento del 35% di azioni alla Cassa Depositi e Prestiti - sottolineano i sindacati -; il 31 maggio scorso il Consiglio dei Ministri ha deciso la cessione di quanto rimane ancora di Poste Italiane, il 29,70%, entro fine anno. Così Poste Italiane non sarà più dello Stato, la maggioranza, il 65%, sarà di proprietà di soggetti privati».

Sempre secondo i sindacati «questo pone fine alla più grande caratteristica della quale Poste Italiane era portatrice: la socialità. Poste Italiane non sarà più un’azienda di Servizi, diventerà un’Azienda come tante, che farà “business” dove ha convenienza. Ciò significherà la chiusura di molti Uffici postali minori, la non consegna della corrispondenza nei territori non economicamente produttivi. Una grande istituzione, diventata Azienda produttrice anche di utili, viene distrutta sull’altare di un debito pubblico che a tutti i costi deve essere abbattuto. Il sindacato tutto, unitariamente, è assolutamente contrario a quella che ritiene una vera e propria aberrazione sociale ed economica: la scelta di privatizzare Poste Italiane priverà il Paese di un proprio asset fondamentale e pone a rischio decine di migliaia di posti di lavoro».
Enzo Panelli

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