Le rane arrivano... dall’Albania

Le rane arrivano... dall’Albania
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E’ stato un vercellese doc a consigliarci quale fosse il miglior ristorante della zona nel quale gustare le famose rane fritte. Ma probabilmente, neppure lui sapeva (o se lo sapeva, non ha ritenuto importante dircelo) che i tipici anfibi saltellanti delle risaie, pregiata specialità della Bassa, in realtà non finiscono direttamente dalle acque vercellesi al piatto. Ma fanno un lungo viaggio. Surgelate. Spesso dall’est Europa e, nel caso specifico, dall’Albania. Sia chiaro, la trasferta sotto ghiaccio non compromette la qualità del prodotto, che - a detta degli operatori - pur non vantando l’etichetta Made in Italy è comunque di ottimo livello. La cosa curiosa è, semplicemente, che una terra unanimemente riconosciuta come la capitale europea del riso, e dunque - per proprietà transitiva - delle rane, debba rifornirsi di rane proprio dall’estero. 

Ma tant’è. Forse non in molti ci hanno fatto caso, ma negli ultimi decenni il numero di rane sul territorio vercellese si è verticalmente ridotto. E questo ha di fatto reso necessario il ricorso a prodotti di provenienza esterna. L’agronomo Antonio Tinarelli, in  un rapporto, spiegava tempo fa che, con la perdita delle mondine, «prese inizio a diffondersi l’impiego degli insetticidi, propri e impropri: formulati che, non avendo sensi discriminanti, operavano uccidendo tutte le specie animali con cui venivano a contatto. La popolazione animale iniziò, seppure con gradualità, a ridursi, per talune specie a scomparire. L’uso degli insetticidi fu interdetto quando le necessità difensive in risaia erano già diminuite e la pratica operativa si stava spostando su un metodo meno cruento: il periodico drenaggio e l’asciutta della risaia». Questi fattori, in  concomitanza, hanno pian piano causato il progressivo declino della popolazione di rane. E la  conseguente necessità, per chi desideri ancora offrire ricette popolari e tipiche a base di questa specialità, di ricorrere a qualcosa di diverso dalle materie prime a chilometro zero.

V.B.

E’ stato un vercellese doc a consigliarci quale fosse il miglior ristorante della zona nel quale gustare le famose rane fritte. Ma probabilmente, neppure lui sapeva (o se lo sapeva, non ha ritenuto importante dircelo) che i tipici anfibi saltellanti delle risaie, pregiata specialità della Bassa, in realtà non finiscono direttamente dalle acque vercellesi al piatto. Ma fanno un lungo viaggio. Surgelate. Spesso dall’est Europa e, nel caso specifico, dall’Albania. Sia chiaro, la trasferta sotto ghiaccio non compromette la qualità del prodotto, che - a detta degli operatori - pur non vantando l’etichetta Made in Italy è comunque di ottimo livello. La cosa curiosa è, semplicemente, che una terra unanimemente riconosciuta come la capitale europea del riso, e dunque - per proprietà transitiva - delle rane, debba rifornirsi di rane proprio dall’estero. 

Ma tant’è. Forse non in molti ci hanno fatto caso, ma negli ultimi decenni il numero di rane sul territorio vercellese si è verticalmente ridotto. E questo ha di fatto reso necessario il ricorso a prodotti di provenienza esterna. L’agronomo Antonio Tinarelli, in  un rapporto, spiegava tempo fa che, con la perdita delle mondine, «prese inizio a diffondersi l’impiego degli insetticidi, propri e impropri: formulati che, non avendo sensi discriminanti, operavano uccidendo tutte le specie animali con cui venivano a contatto. La popolazione animale iniziò, seppure con gradualità, a ridursi, per talune specie a scomparire. L’uso degli insetticidi fu interdetto quando le necessità difensive in risaia erano già diminuite e la pratica operativa si stava spostando su un metodo meno cruento: il periodico drenaggio e l’asciutta della risaia». Questi fattori, in  concomitanza, hanno pian piano causato il progressivo declino della popolazione di rane. E la  conseguente necessità, per chi desideri ancora offrire ricette popolari e tipiche a base di questa specialità, di ricorrere a qualcosa di diverso dalle materie prime a chilometro zero.

V.B.

 

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