Pietro Sella: Biella punti sull'economia digitale
«E’ una stagione di opportunità straordinarie: saperle cogliere è nostro dovere». Pietro Sella, 44 anni, ceo del Gruppo Banca Sella che nel 1996 “portò” con una squadra di talenti la banca di famiglia al digitale, dove oggi è leader, dall’internet banking all’e-commerce, passando per il trading on line, ha le carte in regola per parlare di economia digitale e sulle opportunità che essa rappresenta anche e soprattutto per il Biellese. Lo fa nel giorno in cui il convegno di alto profilo che l’istituto di credito biellese ha organizzato in città ospita studiosi ed esperti: prevista la presenza del ministro per lo Sviluppo Economico Corrado Passera, che però potrebbe non arrivare a Biella per un Consiglio dei ministri sui temi dello sviluppo convocato all’ultimo momento.
Lei crede nel futuro per mestiere, anche perché ha responsabilità verso oltre 4mila persone che con lei lavorano, o ci sono ragioni che sfatano il pessimismo che la congiuntura ci consegna quotidianamente?
«Il futuro è sempre nelle nostre mani. E’ la mentalità con cui lo si affronta che alla fine condiziona il risultato. L’approccio positivo e la fiducia aumentano la possibilità di riuscire. La prova dei fatti poi diventa la giusta cartina al tornasole».
Perché l’economia digitale può aiutare lo sviluppo di un territorio?
«Corre l’obbligo di un parallelo con la rivoluzione industriale: è stata la leva che nella storia dell’uomo ha consentito la diffusione di un benessere reale. Ma nel momento in cui gli inglesi inventarono la macchina a vapore, dal punto di vista italiano ci si è trovati nella condizione peggiore, a meno di non adeguarsi e in fretta. L’economia digitale è già oggi strumento oggettivo per un’impresa per trovare clienti, diminuire i costi e migliorare i servizi. I più intraprendenti ci sono già. Ma l’Italia è in ritardo sull’Europa: da noi l’economia digitale pesa il 2% del Pil, contribuendo al 14% della crescita, mentre nella Ue è il 4% del Pil e contribuisce per il 25%. Siamo poi indietro nell’alfabetizzazione digitale: l’Italia è al 27° posto col 27%, sa che gli altri crescono e che non può restare al palo. Quando vado all’estero il wi-fi spesso è dappertutto e gratis. Questa è la realtà».
Un territorio, che è anche un distretto manifatturiero sia pur monoculturale come il Biellese, può essere favorito da questa condizione nello sviluppo di azioni di economia digitale?
«Il Distretto non è più monoculturale: già oggi è caratterizzato da una varietà di tipologie di impresa che ne fa un territorio economicamente variegato. Eppoi l’economia digitale, per sua natura, può essere applicata a tutte le attività produttive o della vita. Un po’ come l’energia elettrica, non si sostituisce all’economia tradizionale, ma si affianca ad essa e la potenzia. Pensiamo per esempio ai grossi investimenti nel Biellese sulla sanità: la nuova tecnologia imprime a settori come questi fortissime accelerazioni, perché non approfittarne?».
Cosa deve fare Biella per diventare una città o una provincia pilota per l’economia digitale?
«Biella ha saputo essere un distretto d’avanguardia puntando sull’eccellenza. Ecco, anche nell’economia digitale sei eccellente se sei competente. Ciò che dobbiamo fare è per prima cosa acquisire la consapevolezza del bisogno di competenze digitali, procedendo per piccoli passi. Per il resto, le regole che presidiano l’economia tradizionale o quella digitale sono sempre le stesse».
Ma la prima delle necessità della lista qual è?«Conoscenza e formazione e poi provare i primi passi».
Potrà mai Biella essere un’area incubatrice di progetti e start up digitali come Napoli o la tanto nominata Silicon Valley?
«Il Biellese deve benessere e successo economico alla diffusione dell’intraprendenza che, nel tempo, ha voluto dire essere disposti a fare i sacrifici e correre i rischi della intrapresa. Mantenere quest’attitudine è fondamentale, ho fiducia che il Dna non si sia modificato. E se questo si miscela con la forza innovativa dei giovani, che sono per età ed epoca digitali nativi, fa di un terreno fertile la differenza».
E-commerce: Banca Sella è fra i leader di questo segmento: riuscite ad essere antagonisti di gruppi mondiali che vivono sulle transazioni, da Amazon a Google?
«Non siamo antagonisti di nessuno, ma al contrario supportiamo chiunque voglia operare nella economia digitale. Dal 1997 infatti abbiamo avviato iniziative di supporto ai clienti per estendere le loro attività commerciali al canale telematico, canale che, man mano che passa il tempo, diventa sempre più affollato di utenti. Da allora abbiamo seguito in questa trasformazione circa 15mila imprese. Oggi diciamo che il passaggio è fondamentale per qualunque operatore economico proprio per non vedere il proprio business ridursi a vantaggio dei grandi operatori internazionali».
Il gruppo bancario che lei rappresenta è storicamente anticipatore di processi industriali con le tecnologie: riesce ad immaginare la sua banca tra 10 anni?
«Alcuni clienti considerano importante poter venire allo sportello e poter contare su un rapporto umano diretto, altri invece non apprezzerebbero di essere costretti a spostarsi fisicamente. Noi continueremo a seguire tutte le esigenze dei clienti e ci adatteremo alle loro necessità sviluppando le soluzioni rese possibili dall’evoluzione tecnologica».
Al Convegno è previsto l’arrivo in città del ministro Passera, a meno che non sia bloccato a Roma da un consiglio dei Ministri convocato d’urgenza: cosa gli chiederà?
«Il governo sta lavorando bene sul digitale, pesando provvedimenti che riguardano aspetti tecnici, fiscali e le infrastrutture a sostegno di imprese e comunità locali. Credo però che dal nostro punto di vista di biellesi si debba pensare a fare bene qualunque cosa vada nella direzione di rendere il territorio più attrezzato al digitale».
Cosa manca?
«L’infrastruttura del territorio è adeguata, i problemi tecnici che si presentano si possono risolvere con intelligenza e soluzioni dedicate. Il principale punto di miglioramento è culturale, saper ripensare i propri processi, evolvere non è immediato. E’ qui che dobbiamo accelerare».
Ai suoi figli ha già regalato pc e connessioni, ha concesso accessi ai social network come Facebook o Twitter?
«Certamente, in modo diverso in funzione dell’età, seguendoli e mostrando loro vantaggi e pericoli come per ogni altra attività».
Quanti giovani ha assunto grazie all’economia digitale applicata alla banca che dirige?
«Difficile una risposta precisa. In alcune fasi siamo arrivati fino a 400 persone impiegate nei servizi digitali, giovani che oggi magari sono stati destinate ad altre attività sulla base di un modello gestionale integrato. Diciamo che in termini di business il 15-20% del nostro giro d’affari attuale dipende dallo sviluppo di servizi digitali».
Roberto Azzoni