«Per l’Alberghiero pensate a Mosso»

«Per l’Alberghiero pensate a Mosso»
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Quello che Carlo Grosso, sindaco di Mosso, rilascia in una telefonata dalle rarissime pause è lo sfogo non di un amministratore, ma di un territorio. «Un paese che si sente penalizzato e dimenticato - spiega lui, che oltre ad essere primo cittadino del paese d’origine della famiglia Sella è anche presidente della neonata Unione dei Comuni del Biellese orientale -. Una terra che ingiustamente viene privata di servizi essenziali, che non solo rappresentano un valore aggiunto a favore della popolazione, ma sono in grado anche di creare un indotto economico importante, in una zona già fortemente penalizzata dalla crisi del tessile». Questa volta, però, al centro non ci son le solite tematiche. Non si parla di tagli ai trasferimenti, nè di qualcosa che non c’è. Paradossalmente, si parla di qualcosa che c’è. Ma che nessuno vuole usare più.

L’argomento chiave, questa volta, è la scuola. Sui giornali e negli enti cittadini a tenere banco nelle ultime settimane è il dibattito sul futuro dell’ex ospedale di Biella, la cattedrale nel deserto che recenti - e qualcuno dice verosimili - previsioni vorrebbero affidare un domani, almeno in parte, all’Istituto Alberghiero “Zegna”. Secondo una formula che, a rigor di logica, sembra sensata: la Provincia, tramite un accordo con l’Asl, proprietaria della struttura, potrebbe trasferire qui le classi dell’Alberghiero ora ospitate a Città Studi (e per le quali viene pagato un canone) riducendo notevolmente i costi. «Bene - afferma il sindaco Grosso -. L’idea, a patto che si trovino i soldi per allestire le aule, cosa che trovo poco realistica, non è stupida. Eppure, nessuno ha pensato al perché oggi ci troviamo ad affrontare questi ragionamenti. E non ha pensato al fatto che, evitando scelte sbagliate anni fa, tutto questo si sarebbe potuto evitare». La mente vola dritta a meno di un quinquennio fa, quando decisioni interne al sistema scolastico votarono per il trasferimento in città delle classi dell’Alberghiero in esubero da Trivero, e che Mosso aveva ospitato per due anni nella sua scuola superiore “Adriano Motta”. «L’esperimento funzionava - chiarisce Grosso - ma le politiche superiori, secondo me errate, scelsero la pianura».

Da allora, a Mosso venne a crearsi (e oggi resta tale) una paradossale situazione: «I ragazzi del professionale Pietro Sella - spiega il sindaco - vennero trasferiti al Motta, e l’edificio che li ospitava fu chiuso». Parallelamente,  tutto il complesso “Motta” è diventato col tempo una sede staccata del “Bona” di Biella. Risultato: nel 2015, edificio del “Bona” di Mosso utilizzato a metà (solo il 50% delle 16 classi viene usato) ed ex “Pietro Sella” chiuso, con passaggio di competenza dalla Provincia al già martoriato Comune. «Eppure  - chiarisce Grosso - ne abbiamo fatto  un vero fiore all’occhiello: edificio nuovo, che abbiamo ristrutturato e per il quale continuiamo a pagare un mutuo, sei aule per piano, aula magna, presidenza, cablatura completa. Il tutto, oggi, a beneficio di nessuno, se non le poche associazioni e servizi che vi hanno trovato sede. Uno spreco assurdo». L’appello, dunque, è a rivalutare tutto da un nuovo punto di vista: «Perché voler a tutti i costi far scivolare in pianura servizi che qui potrebbero essere erogati con grande qualità? - chiede Grosso - Mosso non è fuori dal mondo, eppure anche l’opinione pubblica, ad esempio , nella scelta con Biella per i ragazzi che si iscrivono al “Bona”, ci vede sempre penalizzati. Ma qui c’è una struttura che costa molto poco, rispetto a un ex ospedale da riallestire completamente. E anche la sede del “Bona”, volendo, potrebbe essere perfettamente adeguata allo scopo». «Noi come Comune - conclude Grosso - stiamo facendo enormi sforzi per valorizzare le nostre scuole. Diciamo sempre che i servizi montani vanno tutelati, poi quando potremmo valorizzarli li eliminiamo. Perché?».
Veronica Balocco