Malattie mentali, rivolta contro la Regione

Malattie mentali, rivolta contro la Regione
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BIELLA - Quella che si alza da Biella è una protesta mite, ma decisa. La Comunità che guarisce, ossia il tavolo che racchiude tutte le realtà che si occupano di salute mentale, alza la voce nei confronti della Regione. E lo fa con un documento in cui si sottolineano tutte le criticità che traspaiono alla lettura della nuova delibera di riorganizzazione del sistema di cura della salute mentale. In particolare la volontà di scaricare i costi su utenza e servizi sociali per liberare risorse della sanità, sottoposta a piano di rientro. Ieri mattina, nella sede del Centro servizi volontariato, alcuni rappresentanti della Comunità che guarisce hanno illustrato il documento che mette a fuoco tutte le distorsioni presenti nella nuova delibera regionale, che rischia di mandare a catafascio un modello, quello biellese, creato in anni e anni di lavoro. 

La principale conseguenza della nuova delibera è legata alle rette. Con il nuovo dispositivo, infatti, il 60 per cento dei costi viene scaricato sui pazienti a bassa intensità, mentre il 40 rimane a carico del servizio nazionale. Esattamente il contrario di quanto accade ora. Con una conseguenza non scritta ma leggibilissima, ossia l’inevitabile coinvolgimento dei servizi sociali che saranno chiamati a sostenere i costi, senza che vengano stanziate quote aggiuntive. 

Attualmente, la tanto discussa delibera regionale è sottoposta a sospensiva dal Tribunale amministrativo regionale, dopo i ricorsi presentati dalle varie associazioni che operano con i malati mentali. E questo è un punto fondamentale che infonde ancora speranza ai pazienti in carico ai sistemi (nel Biellese sono, a vario titolo e intensità di cura, circa 5mila), come annunciato negli anni dalle associazioni dei parenti stessi. Insomma, un problema che il Biellese sente suo ma che ha trovato una giusta risposta, tra ricollocamenti lavorativi, riabilitazione e recupero. E che ora, con una semplice delibera, rischia di vacillare. «Vogliamo solo un confronto con la Regione - dicono dal tavolo della salute mentale biellese - perché così facendo si rischia di mandare a rotoli tutto il lavoro fatto negli anni». 

Enzo Panelli

BIELLA - Quella che si alza da Biella è una protesta mite, ma decisa. La Comunità che guarisce, ossia il tavolo che racchiude tutte le realtà che si occupano di salute mentale, alza la voce nei confronti della Regione. E lo fa con un documento in cui si sottolineano tutte le criticità che traspaiono alla lettura della nuova delibera di riorganizzazione del sistema di cura della salute mentale. In particolare la volontà di scaricare i costi su utenza e servizi sociali per liberare risorse della sanità, sottoposta a piano di rientro. Ieri mattina, nella sede del Centro servizi volontariato, alcuni rappresentanti della Comunità che guarisce hanno illustrato il documento che mette a fuoco tutte le distorsioni presenti nella nuova delibera regionale, che rischia di mandare a catafascio un modello, quello biellese, creato in anni e anni di lavoro. 

La principale conseguenza della nuova delibera è legata alle rette. Con il nuovo dispositivo, infatti, il 60 per cento dei costi viene scaricato sui pazienti a bassa intensità, mentre il 40 rimane a carico del servizio nazionale. Esattamente il contrario di quanto accade ora. Con una conseguenza non scritta ma leggibilissima, ossia l’inevitabile coinvolgimento dei servizi sociali che saranno chiamati a sostenere i costi, senza che vengano stanziate quote aggiuntive. 

Attualmente, la tanto discussa delibera regionale è sottoposta a sospensiva dal Tribunale amministrativo regionale, dopo i ricorsi presentati dalle varie associazioni che operano con i malati mentali. E questo è un punto fondamentale che infonde ancora speranza ai pazienti in carico ai sistemi (nel Biellese sono, a vario titolo e intensità di cura, circa 5mila), come annunciato negli anni dalle associazioni dei parenti stessi. Insomma, un problema che il Biellese sente suo ma che ha trovato una giusta risposta, tra ricollocamenti lavorativi, riabilitazione e recupero. E che ora, con una semplice delibera, rischia di vacillare. «Vogliamo solo un confronto con la Regione - dicono dal tavolo della salute mentale biellese - perché così facendo si rischia di mandare a rotoli tutto il lavoro fatto negli anni». 

Enzo Panelli

 

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