La Burcina torna a splendere e sogna l’Unesco

La Burcina torna a splendere e sogna l’Unesco
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BIELLA - I miracoli a volte accadono. A poco a poco, sotto gli occhi increduli (e sempre un po’ scettici) dei biellesi, la Burcina - ufficialmente ‘Parco Felice Piacenza’, giardino storico di grande valore botanico e paesaggistico - sta ritrovando la sua antica bellezza, ultimamente alquanto appannata. 
Solo un anno fa, pochi ci avrebbero scommesso. Da anni - in particolare da quando, inserito in un Ente di gestione regionale, aveva perso la sua autonomia - il parco stava vivendo un progressivo declino che, tra il 2013 e il 2014, aveva raggiunto un livello di vero e proprio degrado. Sotto la pressione dei mass media, si era attivato un intervento di emergenza (in gran parte finanziato da Fondazione Crb), ma la situazione era gravemente compromessa e pareva difficilmente recuperabile. Quando, a inizio 2016, la Burcina è stata inglobata in un nuovo super-ente che gestisce ben 14 aree protette del Piemonte nord-orientale, si è temuto il peggio: se gli amministratori biellesi non erano stati in grado di conservare questa preziosa risorsa, si temeva che, spostando il baricentro della sua gestione in una realtà lontana - a partire dal nome, ‘Ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore’ - dal nostro territorio, la situazione potesse ulteriormente peggiorare. Invece, proprio il temuto cambio di governance ha impresso una svolta insperata nella vita del parco. E’ infatti accaduto che, tra gli amministratori del nuovo ente di gestione, sia stato nominato Alessandro Ramella Pralungo, florovivaista di Pollone, un autentico fan della Burcina, come lui stesso si definisce: «A me qua il sangue bolle… si può dire che la Burcina ce l’ho nel sangue: basti pensare che mio bisnonno Pietro stava alla Cascina Armonica, che poi fu venduta a Giovanni Piacenza, e dove adesso c’è ancora mio cugino Gianfranco che porta su le mucche. E poi sono ‘figlio d’arte’, visto che già mio padre era nel Comitato Scientifico del parco».
In sintesi con nuove risorse a disposizione è iniziata l’opera di recupero del parco che ora appare pulito e ordinato e le zone più importanti - la Conca dei Rododendri, la zona delle ortensie, la vetta e la torre, il lariceto, i dintorni del laghetto - hanno ripreso, una dopo l’altra, la loro fisionomia originaria. E, soprattutto, c’è il sogno di Ramella: «Il progetto più importante a cui sto lavorando, quello che spero di riuscire a portare a termine durante il mio mandato di amministratore, è quello di inserire la Burcina nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco: perché questa è un’aula didattica a cielo aperto di 57 ettari, che ospita - oltre alla Conca dei Rododendri - un intero catalogo di essenze rare e pregiate: caratteristiche pienamente in sintonia con gli obiettivi del World Heritage».  
Simona Perolo

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BIELLA - I miracoli a volte accadono. A poco a poco, sotto gli occhi increduli (e sempre un po’ scettici) dei biellesi, la Burcina - ufficialmente ‘Parco Felice Piacenza’, giardino storico di grande valore botanico e paesaggistico - sta ritrovando la sua antica bellezza, ultimamente alquanto appannata. 
Solo un anno fa, pochi ci avrebbero scommesso. Da anni - in particolare da quando, inserito in un Ente di gestione regionale, aveva perso la sua autonomia - il parco stava vivendo un progressivo declino che, tra il 2013 e il 2014, aveva raggiunto un livello di vero e proprio degrado. Sotto la pressione dei mass media, si era attivato un intervento di emergenza (in gran parte finanziato da Fondazione Crb), ma la situazione era gravemente compromessa e pareva difficilmente recuperabile. Quando, a inizio 2016, la Burcina è stata inglobata in un nuovo super-ente che gestisce ben 14 aree protette del Piemonte nord-orientale, si è temuto il peggio: se gli amministratori biellesi non erano stati in grado di conservare questa preziosa risorsa, si temeva che, spostando il baricentro della sua gestione in una realtà lontana - a partire dal nome, ‘Ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore’ - dal nostro territorio, la situazione potesse ulteriormente peggiorare. Invece, proprio il temuto cambio di governance ha impresso una svolta insperata nella vita del parco. E’ infatti accaduto che, tra gli amministratori del nuovo ente di gestione, sia stato nominato Alessandro Ramella Pralungo, florovivaista di Pollone, un autentico fan della Burcina, come lui stesso si definisce: «A me qua il sangue bolle… si può dire che la Burcina ce l’ho nel sangue: basti pensare che mio bisnonno Pietro stava alla Cascina Armonica, che poi fu venduta a Giovanni Piacenza, e dove adesso c’è ancora mio cugino Gianfranco che porta su le mucche. E poi sono ‘figlio d’arte’, visto che già mio padre era nel Comitato Scientifico del parco».
In sintesi con nuove risorse a disposizione è iniziata l’opera di recupero del parco che ora appare pulito e ordinato e le zone più importanti - la Conca dei Rododendri, la zona delle ortensie, la vetta e la torre, il lariceto, i dintorni del laghetto - hanno ripreso, una dopo l’altra, la loro fisionomia originaria. E, soprattutto, c’è il sogno di Ramella: «Il progetto più importante a cui sto lavorando, quello che spero di riuscire a portare a termine durante il mio mandato di amministratore, è quello di inserire la Burcina nel Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco: perché questa è un’aula didattica a cielo aperto di 57 ettari, che ospita - oltre alla Conca dei Rododendri - un intero catalogo di essenze rare e pregiate: caratteristiche pienamente in sintonia con gli obiettivi del World Heritage».  
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