«Mi batto contro quel “cancraccio”»

«Mi batto contro quel “cancraccio”»
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BIELLA -  Meno di un mese fa il malore che lo ha costretto alla corsa al pronto soccorso. Poi la diagnosi inaspettata: adenocarcinoma allo stomaco, con metastasi diffuse nel fegato, nell’addome e chissà dove... Ma lui, Omar Ronda (nella foto), classe 1947, originario di Portula, non si è lasciato abbattere dalla notizia. E a quello che ha fin da subito soprannominato “cancraccio maligno e cattivo” ha scelto di reagire in modo combattivo. Curandosi, certo, e cercando di continuare, per quanto possibile, la vita di sempre, come se nulla fosse. Così l’artista biellese sabato pomeriggio ha partecipato al vernissage della mostra di Luca Alinari dal titolo “Sconosciuti anni Settanta”, inauguratasi al Macist di via Costa di Riva 9, a Biella, allestimento che lo vede come curatore nel museo da lui stesso fondato.

«Quando ho saputo della mia malattia - dice Omar Ronda - ho deciso che non mi sarei nascosto, ma che, anzi, ci avrei messo la faccia: in fin dei conti avere un tumore non è una vergogna, e parlare con altri che magari vivono la mia stessa condizione può portare giovamento». Armato di carta e penna (ma anche di pc) ha quindi raccontato il suo calvario, affidando poi lo scritto ai social network. E i riscontri non si sono fatti attendere. In poco tempo la pagina Facebook dell’artista è stata sommersa di messaggi: «Ne avrò ricevuti circa 5-6mila, tra commenti, incoraggiamenti, consigli... Non riesco nemmeno a leggerli tutti perché mi viene da piangere», dice Ronda.

Ma perché annunciare al mondo la propria malattia? «In quanto artista, ho voluto fare una performance dadaista! Scherzi a parte - spiega - l’ho fatto perché ritengo sia giusto aiutare e sostenere la ricerca. Negli ultimi tre anni ho dedicato molto del mio impegno alla Fondazione Edo ed Elvo Tempia per la lotta contro i tumori (forse è il motivo per il quale il cancro si è incavolato e ha detto: “Questo lo sistemo io”) e ho potuto vedere da vicino il suo meraviglioso laboratorio di oncologia molecolare nel quale lavorano fior fior di ricercatori. Non solo: a causa della mia condizione ho avuto modo di conoscere meglio il nostro nuovo ospedale, che è un vero gioiello, con attrezzature di prim’ordine, dodici sale operatorie super tecnologiche, reparti funzionanti e ben organizzati e camere confortevoli. Per non parlare della gentilezza e della professionalità del personale... Non è giusto denigrare o sminuire l’importanza di questa splendida struttura. Fondazione Edo ed Elvo Tempia, ospedale e Lilt sono ricchezze per il nostro territorio: valorizziamole! «Noi artisti - aggiunge - possiamo fare molto in questo senso e molto abbiamo già fatto, avendo raccolto circa 50mila euro in un anno proprio a favore della Fondazione Tempia. Ma anche i politici e gli imprenditori locali devono fare la loro parte».

Per queste ragioni Omar Ronda ha scelto di curarsi nel suo Biellese e ha detto un “no” deciso ai cosiddetti “viaggi della speranza”: «So di avere solo il 50% di probabilità di farcela - dice - ma, dal momento che le procedure di cura sono standardizzate a livello internazionale, perché andare via da qui, dove so di poter contare su un ospedale che è un albergo a cinque stelle e su personale molto efficiente e qualificato?».

Anche un altro biellese ha annunciato dalle pagine del “suo” giornale di avere un tumore. Giuliano Ramella, 67 anni, si sta ora riprendendo, dopo il terzo intervento chirurgico e un lungo ricovero. «Per chi, come me, ha fatto il giornalista per una vita - spiega - scrivendo dei dolori e delle sofferenze altrui, raccontare la propria sofferenza è quasi una sorta di “dovere professionale”. Tra l’altro, in questi ultimi mesi mi sono dovuto completamente ricredere: ho sempre criticato la sanità locale, ma mi sbagliavo. Adesso che tocco con mano la realtà ospedaliera mi sono reso conto che ad essere sbagliato era il mio pregiudizio: in campo sanitario, nel Biellese, ci sono tantissime persone che operano con professionalità, intelligenza, efficienza e cuore».

Lara Bertolazzi

BIELLA -  Meno di un mese fa il malore che lo ha costretto alla corsa al pronto soccorso. Poi la diagnosi inaspettata: adenocarcinoma allo stomaco, con metastasi diffuse nel fegato, nell’addome e chissà dove... Ma lui, Omar Ronda (nella foto), classe 1947, originario di Portula, non si è lasciato abbattere dalla notizia. E a quello che ha fin da subito soprannominato “cancraccio maligno e cattivo” ha scelto di reagire in modo combattivo. Curandosi, certo, e cercando di continuare, per quanto possibile, la vita di sempre, come se nulla fosse. Così l’artista biellese sabato pomeriggio ha partecipato al vernissage della mostra di Luca Alinari dal titolo “Sconosciuti anni Settanta”, inauguratasi al Macist di via Costa di Riva 9, a Biella, allestimento che lo vede come curatore nel museo da lui stesso fondato.

«Quando ho saputo della mia malattia - dice Omar Ronda - ho deciso che non mi sarei nascosto, ma che, anzi, ci avrei messo la faccia: in fin dei conti avere un tumore non è una vergogna, e parlare con altri che magari vivono la mia stessa condizione può portare giovamento». Armato di carta e penna (ma anche di pc) ha quindi raccontato il suo calvario, affidando poi lo scritto ai social network. E i riscontri non si sono fatti attendere. In poco tempo la pagina Facebook dell’artista è stata sommersa di messaggi: «Ne avrò ricevuti circa 5-6mila, tra commenti, incoraggiamenti, consigli... Non riesco nemmeno a leggerli tutti perché mi viene da piangere», dice Ronda.

Ma perché annunciare al mondo la propria malattia? «In quanto artista, ho voluto fare una performance dadaista! Scherzi a parte - spiega - l’ho fatto perché ritengo sia giusto aiutare e sostenere la ricerca. Negli ultimi tre anni ho dedicato molto del mio impegno alla Fondazione Edo ed Elvo Tempia per la lotta contro i tumori (forse è il motivo per il quale il cancro si è incavolato e ha detto: “Questo lo sistemo io”) e ho potuto vedere da vicino il suo meraviglioso laboratorio di oncologia molecolare nel quale lavorano fior fior di ricercatori. Non solo: a causa della mia condizione ho avuto modo di conoscere meglio il nostro nuovo ospedale, che è un vero gioiello, con attrezzature di prim’ordine, dodici sale operatorie super tecnologiche, reparti funzionanti e ben organizzati e camere confortevoli. Per non parlare della gentilezza e della professionalità del personale... Non è giusto denigrare o sminuire l’importanza di questa splendida struttura. Fondazione Edo ed Elvo Tempia, ospedale e Lilt sono ricchezze per il nostro territorio: valorizziamole! «Noi artisti - aggiunge - possiamo fare molto in questo senso e molto abbiamo già fatto, avendo raccolto circa 50mila euro in un anno proprio a favore della Fondazione Tempia. Ma anche i politici e gli imprenditori locali devono fare la loro parte».

Per queste ragioni Omar Ronda ha scelto di curarsi nel suo Biellese e ha detto un “no” deciso ai cosiddetti “viaggi della speranza”: «So di avere solo il 50% di probabilità di farcela - dice - ma, dal momento che le procedure di cura sono standardizzate a livello internazionale, perché andare via da qui, dove so di poter contare su un ospedale che è un albergo a cinque stelle e su personale molto efficiente e qualificato?».

Anche un altro biellese ha annunciato dalle pagine del “suo” giornale di avere un tumore. Giuliano Ramella, 67 anni, si sta ora riprendendo, dopo il terzo intervento chirurgico e un lungo ricovero. «Per chi, come me, ha fatto il giornalista per una vita - spiega - scrivendo dei dolori e delle sofferenze altrui, raccontare la propria sofferenza è quasi una sorta di “dovere professionale”. Tra l’altro, in questi ultimi mesi mi sono dovuto completamente ricredere: ho sempre criticato la sanità locale, ma mi sbagliavo. Adesso che tocco con mano la realtà ospedaliera mi sono reso conto che ad essere sbagliato era il mio pregiudizio: in campo sanitario, nel Biellese, ci sono tantissime persone che operano con professionalità, intelligenza, efficienza e cuore».

Lara Bertolazzi

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